Codice del governo del territorio

Norme di Attuazione del PTPR

Norme del PTPR in vigore

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PARTE I - DISPOSIZIONI GENERALI

TITOLO I - Finalità, oggetti, elaborati costitutivi ed efficacia del Piano

Art. 1 Finalità del Piano

Art. 2 Oggetti del Piano

Art. 3 Elaborati costitutivi del Piano

Art. 4 Efficacia del Piano TITOLO II - Strumenti di attuazione del Piano e rapporti con altri strumenti di pianificazione

Art. 5 Strumenti di attuazione del Piano

Art. 6 Le unità di paesaggio

Art. 7 La pianificazione infraregionale

Art. 8 La pianificazione comunale

PARTE II - LA TUTELA DELL'IDENTITÀ CULTURALE DEL TERRITORIO

TITOLO III - Sistemi, zone ed elementi strutturanti la forma del territorio

Art. 9 Sistema dei crinali e sistema collinare

Art. 10 Sistema forestale e boschivo

Art. 11 Sistema delle aree agricole

Art. 12 Sistema costiero

Art. 13 Zone di riqualificazione della costa e dell'arenile

Art. 14 Zone urbanizzate in ambito costiero e ambiti di qualificazione dell'immagine turistica

Art. 15 Zone di tutela della costa e dell'arenile

Art. 16 Colonie marine

Art. 17 Zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua

Art. 18 Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua

Art. 19 Zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale

Art. 20 Particolari disposizioni di tutela di specifici elementi

TITOLO IV - Zone ed elementi di specifico interesse storico o naturalistico

Art. 21 Zone ed elementi di interesse storico-archeologico

Art. 22 Insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane

Art. 23 Zone di interesse storico-testimoniale Art. 24 Elementi di interesse storico-testimoniale

Art. 25 Zone di tutela naturalistica

PARTE III - PARTICOLARI TUTELE DELL'INTEGRITA' FISICA DEL TERRITORIO

TITOLO V - Limitazioni delle attività di trasformazione e d'uso derivanti dall'instabilità o dalla permeabilità dei terreni

Art. 26 Zone ed elementi caratterizzati da fenomeni di dissesto e instabilità

Art. 27 Zone ed elementi caratterizzati da potenziale instabilità

Art. 28 Zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei

Art. 29 Abitati da consolidare o da trasferire

PARTE IV - DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E FINALI

TITOLO VI - Specifiche modalità di gestione e valorizzazione

Art. 30 Parchi nazionali e regionali

Art. 31 Gestione di zone ed elementi di interesse storico-archeologico non comprese in parchi regionali Art. 32 Progetti di tutela, recupero e valorizzazione ed "aree studio"

TITOLO VII - Disposizioni finali

Art. 33 Divieto di installazioni pubblicitarie

Art. 34 Tutela dei corsi d'acqua non interessati dalle delimitazioni del presente Piano

Art. 35 Particolari prescrizioni relative alle attività estrattive

Art. 36 Equivalenza di strumenti di pianificazione

Art. 37 Disposizioni transitorie

APPENDICE (soppressa)

ELABORATO G: Descrizione delle caratteristiche delle unità di paesaggio

ELABORATO H: Viabilità panoramica

ELABORATO I: Località sede di insediamenti urbani, storici o di strutture insediative storiche non urbane

ELABORATO L: Abitati da consolidare o trasferire

ELABORATO M: Corsi d'acqua meritevoli di tutela non interessati dalle delimitazioni delle Tavole di Piano

 

PARTE I
DISPOSIZIONI GENERALI


TITOLO I
Finalità, oggetti, elaborati costitutivi ed efficacia del Piano


Art. 1
Finalità del Piano
1. Nel quadro della programmazione regionale e della pianificazione territoriale ed urbanistica il presente Piano territoriale paesistico, formato secondo il combinato disposto dell'articolo 15 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36, e del punto 2 del primo comma dell'articolo 4 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, nonché per le finalità e gli effetti di cui all'articolo 1 bis della legge 8 agosto 1985, n. 431, persegue i seguenti obiettivi, determinando specifiche condizioni ai processi di trasformazione ed utilizzazione del territorio:
conservare i connotati riconoscibili della vicenda storica del territorio nei suoi rapporti complessi con le popolazioni insediate e con le attività umane;
garantire la qualità dell'ambiente, naturale ed antropizzato, e la sua fruizione collettiva;

assicurare la salvaguardia del territorio e delle sue risorse primarie, fisiche, morfologiche e culturali;

individuare le azioni necessarie per il mantenimento, il ripristino e l'integrazione dei valori paesistici e ambientali, anche mediante la messa in atto di specifici piani e progetti.

2. In funzione delle predette finalità il presente Piano provvede, con riferimento all'intero territorio regionale, a dettare disposizioni volte alla tutela:
dell'identità culturale del territorio regionale, cioè delle caratteristiche essenziali ed intrinseche di sistemi, di zone e di elementi di cui è riconoscibile l'interesse per ragioni ambientali, paesaggistiche, naturalistiche, geomorfologiche, paleontologiche, storico-archeologiche, storico-artistiche, storico-testimoniali;

dell'integrità fisica del territorio regionale.

Art. 2
Oggetti del Piano
1. Il presente Piano riguarda:
A. sistemi, zone ed elementi di cui è necessario tutelare i caratteri strutturanti la forma del territorio, e cioè:
A1. il sistema dei crinali;
A2. il sistema collinare;
A3. il sistema forestale e boschivo;
A4. il sistema delle aree agricole;
A5. il sistema costiero, nonché le zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, le zone di salvaguardia della morfologia costiera, le zone di tutela della costa e dell'arenile, gli ambiti di pertinenza delle colonie marine, in esso ricadenti;
A6. il sistema delle acque superficiali, nella sua articolazione in zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua ed invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua;
B. zone ed elementi di specifico interesse storico o naturalistico, e cioè, oltre alle zone di tutela della costa e dell'arenile, agli ambiti di pertinenza delle colonie marine, alle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua ed agli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, ricadenti nei sistemi di cui alla precedente lettera A.;
B1. zone ed elementi di interesse storico-archeologico;
B2. insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane;
B3. zone ed elementi di interesse storico-testimoniale;
B4. zone di tutela naturalistica, cioè ecosistemi, biotopi rilevanti e rarità geologiche, nonché ambiti territoriali ad essi interrelati;
B5. altre zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale;
C. aree ed elementi, anche coincidenti in tutto od in parte con sistemi, zone ed elementi di cui alle precedenti lettere, le cui specifiche caratteristiche richiedono, oltre ad ulteriori determinazioni degli strumenti settoriali di pianificazione e di programmazione regionali, la definizione di limitazioni alle attività di trasformazione e d'uso, e cioè zone ed elementi caratterizzati da fenomeni di dissesto o di instabilità, in atto o potenziali, ovvero da elevata permeabilità dei terreni con ricchezza di falde idriche.
2. Il presente Piano individua inoltre le unità di paesaggio, intese come ambiti territoriali aventi specifiche, distintive ed omogenee caratteristiche di formazione ed evoluzione, da assumere come specifico riferimento nel processo di interpretazione del paesaggio e di attuazione del Piano stesso.

Art. 3
Elaborati costitutivi del Piano
1. Il presente Piano è costituito da:
la relazione generale, corredata da idonei allegati, che motiva e sintetizza le scelte del Piano;
numero 47 tavole in scala 1:25.000, contrassegnate dal numero 1, che indicano e/o delimitano sistemi, zone ed elementi specificamente considerati dal Piano, nonché la relativa allegata legenda;
una tavola in scala 1:250.000, contenente l'indicazione di sintesi dei sistemi, delle zone e degli elementi considerati dal Piano;
numero 78 tavole in scala 1:25.000, appartenenti alla "Carta della utilizzazione reale del suolo" della Regione Emilia-Romagna, le quali, contrassegnate dal numero 2, fanno parte integrante del Piano, ed indicano e/o delimitano sistemi, zone ed elementi interessati da prescrizioni del Piano;
numero 45 tavole in scala 1:25.000, appartenenti alla "Carta del dissesto" della Regione Emilia-Romagna, le quali, contrassegnate dal numero 3, fanno parte integrante del piano ed indicano e/o delimitano ulteriori zone ed elementi cui si riferiscono prescrizioni del Piano;
una tavola in scala 1:250.000, contrassegnata dal numero 4, che perimetra le unità di paesaggio;
un elaborato recante la descrizione delle caratteristiche delle unità di paesaggio;
l'elenco dei tratti di viabilità panoramica di interesse regionale;
l'elenco delle località sedi di insediamenti urbani storici o di strutture insediative storiche non-urbane;
l'elenco degli abitati da consolidare o trasferire;
l'elenco dei corsi d'acqua meritevoli di tutela non interessati dalle indicazioni e/o delimitazioni delle tavole di cui alla precedente lettera b.;
un regesto di alcune zone ed elementi considerati dal Piano, e delimitati nelle tavole di cui alla precedente lettera b., necessario alla precisa individuazione delle medesime zone ed elementi;
le presenti norme e le relative appendici, che ne costituiscono parte integrante.
2. Quando una componente territoriale ricade contemporaneamente entro sistemi, zone ed elementi indicati e/o perimetrati da più di una delle serie di tavole di cui al comma precedente, valgono le disposizioni più limitative delle trasformazioni e delle utilizzazioni.

Art. 4
Efficacia del Piano
1. Per l'attuazione delle finalità di cui al precedente articolo 1, il presente Piano detta disposizioni, riferite all'intero territorio regionale, costituenti:
indirizzi;
direttive;
prescrizioni.
2. Gli indirizzi costituiscono norme di orientamento per l'attività di pianificazione e programmazione della Regione, delle Province, dei Comuni, nonché degli altri soggetti interessati dal presente Piano. I predetti strumenti di pianificazione e di programmazione, regionali o subregionali e le varianti degli stessi provvedono ad una loro adeguata interpretazione ed applicazione alle specifiche realtà locali interessate, tenendo conto anche delle unità di paesaggio.
3. Le direttive costituiscono norme operative che debbono essere osservate nell'attività di pianificazione e di programmazione regionale o subregionale, nonché per gli atti amministrativi regolamentari regionali o subregionali.
4. Le prescrizioni costituiscono norme vincolanti, relative a sistemi, zone ed elementi esattamente individuati e delimitati dalle tavole di cui alle lettere b., d., ed e. del precedente articolo 3, ovvero esattamente individuabili in conseguenza delle loro caratteristiche fisiche distintive, che prevalgono automaticamente nei confronti di qualsiasi strumento di pianificazione, di attuazione della pianificazione e di programmazione regionale o subregionale e sono immediatamente precettive, ferme restando le peculiari disposizioni di cui al successivo articolo 37.
5. Gli strumenti di pianificazione e/o di programmazione regionali nonché gli strumenti di attuazione delle determinazioni contenute negli atti di cui al successivo comma 7, ovvero in piani e programmi nazionali o comunitari sono approvati soltanto se compatibili con le disposizioni del presente piano.
6. Ogni strumento di pianificazione e/o di programmazione subregionale, può essere approvato soltanto se conforme alle disposizioni del presente Piano. Restano ferme le disposizioni di cui ai successivi articoli 7, 8 e 37.
7. Le disposizioni del presente Piano costituiscono riferimento per gli organi della Regione in relazione:
alla definizione delle intese di cui al terzo comma dell'articolo 81 del Decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616;
alle determinazioni di cui al primo ed al secondo comma dell'articolo 3 della legge 18 dicembre 1973, n. 880;
alle determinazioni di cui al secondo comma dell'articolo 2 ed al quinto comma dell'articolo 4 della legge 2 agosto 1975, n. 393;
ai procedimenti di cui all'articolo 3 della legge 24 dicembre 1976, n. 898;
al raggiungimento dell'accordo di programma di cui al terzo comma dell'articolo 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210;
al raggiungimento degli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e da ogni altra vigente norma di legge, ove sia richiesta la partecipazione della Regione.
8. Le disposizioni del presente Piano relative al sistema costiero, nonché alle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, alle zone di salvaguardia della morfologia costiera, alle zone di tutela della costa e dell'arenile, e quelle relative al sistema delle acque superficiali, nella sua articolazione in zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua ed invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, hanno il valore dei piani stralcio previsti, con riferimento, rispettivamente, alla tutela delle coste marine ed alla tutela dei fiumi, dei torrenti, dei laghi, dei canali navigabili, dall'articolo 33 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni.

TITOLO II
Strumenti di attuazione del Piano e rapporti con altri strumenti di pianificazione

Art. 5
Strumenti di attuazione del Piano
1. Il presente Piano si attua mediante:
i piani infraregionali indicati all'articolo 12 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36;
gli altri strumenti di pianificazione previsti dalla stessa legge regionale 5 settembre 1988, n. 36, dalla legge regionale 2 aprile 1988, n. 11, dalla legge regionale 2 luglio 1988, n. 27, dalla legge re- gionale 27 maggio 1989, n. 19, dalla legge regionale 12 novembre 1992, n. 40 e da altre leggi regionali;
gli strumenti urbanistici di cui ai titoli IV e V della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47;
ogni altro strumento di pianificazione, di attuazione della pianificazione, di programmazione, regionale e subregionale, previsto da leggi regionali.

Art. 6
Le unità di paesaggio
1. I paesaggi regionali sono definiti mediante le unità di paesaggio.
2. In sede di prima applicazione il presente Piano perimetra le unità di paesaggio di rango regionale, ne descrive le caratteristiche nell'elaborato di cui alla lettera g. del precedente articolo 3 e ne delimita i principali sistemi.
3. Le unità di paesaggio costituiscono quadro di riferimento essenziale per le metodologie di formazione degli strumenti di pianificazione e di ogni altri strumento regolamentare, al fine di mantenere una gestione coerente con gli obiettivi di tutela.
4. Gli strumenti di pianificazione infraregionale sono tenuti a individuare le unità di paesaggio di rango provinciale, secondo i criteri assunti dal presente Piano, mediante approfondimenti, specificazioni ed articolazioni della definizione regionale. In particolare devono essere individuati le componenti del paesaggio e gli elementi caratterizzanti suddivisi in elementi fisici, biologici ed antropici, evidenziando nel contempo le invarianti del paesaggio nonchè le condizioni per il mantenimento della loro integrità. Devono inoltre essere individuati, delimitati e catalogati i beni culturali, storici e testimoniali di particolare interesse per gli aspetti paesaggistici e per quelli geologici e biologici.
5. Gli strumenti di pianificazione comunale sono tenuti ad individuare le unità di paesaggio di rango comunale, secondo i criteri di cui ai precedenti commi terzo e quarto.
6. La Regione una volta verificati e confrontati gli elementi metodologici relativi alle unità di paesaggio e derivati dalla pianificazione infraregionale e comunale, può emanare ulteriori indirizzi.

Art. 7
La pianificazione infraregionale
1. Gli strumenti di pianificazione infraregionale provvedono a specificare, approfondire e attuare i contenuti e le disposizioni del presente Piano, nonchè alla loro applicazione alle specifiche situazioni locali. Tali operazioni devono essere supportate da idonee analisi e documentazioni e da elaborati cartografici in scala adeguata.
2. Gli strumenti di pianificazione infraregionale possono rettificare le delimitazioni dei sistemi, delle zone e degli elementi operate dalle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, per portarle a coincidere con suddivisioni reali rilevabili sul terreno, ovvero su elaborati cartografici in scala maggiore. Le predette rettifiche, non costituendo difformità tra il piano infraregionale e il presente Piano, non costituiscono variante allo stesso.
3. Gli strumenti di pianificazione infraregionale, nell'ambito di una continua ed efficace politica attiva di tutela del territorio, possono motivatamente proporre varianti al presente piano le quali, in quanto incidano su prescrizioni vincolanti in esso contenute, sono approvate dal Consiglio regionale ai sensi dell'art. 6, comma 7, della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36.
4. I soggetti della pianificazione infraregionale, d'intesa coi Comuni interessati, provvedono altresì ad elaborare e promuovere l'attuazione di progetti di tutela e valorizzazione ai sensi del successivo articolo 32.

Art. 8
La pianificazione comunale
1. Gli strumenti di pianificazione comunale provvedono a specificare, approfondire e attuare i contenuti e le disposizioni del presente Piano, nonchè gli ulteriori contenuti e le ulteriori disposizioni degli strumenti di pianificazione infraregionale, nei termini, anche temporali, stabiliti dai predetti strumenti di pianificazione, ovvero, in difetto di tali determinazioni, dalle vigenti leggi regionali.
2. Gli strumenti di pianificazione comunale possono rettificare le delimitazioni dei sistemi, delle zone e degli elementi operate dalle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, per portarle a coincidere con suddivisioni reali rilevabili sul terreno, ovvero su elaborati cartografici in scala maggiore. Le predette rettifiche, non costituendo difformità tra il piano comunale e il presente Piano, non costituiscono variante allo stesso.
3. Ai fini di una continua ed efficace politica attiva di tutela del territorio, i Comuni possono motivatamente proporre varianti grafiche al presente Piano, attraverso gli strumenti di pianificazione urbanistica, ovvero loro varianti generali o varianti aventi specifica considerazione dei valori paesistico-ambientale, che producano effetti limitati all'ambito territoriale di competenza del comune interessato.
4. Con legge regionale sarà disciplinato il procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali in variante al presente Piano.
5. I Comuni provvedono altresì ad elaborare ed attuare i progetti di tutela e valorizzazione di cui all'articolo 32.

PARTE II
LA TUTELA DELL'IDENTITA' CULTURALE DEL TERRITORIO

TITOLO III
Sistemi, zone ed elementi strutturanti la forma del territorio

Art. 9
Sistema dei crinali e sistema collinare
(modificato dal PTCP di Forlì-Cesena approvato con la deliberazione di Giunta regionale n.1595 del 2001)
1. Gli strumenti di pianificazione e di programmazione regionale e subregionale, relativamente ai territori inclusi nel sistema dei crinali e in quello collinare, come tali indicati e delimitati nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, e comunque nell'ambito montano, fermo restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal medesimo presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la predetta delimitazione, sono tenuti ad uniformarsi agli indirizzi seguenti:
devono essere definite le limitazioni all'altezza ed alle sagome dei manufatti edilizi necessarie per assicurare la salvaguardia degli scenari d'insieme e la tutela delle particolarità geomorfologiche nelle loro caratteristiche sistemiche, nonché, per quanto riguarda specificamente il sistema dei crinali, per assicurare la visuale degli stessi;
gli spazi necessari a soddisfare i bisogni per le funzioni di servizio, pubblico o d'uso collettivo o privato, direzionali, commerciali, turistiche e residenziali, devono essere prioritariamente reperiti all'interno della perimetrazione del territorio urbanizzato; l'individuazione di zone di espansione è ammessa solamente ove si dimostri il permanere di quote di fabbisogno non soddisfacibili all'interno della predetta perimetrazione e comunque in sostanziale contiguità con il sistema insediativo esistente;
devono essere individuate le aree al di sopra del limite storico all'insediamento umano stabile, ove prevedere esclusivamente strutture per l'alpeggio, rifugi, percorsi e spazi di sosta per mezzi non motorizzati.
2. Gli strumenti di pianificazione infraregionale approfondiscono e specificano il sistema dei crinali quale sistema di configurazione del territorio e di connotazione paesistico-ambientale e formulano nei confronti dei Comuni criteri e direttive per la loro tutela, articolati anche per aree paesistiche e unità di paesaggio.
3. Nell'ambito dei sistemi di cui al primo comma, fermo sempre restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la loro delimitazione, vale la prescrizione per cui la realizzazione di infrastrutture ed attrezzature comprese fra quelle appresso indicate è subordinata alla loro previsione mediante strumenti di pianificazione nazionali, regionali od infraregionali o, in assenza, alla valutazione di impatto ambientale secondo le procedure eventualmente previste dalle leggi vigenti, fermo restando l'obbligo della sottoposizione alla valutazione di impatto ambientale delle opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali:
linee di comunicazione viaria, nonché ferroviaria anche se di tipo metropolitano;
impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di collegamento, nonché impianti a rete e puntuali per le telecomunicazioni;
impianti a rete e puntuali per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti;
sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie prime e/o dei semilavorati;
impianti di risalita e piste sciistiche;
percorsi per mezzi motorizzati fuoristrada;
opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico.
4. La subordinazione alla eventuale previsione mediante gli strumenti di pianificazione di cui al terzo comma non si applica alla realizzazione di strade, impianti a rete e puntuali per l'approvvigionamento idrico, per lo smaltimento dei reflui e per le telecomunicazioni, per i sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al servizio della popolazione di non più di un Comune, ovvero di parti della popolazione di due Comuni confinanti, ferma restando la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale delle opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali.
5. Nell'ambito dei sistemi di cui al primo comma e ad altezze superiori ai 1200 metri, fermo sempre restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la delimitazione dei predetti sistemi, vale la prescrizione per cui possono essere realizzati, mediante interventi di nuova costruzione, ove siano previsti da strumenti di pianificazione o di programmazione regionali o subregionali, oltre che, eventualmente, le infrastrutture e le attrezzature di cui al terzo comma, solamente:
rifugi e bivacchi;
strutture per l'alpeggio;
percorsi e spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non motorizzati.
6. Nell'ambito dei sistemi di cui al primo comma, fermo sempre restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la loro delimitazione, possono comunque essere previsti e consentiti:
qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47;
il completamento delle opere pubbliche in corso, purché interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attività di allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva qualora di nuovo impianto, nonché la realizzazione di strade poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei familiari, fermo restando che nei territori interessati dalle prescrizioni di cui al quinto comma le strutture abitative devono essere limitate a quelle necessarie a dare alloggiamento stagionale agli addetti alle strutture per l'alpeggio;
la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica montana e di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle stesse;
la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate dalla necessità di migliorare la gestione e la tutela dei beni forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento degli incendi, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere.
7. Le opere di cui alle lettere d. ed e. nonché le strade poderali ed interpoderali di cui alla lettera c. del sesto comma non devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e di servizio forestale, qualora interessino proprietà assoggettate ai piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove previste in tali piani regolarmente approvati.
8. Nell'ambito del sistema dei crinali, come tale indicato e delimitato nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi dall'entrata in vigore del medesimo presente Piano, i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le mulattiere, nonché le strade poderali ed interpoderali, ed esclusi i percorsi di cui alla lettera f. del precedente terzo comma, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.

Art. 10
Sistema forestale e boschivo
(modificato dalla variante al PTCP di Forlì-Cesena approvato con deliberazione del Consiglio provinciale del 14 settembre 2006, n.68886/146, previa intesa con la Regione Emilia Romagna espressa con la deliberazione della Assemblea legislativa del 26 febbraio 2006, n.1424)

1. Sono sottoposti alle disposizioni di cui al presente articolo i terreni coperti da vegetazione forestale o boschiva, arborea di origine naturale e/o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, nonché i terreni temporaneamente privi della preesistente vegetazione arborea in quanto percorsi o danneggiati dal fuoco,ovvero colpiti da altri eventi naturali od interventi antropici totalmente o parzialmente distruttivi ed in ogni caso i terreni corrispondenti alle voci:
a. formazioni boschive del piano basale o submontano;
b. formazioni di conifere adulte;
c. rimboschimenti recenti;
d. castagneti da frutto;
e. formazioni boschive con dominanza del faggio;
f. boschi misti governati a ceduo, della legenda delle tavole contrassegnate dal numero 2 del presente Piano.
2. Relativamente ai terreni di cui al primo comma valgono gli indirizzi di cui al successivo terzo comma, le direttive di cui ai successivi commi quarto, quinto, sesto, settimo e undicesimo e le prescrizioni di cui ai successivi commi ottavo, nono, nono bis, nono ter, decimo, decimo bis e decimo ter.
3. Gli strumenti di pianificazione conferiscono al sistema forestale e boschivo finalità prioritarie di tutela naturalistica, paesaggistica e di protezione idrogeologica, oltre che di ricerca scientifica, di riequilibrio climatico, di funzione turistico-ricreativa e produttiva. Tali strumenti dovranno definire direttive e normative, differenziate in funzione delle diverse formazioni boschive di cui al comma uno, atte ad impedire forme di utilizzazione che possano alterare l’equilibrio delle specie autoctone esistenti. Inoltre gli strumenti di pianificazione possono prevedere l’aumento delle aree forestali e boschive, anche per accrescere l’assorbimento della CO2 al fine di rispettare gli obiettivi regionali e provinciali in attuazione degli obiettivi di Kyoto. In ogni caso l’espansione naturale del bosco rientra in questi obiettivi e la sua parziale o totale eliminazione andrà compensata secondo quanto previsto al comma 10 ter.
4. Le Province, in collaborazione con i Comuni e le Comunità montane interessate, provvedono, anche in relazione agli elaborati di cui al primo comma dell'articolo 2 della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, e con l'osservanza delle specifiche direttive fornite dalla Regione, a perimetrare sulle sezioni in scala 1:10.000 della carta tecnica regionale i terreni aventi le caratteristiche di cui al primo comma del presente articolo. Per la definizione delle predette perimetrazioni valgono le norme di legge regionali relative alla formazione degli strumenti di pianificazione di competenza delle Province. Dalla data di entrata in vigore, tali perimetrazioni fanno fede dell'esatta delimitazione dei terreni aventi le caratteristiche di cui al primo comma ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo. Le perimetrazioni sono periodicamente aggiornate con le modalità sopra indicate assicurandone la pubblica visione a cura delle Province e delle Comunità Montane.
5. In relazione al piano regionale forestale di cui al primo comma dell'articolo 3 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, la Regione provvede all'aggiornamento delle Prescrizioni di massima e di polizia forestale, ai sensi dell'articolo 13 della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, tenendo in particolare considerazione la necessità di migliorare le modalità di utilizzazione dei boschi cedui e d'alto fusto, anche al fine di assicurare una più efficace protezione del suolo nelle pendici scoscese ed instabili.
6. In sede di redazione dei piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, deve esservi inclusa una specifica sezione relativa alla programmazione forestale, con l'osservanza e a specificazione del piano e delle prescrizioni di cui al quinto comma del presente articolo.
7. Le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a. l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le mulattiere, nonché le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
b. il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c. le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.
8. La gestione dei terreni di cui al comma 1 persegue l'obiettivo della ricostituzione del patrimonio boschivo come ecosistema forestale polifunzionale, e pertanto sono ammessi esclusivamente:
a. la realizzazione di opere di difesa idrogeologica ed idraulica, di interventi di forestazione, di strade poderali ed interpoderali, di piste di esbosco, comprese le piste frangifuoco e di servizio forestale, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere, nei limiti stabiliti dalle leggi nazionali e regionali e dalle altre prescrizioni specifiche, con particolare riferimento al piano regionale forestale di cui al primo comma dell'articolo 3 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, alle prescrizioni di massima e di polizia forestale ad ai piani economici e piani di coltura e conservazione di cui all'articolo 10 della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30;
a bis. gli interventi di cui ai successivi commi 9 e 9 bis;
b. gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria nonché ogni altro intervento sui manufatti edilizi esistenti qualora definito ammissibile dalla pianificazione comunale;
c. le normali attività selvicolturali, nonché la raccolta dei prodotti secondari del bosco, nei limiti stabiliti dalle leggi nazionali e regionali e dalle altre prescrizioni specifiche, con particolare riferimento ai programmi, agli atti regolamentari ed ai piani regionali e subregionali di cui alla precedente lettera a.;
d. le attività di allevamento zootecnico di tipo non intensivo, nei limiti degli atti regolamentari e dei piani regionali e subregionali di cui alla precedente lettera a.;
e. le attività escursionistiche e del tempo libero compatibili con le finalità di tutela naturalistica e paesaggistica.
9. Nelle formazioni forestali e boschive come individuate dagli strumenti di pianificazione provinciale ai sensi del comma 1 del presente articolo, è ammessa la realizzazione esclusivamente delle opere pubbliche o di interesse pubblico di natura tecnologica e infrastrutturale, a condizione che le stesse siano esplicitamente previste dagli strumenti di pianificazione nazionali, regionali, provinciali o comunali, che ne verifichino la compatibilità con le disposizioni del presente Piano, ferma restando la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali. Gli strumenti di pianificazione comunale, provinciale e regionale possono delimitare zone in cui, per la qualità forestale e ambientale o per la fragilità territoriale, sono esclusi gli interventi di cui sopra.
9 bis. La realizzazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico di natura tecnologica e infrastrutturale di cui al comma 9 per la cui attuazione la legislazione vigente non richieda la necessaria previsione negli strumenti di pianificazione territoriale, urbanistica o di settore in considerazione delle limitate dimensioni, è subordinata alla espressa verifica di compatibilità paesaggistico-ambientale effettuata dal Comune nell’ambito delle ordinarie procedure abilitative dell’intervento, se e in quanto opere che non richiedano la valutazione di impatto ambientale.
9 ter. Anche nei casi di cui al comma 9 bis dovrà essere assicurato il rispetto degli eventuali criteri localizzativi e dimensionali fissati dalle Province all’interno dei P.T.C.P., al fine di evitare che la realizzazione delle opere pubbliche o di interesse pubblico di natura tecnologica e infrastrutturale alteri negativamente l’assetto paesaggistico, idrogeologico, naturalistico e geomorfologico dei terreni interessati.
10. Gli interventi di cui ai commi 8, 9 e 9 bis devono comunque avere caratteristiche, dimensioni e densità tali da:
- rispettare le caratteristiche del contesto paesaggistico, l’aspetto degli abitati, i luoghi storici, le emergenze naturali e culturali presenti;
- essere realizzati e integrati, ove possibile, in manufatti e impianti esistenti anche al fine della minimizzazione delle infrastrutture di servizio;
- essere localizzati in modo da evitare dissesti idrogeologici, interessare la minore superficie forestale e boschiva possibile, salvaguardando in ogni caso le radure, le fitocenosi forestali rare, i boschetti in terreni aperti o prati secchi, le praterie di vetta, le aree umide, i margini boschivi.
Inoltre, le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale di cui al comma 8 non devono avere larghezza superiore a 3,5 metri lineari né comportare l'attraversamento in qualsiasi senso e direzione di terreni con pendenza superiore al 60% per tratti superiori a 150 metri. Qualora interessino proprietà assoggettate a piani economici ed a piani di coltura e conservazione ai sensi della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, le piste di esbosco e di servizio forestale possono essere realizzate soltanto ove previste in tali piani regolarmente approvati. I progetti relativi agli interventi di trasformazione di cui ai precedenti commi 9 e 9bis, devono altresì essere corredati dalla esauriente dimostrazione sia della necessità della realizzazione delle opere stesse, sia dell’insussistenza di alternative, e dovranno contemplare eventuali opere di mitigazione finalizzate a ridurre gli effetti negativi derivanti dall’intervento.
10bis. Il progetto relativo alle opere di natura tecnologica e infrastrutturale da realizzare in area forestale o boschiva ai sensi dei commi 9 e 9bis, deve contemplare, altresì, gli interventi compensativi dei valori compromessi.
10ter. Le Province nell’ambito dei P.T.C.P. individuano gli ambiti territoriali idonei alla realizzazione dei rimboschimenti compensativi di cui al comma precedente secondo quanto previsto dall’art. 4 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227, che dovranno ricadere all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale è stato autorizzato l’intervento di trasformazione.
11. Nei boschi ricadenti nelle zone di salvaguardia della morfologia costiera, nelle zone di tutela della costa e dell'arenile, nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, nelle zone di tutela naturalistica, indicate e delimitate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, devono essere osservate le seguenti direttive:
a. nei boschi governati ad alto fusto è vietato il trattamento a taglio a raso su superfici accorpate superiori a 5.000 mq.; la contiguità è interrotta dal rilascio di una fascia arborata di larghezza superiore a 100 metri; le aree vicine possono essere assoggettate al medesimo trattamento con le medesime limitazioni allorché siano trascorsi almeno 10 anni e la rinnovazione, naturale od artificiale si sia stabilmente affermata; gli interventi selvicolturali devono favorire le specie vegetali autoctone;
b. nei boschi cedui che non abbiano subito il taglio per un numero di anni uguale o superiore ad una volta e mezzo la durata del turno minimo stabilito dalle prescrizioni di massima e di polizia forestale, sono favoriti i tagli di conversione all'alto fusto; le utilizzazioni del bosco ceduo in quanto tale sono autorizzate e disciplinate dagli Enti delegati di cui all'articolo 16 della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, in seguito a puntuale istruttoria tecnica, da eseguirsi in relazione agli strumenti di pianificazione forestale previsti dal vigente piano forestale della Regione Emilia-Romagna e dal comma 6 del presente articolo.

Art. 11
Sistema delle aree agricole
1. Per le aree aventi una destinazione agricola, a norma degli strumenti di pianificazione regionali e/o subregionali valgono gli indirizzi di cui ai successivi secondo e terzo comma.
2. Le indicazioni delle aree da conservare o destinare alla utilizzazione agricola dettate dagli atti di pianificazione agricola devono essere rispettate da qualsiasi strumento di pianificazione e/o di programmazione subregionale. In ogni caso le determinazioni degli strumenti di pianificazione regionali o subregionali che comportino utilizzazioni diverse da quelle a scopo colturale di suoli ricadenti nelle zone agricole, ovvero che siano suscettibili di compromettere l'efficiente utilizzazione a tale scopo dei predetti suoli, sono subordinate alla dimostrazione dell'insussistenza di alternative ovvero della loro maggiore onerosità, in termini di bilancio economico, ambientale e sociale complessivo, rispetto alla sottrazione di suoli all'utilizzazione a scopo colturale od alla compromissione dell'efficienza di tale utilizzazione.
3. Gli strumenti di pianificazione infraregionale provvedono ad individuare gli elementi caratterizzanti il paesaggio agrario e a dettare le relative prescrizioni atte a perseguirne la tutela, il ripristino e la valorizzazione.

Art. 12
Sistema costiero
(modificato dal PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.656 del 1999)
1. Il sistema costiero, come indicato e delimitato nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, in relazione al diverso livello di trasformazione antropica è suddiviso in costa nord e costa sud, come indicato nella tavola contrassegnata dal numero 4 del medesimo presente Piano. Gli strumenti di pianificazione e di programmazione regionali e subregionali, sono tenuti a promuovere il recupero e la riqualificazione dei territori ricompresi in detto sistema uniformandosi, in ragione delle rispettive specificità, agli indirizzi seguenti:
deve essere perseguita la conservazione della conformazione naturale dei territori meno interessati da processi insediativi antropici, mentre in quelli più interessati da tali processi deve essere promossa e favorita, anche mediante interventi di sperimentazione, la ricostituzione di elementi di naturalità;
deve essere promosso e favorito il recupero dei complessi edilizi meritevoli di tutela, nonché degli spazi liberi di loro pertinenza, con la definizione di destinazioni d'uso che privilegino le attività culturali e per il tempo libero;
le strutture per la balneazione devono essere organizzate sulla base di progetti complessivi attraverso la redazione dei piani degli arenili così come definiti all'art. 13. Nell'ambito di tali piani è necessario prevedere la razionalizzazione delle strutture esistenti promuovendo operazioni di accorpamento e di arretramento rispetto alla linea, della battigia e il riuso delle strutture edilizie esistenti;
bis. è favorita la pedonalizzazione del lungomare per permettere la continuità fra la spiaggia e l'edificato retrostante. A tal fine il traffico veicolare dovrà essere trasferito su tracciati alternativi arretrati, anche mediante la realizzazione di tratti di viabilità sotterranea, prevista la realizzazione di aree adeguate di parcheggi a raso o interrati in punti strategici di accesso alla spiaggia e perseguita la specializzazione dei traffici nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 13 e 14 delle presenti norme. Tali interventi non dovranno comunque impedire il normale deflusso delle acque meteoriche né interferire negativamente con gli equilibri idrici nel sottosuolo;
devono essere mantenuti e, ove possibile, ripristinati varchi tra l'entroterra ed il mare, tali da consentire l'accesso alla fascia balneare, la continuità visuale tra la campagna ed il mare, l'interruzione della continuità edilizia con elementi naturali, la fruizione di spazi vegetati per le attività di tempo libero;
le previsioni relative ad attrezzature e ad impianti di interesse sovracomunale devono essere, al massimo del possibile, coerenti con obiettivi di riqualificazione e di decongestionamento della fascia costiera, e, salvo che si tratti di strutture portuali, commerciali e/o industriali, di interesse nazionale, o con le medesime connesse, contemplare nuove realizzazioni esclusivamente ove siano direttamente finalizzate a tali obiettivi;
la valorizzazione del sistema dei porti e degli approdi di interesse regionale e subregionale, e delle attrezzature connesse, deve avvenire prioritariamente mediante la tutela e l'adeguamento dei porti esistenti, evitando le opere suscettibili di provocare ulteriori fenomeni di erosione ed in ogni caso esclusivamente in coerenza con la pianificazione e programmazione regionale di settore;
i nuovi manufatti edilizi ad uso residenziale, turistico-ricettivo e di servizio, eventualmente necessari in aggiunta a quelli esistenti, ove sia dimostrata la indispensabilità della loro localizzazione all'interno degli ambiti territoriali di cui al presente articolo, devono essere localizzati prioritariamente in aree già urbanizzate;
bis. deve essere perseguito il decongestionamento della fascia costiera favorendo la riqualificazione del tessuto urbano esistente attraverso interventi di recupero e reperimento al suo interno degli standard per servizi, arredo e realizzazione di parchi urbani;
gli interventi di difesa dai fenomeni erosivi e di ingressione marina devono essere effettuati prioritariamente in forma di ricostituzione dell'apparato morfologico e vegetazionale della duna, ovvero di ripascimento artificiale protetto, anche mediante barriere soffolte, potendosi altresì prevedere la sostituzione di queste ultime alle esistenti scogliere artificiali, anche allo scopo di migliorare le condizioni di ricambio d'acqua nelle zone di balneazione comprese tra la battigia e le esistenti scogliere artificiali.
2. Nell'ambito del sistema di cui al primo comma, fermo sempre restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la sua delimitazione, vale la prescrizione per cui la realizzazione di infrastrutture ed attrezzature comprese fra quelle appresso indicate è subordinata alla loro previsione mediante strumenti di pianificazione nazionali, regionali od infraregionali o, in assenza, alla valutazione di impatto ambientale secondo le procedure eventualmente previste dalle leggi vigenti, nonché la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale delle opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali:
linee di comunicazione viaria, ferroviaria anche di tipo metropolitano, idroviaria, nonché aereoporti, porti commerciali ed industriali, strutture portuali ed aeroportuali di tipo diportistico, attrezzature connesse;
impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di collegamento, nonché impianti a rete e puntuali per le telecomunicazioni;
impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti solidi;
sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie prime e/o dei semilavorati;
opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico.
3. La subordinazione alle determinazioni di tipo pianificatorio di cui al secondo comma non si applica alla realizzazione di strade, impianti per l'approvvigionamento idrico, per lo smaltimento dei reflui e per le telecomunicazioni, per i sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al servizio della popolazione di non più di un Comune, ovvero di parti della popolazione di due Comuni confinanti.
4. Nell'ambito del sistema di cui al primo comma, fermo sempre restando il rispetto delle specifiche disposizioni dettate dal presente Piano per determinate zone ed elementi ricadenti entro la sua delimitazione, possono comunque essere previsti e consentiti:
soppressa;
soppressa;
l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attività di allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva qualora di nuovo impianto, nonché la realizzazione di strade poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei familiari;
la realizzazione di infrastrutture tecniche di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle stesse;
la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate dalla necessità di migliorare la gestione e la tutela dei beni forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento degli incendi, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere.
5. Le opere di cui alle lettere d. ed e. nonché le strade poderali ed interpoderali di cui alla lettera c. del quarto comma non devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e di servizio forestale, qualora interessino proprietà assoggettate a piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove previste in tali piani regolarmente approvati.

Art. 13
Zone di riqualificazione della costa e dell'arenile

(modificato dal PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.656 del 1999, dalla variante al PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.2377 del 2001dalla variante al PTCP di Rimini approvato con deliberazione del Consiglio provinciale del 23 novembre 2008, n.61, previa intesa con la Regione Emilia Romagna espressa con la deliberazione della Assemblea legislativa del 23 settembre 2008, n.188)


1. Gli strumenti di pianificazione e di attuazione della pianificazione, comunali od intercomunali, definiscono l'assetto, le trasformazioni prescritte e quelle consentite, gli usi ammissibili, delle zone di riqualificazione della costa, interessanti l'arenile nei tratti più fortemente compromessi da utilizzazioni turistico-balneari e le adiacenti aree prevalentemente non edificate, o scarsamente edificate, contigue ad aree fortemente urbanizzate, e come tali indicate e delimitate nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, nel rispetto delle direttive seguenti:
a .deve essere favorita la ricostruzione e la fruizione degli elementi naturali;
b. soppressa;
c. deve essere promosso l'accorpamento dei manufatti ed il loro distanziamento dalla battigia;
c. bis. deve essere perseguito il miglioramento dell'immagine turistica e della qualità ambientale della costa;
c. ter. deve essere perseguito il riordino tipologico e distributivo delle strutture per la balneazione funzionale all'apparato ricettivo turistico anche attraverso il disimpegno della fascia retrostante dell'arenile da usi ed elementi incongrui;
d. soppressa;
e. soppressa;
f. soppressa;
g. soppressa.
2. Nelle aree di cui al presente articolo sono ammesse trasformazioni urbanistiche ed edilizie finalizzate al perseguimento degli obiettivi definiti al precedente comma e nel rispetto delle seguenti prescrizioni:
a. la nuova edificazione è ammessa solo nelle porzioni più arretrate delle aree connesse all'arenile ed esclusivamente come trasferimento di volumi da aree incongrue rappresentate dalla zona ricompresa tra la battigia e la prima strada ad essa parallela e dai varchi a mare. In tali casi è ammesso un incremento del volume trasferito pari al 5% purché venga assicurata la rigenerazione ambientale delle aree dismesse;
b. qualora il trasferimento si realizzi nell'ambito delle "zone urbanizzate in ambito costiero" è ammesso un incremento di volume pari al 10% del volume trasferito purché venga assicurata la rigenerazione ambientale delle aree dismesse;
c. gli edifici esistenti possono essere oggetto di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di ristrutturazione nonché di adeguamento ai requisiti di legge. Per gli edifici ricadenti in zona incongrua (così come definita al punto a), al fine del miglioramento della qualità architettonica e percettiva, sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, adeguamento ai requisiti obbligatori di legge, ristrutturazione edilizia, accorpamento di due o più edifici purchè lo stesso non comporti aumento del volume complessivo e a condizione che determini una visuale libera del fronte mare superiore alla somma delle visuali libere preesistenti;
d. per gli edifici esistenti dedicati ai servizi ospedalieri, sanitari e di cura sono comunque ammessi interventi di miglioramento tecnologico e strutturale ai fini del miglioramento degli standard di servizio e dell'adeguamento alle normative di sicurezza e igienico-sanitarie previste dalla legislazione comunitaria, nazionale e regionale. Ciò non dovrà comunque comportare incrementi del numero dei posti letto;
e. nelle aree incongrue non devono essere previsti nuovi parcheggi né nuovi percorsi per mezzi motorizzati né a raso né interrati ed in genere interventi comportanti un aumento complessivo della impermeabilizzazione dei suoli. Deve essere inoltre limitato il numero dei percorsi e incentivata la conversione in percorsi pedonali e ciclabili delle strade carrabili.
3. Il riordino e la qualificazione delle strutture per la balneazione si attua mediante la redazione dei "piani degli arenili" ai sensi dell'art. 33 della L.R. 47/78 e successive modificazioni.
I Comuni in forma singola o associata redigono tali piani, anche su proposta di soggetti privati, nel rispetto degli obiettivi del presente articolo.
In particolare deve essere perseguita:
a. la riconoscibilità dei caratteri distintivi locali mediante adeguate tipologie di intervento;
b. la permeabilità visuale tra la spiaggia e l'edificato retrostante;
c. il riordino della spiaggia anche attraverso il disimpegno della fascia direttamente retrostante le strutture per la balneazione da usi ed elementi incongrui;
d. il contenimento al massimo possibile delle altezze dei manufatti.
Nella redazione dei piani di cui sopra i Comuni devono perseguire l'accorpamento dei manufatti precari esistenti dedicati alla balneazione ed il loro distanziamento dalla battigia prevedendo la riduzione della superficie coperta in una percentuale pari almeno al 10% dell'esistente. Contestualmente, suddetti piani possono prevedere interventi di diversificazione dell'offerta di attrezzature e servizi balneari e per la vita di spiaggia innovativi e di congrua dimensione e capacità attrattiva ed al servizio di ampie porzioni di arenile e di aree ad esse connesse. In assenza dei piani di cui al primo capoverso è consentita esclusivamente la manutenzione ordinaria delle strutture esistenti. Nei tratti di arenile privi di strutture per la balneazione è possibile intervenire nel rispetto degli obiettivi e dei principi di cui alle precedenti lettere a) e b) attraverso gli strumenti indicati al primo capoverso. Qualora in corrispondenza degli edifici delle città delle colonie marine la spiaggia fosse interessata da fenomeni di forte erosione, deve essere favorito l'utilizzo delle aree di pertinenza degli edifici come arenile e degli edifici stessi come contenitori per servizi e strutture complementari alla balneazione coerentemente a quanto definito al successivo art. 16.
4) Nelle zone di cui al presente articolo non devono essere previsti nuovi complessi turistici all'aperto. Per i complessi esistenti deve essere perseguita la massima compatibilizzazione attraverso interventi di riassetto che comprendano la limitazione degli interventi di impermeabilizzazione del suolo e il massimo distanziamento dalla battigia delle attrezzature di base e dei servizi. Deve essere inoltre perseguito il trasferimento dei complessi ricadenti nelle aree in corrispondenza dei varchi a mare e previsto il trasferimento dei complessi ricadenti nelle aree in corrispondenza degli sbocchi a mare dei corsi d'acqua.

Art. 14
Zone urbanizzate in ambito costiero e ambiti di qualificazione dell'immagine turistica
(sostituita denominazione della rubrica e modificato dal PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.656 del 1999, dal PTCP di Forlì-Cesena approvato con la deliberazione di Giunta regionale n.1595 del 2001, dalla variante al PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.2377 del 2001)

1. Le zone di salvaguardia della morfologia costiera ineriscono ad ambiti già fortemente urbanizzati e sono individuate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano.
2. Conformemente a quanto stabilito dall'art. 12 le trasformazioni consentite nelle zone di cui al presente articolo devono garantire il perseguimento dei seguenti obiettivi:
- riduzione della occupazione delle aree;
- valorizzazione delle aree libere residue come elementi strategici per la qualificazione del tessuto edificato esistente e per un globale miglioramento della qualità urbana;
- diversificazione degli usi e delle funzioni;
- realizzazione delle dotazioni territoriali di cui al Capo A-V della L.R. 20/2000;
- realizzazione di spazi e di percorsi pedonali in continuità con le aree di pertinenza dell'arenile e con il sistema ambientale di penetrazione con l'entroterra.
3. Per il raggiungimento degli obiettivi di cui al precedente comma valgono le seguenti direttive:
nelle aree di cui al presente articolo è da incentivare l'accorpamento degli edifici a destinazione ricettiva-turistica finalizzato al recupero ed incremento di spazi comuni di soggiorno all'aperto, verde privato, servizi di pubblico interesse e/o pubblico all'interno di progetti di riqualificazione del tessuto urbano. I Comuni potranno prevedere un incremento del volume esistente comunque non superiore al 20%, ponderato da cinque criteri valutativi:
- condizioni urbane di fatto;
- grado di riqualificazione richiesto all'intervento privato;
- relazione inversa alla densità edilizia esistente;
- relazione diretta alla dimensione dell'area oggetto dell'intervento;
- grado di coordinamento e rapporto con progetti e programmi di arredo urbano e miglioramento della mobilità;
la previsione di nuova edificazione è consentita attraverso le previsioni degli strumenti urbanistici generali, comunali ed intercomunali, esclusivamente allo scopo di concorrere alla qualificazione del tessuto urbano. Tale obiettivo dovrà essere verificato all'interno delle zone di cui al presente articolo ovvero nell'ambito di previsioni coordinate che potranno investire anche zone di cui al precedente articolo 13 nel rispetto delle disposizioni del medesimo articolo;
le aree libere intercluse ricadenti nelle zone urbanizzate in ambito costiero aventi carattere di continuità con superficie inferiore a 8.000 mq possono essere destinate esclusivamente a:
- verde di quartiere;
- percorsi e spazi di sosta ciclo-pedonali;
- zone alberate e radure destinate ad attività per il tempo libero;
- dotazioni territoriali di cui al Capo A-V della L.R. 20/00, con priorità, di norma, per gli interventi e funzioni rivolte all'utenza turistica e con limitate esigenze edificatorie;
nelle aree libere intercluse ricadenti nelle zone urbanizzate in ambito costiero aventi carattere di continuità con superficie superiore a 8.000 mq sono consentiti interventi di nuova edificazione comprensivi di eventuali quote derivanti da operazioni di trasferimenti di volumi ricadenti in aree incongrue di cui al precedente articolo 13 o in altre aree di cui al presente articolo. La superficie complessivamente investita dagli interventi non potrà essere comunque superiore al 40% dell'intera area destinando la rimanente superficie alla realizzazione di dotazioni territoriali di cui al capo A-V della L.R. 20/00, con priorità, di norma, per gli interventi e funzioni con limitate esigenze edificatorie. Il Comune potrà consentire l'utilizzo del sottosuolo dell'area destinata a dotazione territoriale per interventi di iniziativa privata purché convenzionati e volti ad ampliare o articolare l'offerta dei servizi assicurati alla generalità dei cittadini in riferimento a quanto disposto all'art. A-6, L.R. 20/00;
bis. nelle aree individuate dai PTCP come "ambiti di qualificazione dell'immagine turistica" sono consentiti interventi di nuova edificazione purché ricompresi in programmi generali riferiti a sezioni territoriali strategiche, localizzate in punti di discontinuità dell'edificato costiero. Tali programmi devono perseguire l'obiettivo fondamentale di garantire la continuità tra il sistema del verde trasversale e l'arenile e la valorizzazione dei centri costieri attraverso la ridefinizione funzionale e morfologica delle frange e dei margini urbani in continuità con il sistema ambientale;

ter. i programmi di cui alla precedente lettera bis) definiscono aree da sottoporre a progettazione unitaria stabilendo le modalità di intervento relativamente all'assetto ambientale, insediativo e relazionale di tutto il comparto applicando criteri di perequazione territoriale ai sensi dell'art. 15 della L.R. 20/00; per tali programmi potrà essere prevista l'attuazione anche mediante stralci funzionali. In particolare la nuova edificazione deve essere realizzata in coerente continuità con l'aggregato urbano circostante e purché comporti una occupazione del suolo non superiore al 40% dell'area, comprensivo del 10% per trasferimento di cui alla precedente lettera b) e garantisca l'utilizzo del restante 60% per servizi pubblici e ad uso pubblico. Le quote di volume derivanti da operazioni di trasferimento, accorpamento o demolizione possono essere utilizzate nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 13 e 16 del presente Piano;
quater. i programmi di cui alla precedente lettera bis) possono essere proposti anche da soggetti privati e devono essere assunti attraverso un accordo di programma cui partecipano la provincia e i comuni interessati;
per l'edificazione esistente sono ammessi gli interventi definiti ammissibili dal Piano regolatore generale in conformità alla L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.
4. Soppresso.

Art. 15
Zone di tutela della costa e dell'arenile
1. Per le zone di tutela della costa e dell'arenile, le quali interessano parti del sistema costiero presentanti caratteri di naturalità o di seminaturalità, ovvero costituenti residui di arenile e di terreni retrostanti sostanzialmente liberi da edificazione, e che sono come tali indicate e delimitate nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, valgono le prescrizioni di cui ai successivi commi secondo e quinto, e le direttive di cui ai successivi commi terzo e quarto.
2. Nelle zone di cui al primo comma possono essere previsti e/o consentiti esclusivamente:
la conservazione e/o il ripristino della conformazione naturale, con particolare riferimento all'apparato morfologico e vegetazionale della duna;
gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria dei manufatti edilizi esistenti, nonché ogni altro intervento su tali manufatti edilizi qualora definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47; in particolare sulle strutture ricettive esistenti sono consentiti interventi di ristrutturazione e riqualificazione;
la realizzazione di attrezzature mobili di servizio, con densità non superiore ad una attrezzatura ogni 1000 metri lineari di arenile, salva diversa specifica previsione di strumenti di pianificazione regionali o provinciali;
l'esercizio di attività alieutiche in conformità alla specifica disciplina.
3. Relativamente alle zone di cui al primo comma, le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri, nonché le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, posti di ristoro, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
il divieto di passaggio dei predetti mezzi autorizzati nei sentieri, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.
4. I Comuni, mediante i propri strumenti di pianificazione, nel rispetto delle eventuali indicazioni degli strumenti di pianificazione infraregionale, individuano:
i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo, che devono essere trasferiti in aree esterne a tali zone, essendo comunque tali quelli insistenti su aree esondabili, o soggette ad ingressione marina e/o a fenomeni erosivi;
le aree idonee per la nuova localizzazione dei complessi turistici all'aperto di cui alla precedente lettera a., potendosi, se del caso, procedere ai sensi dell'articolo 24 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo, che, in conseguenza dell'insussistenza di aree idonee alla loro rilocalizzazione, possono permanere entro le predette zone di cui al primo comma, subordinatamente ad interventi di riassetto;
gli interventi volti a perseguire la massima compatibilizzazione dei complessi turistici all'aperto di cui alla precedente lettera c. con gli obiettivi di tutela delle zone cui ineriscono, dovendo essere in ogni caso previsti: il massimo distanziamento dalla battigia delle aree comunque interessate dai predetti complessi, e, al loro interno, delle attrezzature di base e dei servizi; l'esclusione dalle aree interessate dai predetti complessi degli apparati dunosi e degli altri elementi di naturalità, anche relitti, eventualmente esistenti; il divieto della nuova realizzazione, o del mantenimento, di manufatti che non abbiano il carattere della precarietà, e/o che comportino l'impermeabilizzazione del terreno, se non nei casi tassativamente stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge;
gli interventi, da effettuarsi contestualmente ai trasferimenti, od ai riassetti, di cui alle precedenti lettere, di sistemazione delle aree liberate, e volti alla loro rinaturalizzazione;
le caratteristiche dimensionali, morfologiche e tipologiche, sia dei complessi turistici all'aperto di nuova localizzazione ai sensi delle precedenti lettere a. e b., che di quelli sottoposti a riassetto ai sensi delle precedenti lettere c. e d.;
i tempi entro i quali devono aver luogo le operazioni di trasferimento, ovvero quelle di riassetto, fermo restando che essi:
non devono eccedere i cinque anni dall'entrata in vigore delle indicazioni comunali, salva concessione da parte dei Comuni di un ulteriore periodo di proroga, non superiore a due anni, in relazione all'entità di eventuali investimenti effettuati per l'adeguamento dei complessi in questione ai requisiti minimi obbligatori richiesti dalla relativa disciplina, per i complessi insistenti in aree facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, della Regione, della Provincia o del Comune;
sono definiti, non dovendo comunque eccedere i dieci anni, tramite specifiche convenzioni, da definirsi contestualmente alle indicazioni comunali, e da stipularsi tra i Comuni ed i soggetti titolari dei complessi, per i complessi insistenti su aree diverse da quelle di cui sopra.
5. Fino all'entrata in vigore delle disposizioni comunali di cui al precedente quarto comma, nei complessi turistici all'aperto insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria, nonché quelli volti ad adeguare i complessi stessi ai requisiti minimi obbligatori richiesti dalla relativa disciplina.

Art. 16
Colonie marine
(modificato dal PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.656 del 1999, dal PTCP di Forlì-Cesena approvato con la deliberazione di Giunta regionale n.1595 del 2001, dalla variante al PTCP di Rimini approvato con delibera di Giunta regionale n.2377 del 2001)
1. Le tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano indicano:
gli edifici delle colonie marine e le rispettive aree di pertinenza;
i perimetri degli ambiti territoriali caratterizzati da una rilevante concentrazione di edifici di colonie marine denominati città delle colonie.
2. Gli ambiti di cui alla lettera b) del primo comma del presente articolo sono i seguenti:
1. Misano
2. Riccione
3. Marano
4. Bellaria-Igea Marina
5. Cesenatico Sud
6. Cesenatico Nord
7. Pinarella di Cervia Sud
8. Pinarella di Cervia Nord
9. Milano Marittima.
3. Gli obiettivi da perseguire mediante gli interventi sulle colonie e sulle città delle colonie sono rivolti a:
conservare le testimonianze storico-architettoniche, con riferimento agli edifici di maggior pregio;
consolidare, riqualificare e ripristinare i varchi a mare e l'arenile;
favorire e valorizzare la fruizione compatibile degli edifici e delle aree di pertinenza per dotare di servizi e qualità turistico-abitativa l'attuale conurbazione costiera.
4. Le direttive di cui ai commi 3, 6, 7, 11, 12, 13, 14, 15, 16 e 17 relative agli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale ed alle rispettive aree di pertinenza, hanno l'efficacia di cui al terzo comma dell'articolo 4 delle norme del presente Piano.
5. Le disposizioni di cui al successivo comma 10 costituiscono prescrizioni ai sensi e per gli effetti di cui al quarto comma dell'articolo 4 delle norme del presente Piano.
5. bis. Per i progetti relativi agli edifici delle colonie marine deve essere acquisito il parere della competente Soprintendenza per i Beni ambientali e architettonici nei casi previsti dall'art. 5 del DLgs n. 490/99.
6. Gli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo pregio architettonico sono i seguenti:
1. Le Navi, Cattolica
2. Ferrarese, Cattolica
3. Reggiana, Riccione
4. Novarese, Rimini
5. Ferrovieri OPAFS, Bellaria
6. AGIP, Cesenatico
7. Varese, Cervia
8. Monopoli di Stato ex Montecatini, Cervia
9. Croce Rossa, Ravenna
10. Burgo, Riccione
11. Bolognese, Rimini
12. Murri, Rimini
13. Comasco-De Orchi, Rimini
14. Patronato scolastico, Rimini
15. Forlivese, Rimini
16. Soresinese, Rimini
17. Fratelli Baracca/Bergamasca, Cesenatico
18. Veronese, Cesenatico
19. Centro climatico marino, Cervia.
Gli interventi ammessi per gli edifici di cui al presente comma devono essere coerenti con i criteri e i metodi del restauro finalizzati a mantenere l'integrità materiale, ad assicurare la tutela e conservazione dei valori culturali e la complessiva funzionalità dell'edificio, nonché a garantire il suo miglioramento strutturale in riferimento alle norme sismiche.
7. Gli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale di limitato pregio architettonico sono i seguenti:
20) Fusco, Misano
21) Bertazzoni, Riccione
22) Primavera, Riccione
23) Adriatica Soliera-Carpi, Riccione
24) OPAFS Ferrovieri, Riccione
25) Villa Margherita, Rimini
26) ENEL, Rimini
27) Villaggio Ragazzi Bresciana, Rimini
28) soppresso
29) Lanerossi, Gatteo
30) Opera Bonomelli, Cesenatico.
Per gli edifici delle colonie di cui al presente comma il progetto deve individuare gli elementi architettonici di pregio che devono essere conservati, attraverso il loro restrauro, in rapporto spaziale e volumetrico coerente con l'assetto originario dell'edificio.
8) Gli edifici delle colonie marine privi di interesse storico-testimoniale incompatibili o scarsamente compatibili con le caratteristiche dell'ambito territoriale cui ineriscono, sono i seguenti:
31) Villa Il Germoglio, San Mauro
32) S. Monica, Cesenatico
33) Casa del Mare, CIF di Parma, Cesenatico
34) Madre di Dio, Cesenatico
35) Ministero degli Interni, Cesenatico
36) Don Bosco, Cesenatico
37) Mediterranea, Cervia.
9. Gli edifici delle colonie marine privi di interesse storico-testimoniale, compatibili con le caratteristiche degli ambiti territoriali cui ineriscono sono tutti gli edifici delle colonie marine esistenti, diversi da quelli elencati ai precedenti commi.
10. Gli strumenti di pianificazione comunale precisano le modalità di intervento sugli edifici e le aree di pertinenza delle colonie marine di complessivo e di limitato pregio architettonico di cui ai precedenti commi, con riferimento alle specifiche caratteristiche degli immobili ubicati nel proprio territorio, nel rispetto delle seguenti direttive:
il progetto ed il conseguente intervento dovranno riguardare sia l'edificio che la sua area di pertinenza secondo una visione unitaria, e dovrà essere assicurata la conservazione o il ripristino di tutti gli elementi architettonici, interni ed esterni, che abbiano valore storico, artistico o documentario;
fino all'approvazione di tali strumenti comunali sugli edifici delle colonie marine di complessivo e di limitato pregio architettonico sono ammessi esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria;
sono compatibili con le caratteristiche degli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo pregio e di limitato pregio architettonico le utilizzazioni per:
- attività ricettive specialistiche, intese come le attività volte a rispondere alla domanda di soggiorno temporaneo, in strutture a gestione unitaria;

- attività ricettive ordinarie, intese come attività volte a rispondere alla domanda indifferenziata di soggiorno temporaneo in strutture a gestione unitaria ed a rotazione d'uso, ed articolate in: alberghi, hotel, pensioni e locande, residenze turistico-alberghiere, ostelli, cliniche della salute;

- abitazioni collettive, intese come le abitazioni volte principalmente a dare alloggiamento ed a consentire lo svolgimento di peculiari attività a determinate comunità o gruppi, quali collegi, convitti, studentati, ospizi e ricoveri;

- strutture culturali e per il tempo libero, comprensive di ogni attrezzatura complementare, di servizio e di supporto, articolate in centri di ricerca e di documentazione, scuole, musei, sedi espositive, biblioteche, archivi, cinema multisala, scuole di vela, palestre, piscine, centri giovanili per scambi internazionali;

- attrezzature complementari alla balneazione anche commerciali e servizi di terziario avanzato di supporto all'attività turistica;
l'attivazione di una delle utilizzazioni definite compatibili alla precedente lettera c) è comunque subordinata all'apprestamento e/o alla disponibilità di spazi per il ricovero od il parcheggio di autovetture nella misura prescritta dalle vigenti disposizioni in relazione alla specifica utilizzazione proposta;
nel caso di eliminazione di superfetazioni o di edifici incongrui le relative volumetrie potranno essere recuperate destinandole alla realizzazione di servizi, spazi accessori e pertinenze mancanti secondo soluzioni coerenti con le caratteristiche complessive delle strutture esistenti.
11. Le trasformazioni fisiche nelle aree di pertinenza degli edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo pregio e di limitato pregio architettonico, sono prioritariamente rivolte alla conservazione e/o al ripristino in quanto tali aree costituiscono elemento connotante ed inscindibile dalle preesistenze edilizie. Nel rispetto di tale principio generale e nell'ambito di una progettazione unitaria comprendente l'edificio e l'intera area di pertinenza così come storicamente documentata ed individuata, in tali aree sono ammessi interventi aventi carattere accessorio e di integrazione funzionale rispetto alla destinazione d'uso principale dell'edificio. Sono consentiti, fermo restando la non alterazione del deflusso complessivo delle acque meteoriche nel sottosuolo:
- percorsi per mezzi motorizzati nella misura strettamente indispensabile a servire gli esistenti edifici delle colonie marine di interesse storico-testimoniale, con tracciati che evitino al massimo del possibile di interessare arenili;

- parcheggi, anche interrati, per veicoli, nel rispetto delle vigenti disposizioni in relazione alla specifica utilizzazione proposta per l'edificio e che non sia possibile reperire mediante diverse soluzioni o mediante diverse ubicazioni. In ogni caso i parcheggi interrati non devono mai interessare arenili o apparati dunosi esistenti o ricostituibili;

- elementi di arredo, amovibili e/o precari.
12. Negli ambiti denominati città delle colonie ogni trasformazione, fisica e/o funzionale è subordinata alla formazione di programmi unitari di qualificazione e/o di diversificazione dell'offerta turistica, anche attraverso il recupero dell'identità e della riconoscibilità locale. Tali programmi devono perseguire, nel rispetto delle disposizioni dettate dal presente Piano per il sistema o le zone cui eventualmente ineriscono gli ambiti interessati, la generale finalità del ripristino della conformazione naturale delle aree comprese nei perimetri degli ambiti, con particolare riferimento per quelle prossimali alla battigia, e/o interessanti arenili od apparati dunosi o boschivi esistenti o ricostituibili.
13. I programmi di cui al precedente comma dovranno definire: l'assetto generale dell'area tenendo conto dell'inserimento nel contesto in termini di accessibilità, servizi e aspetti paesaggistico-ambientali; gli edifici delle colonie marine e delle rispettive aree di pertinenza, nonché di eventuali ulteriori aree ed edifici ricadenti all'interno delle città delle colonie, oggetto di intervento; i soggetti pubblici e/o privati che partecipano al programma ed i reciproci impegni. Per gli edifici, che non siano colonie marine di interesse storico-testimoniale di complessivo pregio e di limitato pregio architettonico, originariamente compresi nel perimetro delle città delle colonie ma non ricomprese nel programma valgono le previsioni del Piano regolatore in conformità a quanto disposto dalla normativa di zona del presente Piano.
14. Al fine del perseguimento degli obiettivi di cui al precedente comma 12 e nella redazione dei programmi unitari di cui al precedente comma 13, le colonie marine prive di interesse storico-testimoniale e gli eventuali altri edifici non classificati come colonie e facenti parte del progetto possono essere oggetto di:
accorpamento in loco di 2 o più edifici all'interno del sedime originario a parità di volume;
demolizione senza ricostruzione in loco ma al di fuori delle zone di cui all'art.13 con un incremento di volume pari al 15%;
demolizione con trasferimento all'interno dell'art. 13, ad esclusione delle aree incongrue ricomprese fra la battigia e la prima strada parallela al mare, del volume dismesso con un incremento del 5% per interventi di ristrutturazione dei volumi esistenti o per nuova costruzione.
15. Prima dell'approvazione definitiva da parte del Comune il programma è inviato alla Provincia per un parere sugli aspetti ed argomenti di rilevanza sovracomunale.
16. In assenza dei programmi di cui ai precedenti commi 12 e 13 non è consentita alcuna trasformazione, fisica e/o funzionale, degli edifici classificati come colonie, che non siano classificate di interesse storico-testimoniale di complessivo pregio e di limitato pregio architettonico, ad eccezione della manutenzione ordinaria e della demolizione senza ricostruzione.
17. Gli strumenti programmatici relativi agli ambiti di cui al presente articolo possono prevedere motivate rettifiche dei perimetri di tali ambiti, sia per portarli a coincidere con suddivisioni reali rilevabili sul terreno, ovvero su elaborati cartografici in scala maggiore, sia per includervi ulteriori immobili ove ciò consenta di meglio perseguire le finalità e gli obiettivi di cui al precedente comma 12.

Art. 17
Zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua
(modificato dal PTCP di Forlì-Cesena approvato con la deliberazione di Giunta regionale n.1595 del 2001, dalla variante al PTCP di Forlì-Cesena approvato con deliberazione del Consiglio provinciale del 14 settembre 2006, n.68886/146, previa intesa con la Regione Emilia Romagna espressa con la deliberazione della Assemblea legislativa del 26 febbraio 2006, n.1424)
1. Le disposizioni di cui al presente articolo valgono:
a) per le zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua individuate e perimetrate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano;
b) relativamente alle aste principali dei corsi d'acqua lungo i quali tali zone sono indicate nelle predette tavole, nei tratti dove le medesime zone non sono perimetrate, compresi tra la sorgente del corso d'acqua interessato e l'inizio delle perimetrazioni delle predette zone, per una larghezza di 150 metri lineari dai limiti degli invasi ed alvei di piena ordinaria; qualora tali fasce laterali interessino altre zone individuate, delimitate e disciplinate dal presente Piano, valgono comunque le prescrizioni maggiormente limitative delle trasformazioni e delle utilizzazioni.
2. Gli strumenti di pianificazione subregionale di cui all'art. 12 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36, provvedono ad articolare le zone di cui alla precedente lettera a. nonché a definire cartograficamente le zone di tutela per i tratti di cui alla lettera b., fermo restando che qualora le relative perimetrazioni vengano ad interessare altre zone individuate, delimitate e disciplinate dal presente Piano, valgono comunque le prescrizioni maggiormente limitative delle trasformazioni e delle utilizzazioni.
3. Non sono peraltro soggette alle disposizioni di cui ai successivi commi del presente articolo, ancorché ricadenti nelle zone di cui alla lettera a., ovvero nelle fasce laterali di cui alla lettera b., del primo comma, le previsioni dei P.R.G. vigenti alla data di adozione del presente Piano, ricomprese nei seguenti casi:
a) le aree ricadenti nell'ambito del territorio urbanizzato, come tale perimetrato ai sensi del numero 3 del secondo comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47; i Comuni, ove non siano dotati di tale perimetrazione, possono definirla con specifica propria deliberazione alla quale si applicano i disposti di cui ai commi quinto e seguenti dell'articolo 14 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali in zone di completamento, nonché in zone aventi le caratteristiche proprie delle zone C o D ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o ai sensi dell'articolo 2 del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, che siano ricomprese in programmi pluriennali di attuazione alla data di adozione del presente Piano;
c) le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali, vigenti alla data di adozione del presente Piano, in zone aventi le caratteristiche proprie delle zone F o G ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in zone F ai sensi dell'articolo 2 del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
d) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa pubblica, o in piani per l'edilizia economica e popolare, o in piani delle aree da destinare agli insediamenti produttivi, o in piani di recupero di iniziativa pubblica, vigenti alla data di adozione del presente Piano;
e) le aree ricadenti in piani di recupero di iniziativa privata, vigenti alla data di adozione del presente Piano;
f) le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa privata ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in piani di lottizzazione ai sensi della Legge 6 agosto 1967, n. 765, e successive modificazioni ed integrazioni, ove la stipula delle relative convenzioni sia intercorsa in data antecedente a quella di adozione del presente Piano.
4. Per le aree ricadenti nelle zone di cui alla lettera a., ovvero nelle fasce laterali di cui alla lettera b., del primo comma, diverse da quelle di cui al terzo comma, trovano applicazione le prescrizioni di cui ai successivi commi quinto, sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, undicesimo e quattordicesimo e le direttive di cui ai successivi commi dodicesimo, tredicesimo e quindicesimo.
5. Le seguenti infrastrutture ed attrezzature:
a) linee di comunicazione viaria, ferroviaria anche se di tipo metropolitano ed idroviaria;
b) impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di collegamento nonché impianti a rete e puntuali per le telecomunicazioni;
c) invasi ad usi plurimi;
d) impianti per l'approvvigionamento idrico nonché quelli a rete per lo scolo delle acque e opere di captazione e distribuzione delle acque ad usi irrigui;
e) sistemi tecnologici per la produzione di energia idroelettrica e il trasporto dell'energia e delle materie prime e/o dei semilavorati;
f) approdi e porti per la navigazione interna;
g) aree attrezzabili per la balneazione;
h) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico;
sono ammesse nelle aree di cui al quarto comma qualora siano previste in strumenti di pianificazione nazionali, regionali o provinciali. I progetti di tali opere dovranno verificarne oltre alla fattibilità tecnica ed economica, la compatibilità rispetto alle caratteristiche ambientali e paesaggistiche del territorio interessato direttamente o indirettamente dall'opera stessa, con riferimento ad un tratto significativo del corso d'acqua e ad un adeguato intorno, anche in rapporto alle possibili alternative. Detti progetti dovranno essere sottoposti alla valutazione di impatto ambientale, qualora prescritta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali.
6. La subordinazione alla eventuale previsione mediante gli strumenti di pianificazione di cui al quinto comma non si applica alle strade, agli impianti per l'approvvigionamento idrico e per le telecomunicazioni, agli impianti a rete per lo smaltimento dei reflui, ai sistemi tecnologici per la produzione di energia idroelettrica e il trasporto dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al servizio della popolazione di non più di un comune ovvero di parti della popolazione di due comuni confinanti. Nella definizione dei progetti di realizzazione, di ampliamento e di rifacimento delle infrastrutture lineari e degli impianti di cui al presente comma si deve comunque evitare che essi corrano parallelamente ai corsi d'acqua. Resta comunque ferma la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale delle opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali.
7. La pianificazione comunale od intercomunale, sempre alle condizioni e nei limiti derivanti dal rispetto delle altre disposizioni del presente Piano, può localizzare nelle aree di cui al quarto comma:
a) parchi le cui attrezzature siano amovibili e/o precarie, con l'esclusione di ogni opera comportante impermeabilizzazione di suoli;
b) percorsi e spazi di sosta pedonali per mezzi di trasporto non motorizzati;
c) corridoi ecologici e sistemazioni a verde destinabili ad attività di tempo libero;
d) chioschi e costruzioni amovibili e/o precarie per la balneazione nonché depositi di materiali e di attrezzi necessari per la manutenzione di tali attrezzature, esclusivamente nelle aree di cui alla lettera g. del quinto comma del presente articolo;
e) infrastrutture ed attrezzature aventi le caratteristiche di cui al precedente sesto comma.
8. Nelle aree di cui al quarto comma, fermo restando quanto specificato ai commi quinto, sesto e settimo, sono comunque consentiti:
a) qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47;
b) gli interventi nei complessi turistici all'aperto eventualmente esistenti, che siano rivolti ad adeguarli ai requisiti minimi richiesti;
c) il completamento delle opere pubbliche in corso, purché interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
d) l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attività di allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva qualora di nuovo impianto, nonché la realizzazione di strade poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo e alle esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei familiari;
e) la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica montana e di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle stesse;
f) la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate dalla necessità di migliorare la gestione e la tutela dei beni forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento degli incendi, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere.
9. Le opere di cui alle lettere e. ed f. nonché le strade poderali ed interpoderali di cui alla lettera d. dell'ottavo comma non devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e di servizio forestale, qualora interessino proprietà assoggettate a piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove previste in tali piani regolarmente approvati.
10. Nelle aree esondabili e comunque per una fascia di 10 metri lineari dal limite degli invasi ed alvei di piena ordinaria dei laghi, bacini e corsi d'acqua naturali è vietata la nuova edificazione dei manufatti edilizi di cui alle lettere d. ed f. dell'ottavo comma, l'utilizzazione agricola del suolo, i rimboschimenti a scopo produttivo e gli impianti per l'arboricoltura da legno, al fine di favorire il riformarsi della vegetazione spontanea e la costituzione di corridoi ecologici, nonché di consentire gli accessi tecnici di vigilanza, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica, irrigazione e difesa del suolo.
11. Sui complessi industriali e sulle loro pertinenze funzionali, ove i detti complessi ricadano, anche parzialmente, nelle aree di cui al quarto comma, e fossero già insediati in data antecedente al 29 giugno 1989, sono consentiti interventi di ammodernamento, di ampliamento, e/o di riassetto organico, sulla base di specifici programmi di qualificazione e sviluppo aziendale, riferiti ad una dimensione temporale di medio termine. Tali programmi specificano gli interventi previsti di trasformazione strutturale e di processo, ivi compresi quelli volti ad adempiere a disposizioni e/o ad obiettivi di tutela dell'ambiente, nonché i conseguenti adeguamenti di natura urbanistica ed edilizia, facendo riferimento ad ambiti circostanti gli impianti esistenti. Previa approvazione da parte del consiglio comunale dei suddetti programmi, il sindaco ha facoltà di rilasciare i relativi provvedimenti abilitativi in conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia comunale ed in coerenza con i medesimi suddetti programmi.
12. Nelle zone di cui al presente articolo, gli strumenti di pianificazione dei Comuni possono, previo parere favorevole della Provincia, prevedere ampliamenti degli insediamenti esistenti limitatamente all'ambito collinare e montano, ove si dimostri l'esistenza di un fabbisogno locale non altrimenti soddisfacibile e l'assenza di rischio idraulico, purché le nuove previsioni non compromettano elementi naturali di rilevante valore e risultino organicamente coerenti con gli insediamenti esistenti.
13. I Comuni, mediante i propri strumenti di pianificazione, nel rispetto delle eventuali indicazioni degli strumenti di pianificazione infraregionale individuano:
a) i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo, che devono essere trasferiti in aree esterne a tali zone, essendo comunque tali quelli insistenti su aree esondabili, o soggette a fenomeni erosivi;
b) le aree idonee per la nuova localizzazione dei complessi turistici all'aperto di cui alla precedente lettera a. potendosi, se del caso, procedere ai sensi dell'articolo 24 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
c) i complessi turistici all'aperto, insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo, che, in conseguenza dell'insussistenza di aree idonee alla loro rilocalizzazione, possono permanere contro le predette zone di cui al primo comma, subordinatamente ad interventi di riassetto;
d) gli interventi volti a perseguire la massima compatibilizzazione dei complessi turistici all'aperto di cui alla precedente lettera c. con gli obiettivi di tutela delle zone cui ineriscono, dovendo essere in ogni caso previsti: il massimo distanziamento dalla battigia o dalla sponda delle aree comunque interessate dai predetti complessi, e, al loro interno, delle attrezzature di base e dei servizi; l'esclusione dalle aree interessate dai predetti complessi degli elementi di naturalità, anche relitti, eventualmente esistenti; il divieto della nuova realizzazione, o del mantenimento, di manufatti che non abbiano il carattere della precarietà, e/o che comportino l'impermeabilizzazione del terreno, se non nei casi tassativamente stabiliti dalle vigenti disposizioni di legge;
e) gli interventi, da effettuarsi contestualmente ai trasferimenti, od ai riassetti, di cui alle precedenti lettere, di sistemazione delle aree liberate, e volti alla loro rinaturalizzazione;
f) le caratteristiche dimensionali, morfologiche e tipologiche, sia dei complessi turistici all'aperto di nuova localizzazione ai sensi delle precedenti lettere a. e b., che di quelli sottoposti a riassetto ai sensi delle precedenti lettere c. e d.;
g) i tempi entro i quali devono aver luogo le operazioni di trasferimento, ovvero quelle di riassetto, fermo restando che essi: non devono eccedere i cinque anni dall'entrata in vigore delle indicazioni comunali, salva concessione da parte dei Comuni di un ulteriore periodo di proroga, non superiore a due anni, in relazione all'entità di eventuali investimenti effettuati per l'adeguamento dei complessi in questione ai requisiti minimi obbligatori richiesti dalla relativa disciplina, per i complessi insistenti in aree facenti parte del demanio o del patrimonio indisponibile dello Stato, della Regione, della Provincia o del Comune;
sono definiti, non dovendo comunque eccedere i dieci anni, tramite specifiche convenzioni, da definirsi contestualmente alle indicazioni comunali, e da stipularsi tra i Comuni ed i soggetti titolari dei complessi, per i complessi insistenti su aree diverse da quelle di cui sopra.
14. Dalla data di entrata in vigore del presente Piano a quella di entrata in vigore delle disposizioni comunali di cui al precedente comma, nei complessi turistici all'aperto insistenti entro le zone di cui al primo comma del presente articolo sono consentiti esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria, nonché quelli volti ad adeguare i complessi stessi ai requisiti minimi obbligatori richiesti dalla relativa disciplina.
15. Relativamente alle aree di cui al quarto comma, le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
a) l'uso di mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le mulattiere, nonché le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
b) il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
c) le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.

Art. 18
Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua
1. Negli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, valgono le prescrizioni di cui ai successivi commi.
2. Sono ammesse esclusivamente, nel rispetto di ogni altra disposizione di legge o regolamentare in materia, e comunque previo parere favorevole dell'ente od ufficio preposto alla tutela idraulica:
la realizzazione delle opere connesse alle infrastrutture ed attrezzature di cui ai commi quinto, sesto e settimo nonché alle lettere c., e. ed f. dell'ottavo comma, del precedente articolo 17, fermo restando che per le infrastrutture lineari e gli impianti, non completamente interrati, può prevedersi esclusivamente l'attraversamento in trasversale;
il mantenimento, la ristrutturazione e la rilocalizzazione di capanni ed altre attrezzature per la pesca ovvero per il ricovero delle piccole imbarcazioni, purché amovibili e realizzate con materiali tradizionali, solamente qualora previste e disciplinate da strumenti di pianificazione provinciali o comunali od intercomunali, relativi in ogni caso all'intera asta fluviale interessata dalla loro presenza, in maniera da evitare ogni alterazione o compromissione del corso ordinario delle acque, ogni interruzione della normale risalita verso monte del novellame, ogni intralcio al transito dei natanti ed ogni limitazione al libero passaggio di persone e mezzi di trasporto sui coronamenti, sulle banchine e sulle sponde;
la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, nonché di restauro e di risanamento conservativo, dei manufatti edilizi isolati aventi interesse storico-artistico o storico-testimoniale, che siano definiti ammissibili dal piano regolatore generale in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47;
l'effettuazione di opere idrauliche, sulla base di piani, programmi e progetti disposti dalle autorità preposte.
3. Le estrazioni di materiali litoidi negli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua sono disciplinati dall'art. 2 della legge regionale 18 luglio 1991, n. 17. Sono fatti salvi gli interventi necessari al mantenimento delle condizioni di sicurezza idraulica ed a garantire la funzionalità delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione. L'autorità preposta può disporre che inerti eventualmente rimossi, vengano resi disponibili per i diversi usi produttivi, unicamente in attuazione di piani, programmi e progetti finalizzati al mantenimento delle condizioni di sicurezza idraulica conformi al criterio della massima rinaturalizzazione del sistema delle acque superficiali, anche attraverso la regolarizzazione plano-altimetrica degli alvei, la esecuzione di invasi golenali, la rimozione di accumuli di inerti in zone sovralluvionate, ove non ne sia previsto l'utilizzo per opere idrauliche e sia esclusa ogni utilità di movimentazione in alveo lungo l'intera asta fluviale.

Art. 19
Zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale
(modificato dal PTCP di Forlì-Cesena approvato con la deliberazione di Giunta regionale n.1595 del 2001)
1. Non sono soggette alle disposizioni di cui ai successivi commi del presente articolo, ancorchè ricadenti nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale, individuate e perimetrate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano le previsioni dei P.R.G. vigenti alla data di adozione del presente Piano, ricomprese nei seguenti casi:
le aree ricadenti nell'ambito del territorio urbanizzato, come tale perimetrato ai sensi del numero 3 del secondo comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, i Comuni, ove non siano dotati di tale perimetrazione, possono definirla con specifica propria deliberazione alla quale si applicano i disposti di cui ai commi quinto e seguenti dell'articolo 14 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali in zone di completamento, nonché le zone aventi le caratteristiche proprie delle zone C o D ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o ai sensi dell'articolo 2 del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, che siano ricomprese in programmi pluriennali di attuazione alla data di adozione del presente Piano;
le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali, vigenti alla data di adozione del presente Piano, in zone aventi le caratteristiche proprie delle zone F o G ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in zone F ai sensi dell'articolo 2 del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa pubblica, o in piani per l'edilizia economica e popolare, o in piani delle aree da destinare agli insediamenti produttivi, o in piani di recupero di iniziativa pubblica, vigenti alla data di adozione del presente Piano;
le aree ricadenti in piani di recupero di iniziativa privata, vigenti alla data di adozione del presente Piano;
le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa privata ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o in piani di lottizzazione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765, e successive modificazioni ed integrazioni, ove la stipula delle relative convenzioni sia intercorsa in data antecedente a quella di adozione del presente Piano.
2. Nelle aree ricadenti nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale diverse da quelle di cui al precedente primo comma valgono le prescrizioni dettate dai successivi commi terzo, quarto, quinto, sesto, settimo, ottavo e nono, e le direttive di cui al successivo decimo comma.
3. Le seguenti infrastrutture ed attrezzature:
linee di comunicazione viaria, nonché ferroviaria anche se di tipo metropolitano;
impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di collegamento, nonché impianti a rete e puntuali per le telecomunicazioni;
impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti;
sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie prime e/o dei semilavorati;
impianti di risalita e piste sciistiche nelle zone di montagna;
opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico;

sono ammesse nelle aree di cui al secondo comma qualora siano previste in strumenti di pianificazione nazionali, regionali e provinciali ovvero, in assenza di tali strumenti, previa verifica della compatibilità rispetto alle caratteristiche ambientali e paesaggistiche del territorio interessato. I progetti delle opere dovranno in ogni caso rispettare le condizioni ed i limiti derivanti da ogni altra disposizione, del presente Piano ed essere sottoposti alla valutazione di impatto ambientale, qualora prescritta da disposizioni comunitarie, nazionali e regionali.
4. La subordinazione alla eventuale previsione mediante gli strumenti di pianificazione e/o di programmazione di cui al terzo comma non si applica alla realizzazione di strade, impianti per l'approvvigionamento idrico, per lo smaltimento dei reflui e per le telecomunicazioni, per i sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia, che abbiano rilevanza meramente locale, in quanto al servizio della popolazione di non più di un Comune, ovvero di parti della popolazione di due Comuni confinanti, ferma restando la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale delle opere per le quali essa sia richiesta da disposizioni comunitarie, nazionali o regionali.
5. Nelle aree di cui al precedente secondo comma, solamente a strumenti di pianificazione regionali o provinciali compete, alle condizioni e nei limiti derivanti dal rispetto delle altre disposizioni del presente Piano, l'eventuale previsione di:
attrezzature culturali, ricreative e di servizio alle attività del tempo libero;
rifugi e posti di ristoro;
campeggi, nel rispetto delle norme regionali in materia.
6. Soltanto qualora gli edifici esistenti nelle zone considerate non siano sufficienti o idonei per le esigenze di cui alle lettere a. e b. del quinto comma, gli strumenti di pianificazione regionali o provinciali possono prevedere la edificazione di nuovi manufatti, esclusivamente quali ampliamenti di edifici esistenti, ovvero quali nuove costruzioni accorpate con quelle preesistenti, e comunque nel rispetto delle caratteristiche morfologiche, tipologiche, formali e costruttive locali.
7. La pianificazione comunale od intercomunale, sempre alle condizioni e nei limiti derivanti dal rispetto delle altre disposizioni del presente Piano, può definire nelle aree di cui al secondo comma interventi volti a consentire la pubblica fruizione dei valori tutelati attraverso la realizzazione di:
parchi le cui attrezzature, ove non preesistenti, siano mobili od amovibili e precarie;
percorsi e spazi di sosta pedonali e per mezzi di trasporto non motorizzati;
zone alberate di nuovo impianto ed attrezzature mobili od amovibili e precarie in radure esistenti, funzionali ad attività di tempo libero.
8. Nelle aree di cui al precedente secondo comma, fermo restando quanto specificato ai commi terzo, quarto, quinto e settimo, sono comunque consentiti:
qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47;
il completamento delle opere pubbliche in corso, purché interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attività di allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva qualora di nuovo impianto, nonché la realizzazione di strade poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei familiari;
la realizzazione di infrastrutture tecniche di bonifica montana e di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle stesse;
la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile, e simili, di modeste piste di esbosco e di servizio forestale, di larghezza non superiore a 3,5 metri lineari, strettamente motivate dalla necessità di migliorare la gestione e la tutela dei beni forestali interessati, di punti di riserva d'acqua per lo spegnimento degli incendi, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere.
9. Le opere di cui alle lettere d. ed e. nonché le strade poderali ed interpoderali di cui alla lettera c. dell'ottavo comma non devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e di servizio forestale, qualora interessino proprietà assoggettate a piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove previste in tali piani regolarmente approvati.
10. Relativamente alle aree di cui al secondo comma, le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le mulattiere, nonché le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.
11. Nelle zone di cui al presente articolo possono essere individuate, previo parere favorevole dell'ente infraregionale competente, da parte degli strumenti di pianificazione comunali od intercomunali, ulteriori aree a destinazione d'uso extragricola diverse da quelle di cui al settimo comma, oltre alle aree di cui al primo comma, solamente ove si dimostri l'esistenza e/o il permanere di quote di fabbisogno non altrimenti soddisfacibili, nonché la compatibilità delle predette individuazioni con la tutela delle caratteristiche paesaggistiche generali dei siti interessati e con quella di singoli elementi fisici, biologici, antropici di interesse culturale in essi presenti.

Art. 20
Particolari disposizioni di tutela di specifici elementi
1. Sono stabiliti per gli strumenti di pianificazione subregionali i seguenti indirizzi:
devono essere tutelati i crinali, anche non ricadenti nella delimitazione di cui al primo comma del precedente articolo 9, dettando specifiche disposizioni volte a salvaguardarne il profilo ed i coni visuali nonché i punti di vista;
devono essere individuati gli elementi caratterizzanti particolari modalità di infrastrutturazione del territorio (strade, ponti, canali, argini, terrazzamenti e simili), ove presenti nei sistemi, nelle zone e negli elementi di cui al presente titolo, e dettate le relative disposizioni di tutela;
devono essere definite le caratteristiche costruttive, tipologiche e formali coerenti con le tradizioni locali, nel cui rispetto devono essere effettuati gli interventi previsti o consentiti nei sistemi, nelle zone e negli elementi di cui al presente titolo.
2. Fino all'entrata in vigore di strumenti di pianificazione subregionale che provvedano ad individuare i dossi di pianura che, per rilevanza storico-testimoniale e consistenza fisica, costituiscono elementi di connotazione degli ambienti vallivi e di pianura, dettando specifiche disposizioni volte a tutelare le funzioni idrauliche, funzionali e testimoniali, sui dossi di pianura, indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, vale la prescrizione per cui sono vietate le attività che possano alterare negativamente le caratteristiche morfologiche ed ambientali in essere, essendo comunque escluse le attività estrattive.
3. Sui calanchi, indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano, sono consentite esclusivamente le opere e le attività volte al miglioramento dell'assetto idrogeologico, ove non in contrasto con eventuali aspetti naturalistici e paesaggistici, e quelle volte alla conservazione di tali aspetti. La conservazione degli aspetti naturalistici e paesaggistici è comunque preminente e prioritaria per i calanchi ricadenti nel sistema collinare, nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale e nelle zone di tutela naturalistica. Le Province possono provvedere, nell'ambito dei propri strumenti di pianificazione, ad individuare tra i calanchi indicati come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano quelli che, per caratteristiche riscontrate e puntualmente motivate, non debbano essere soggetti alle prescrizioni di cui al presente comma.

TITOLO IV
Zone ed elementi di specifico interesse storico o naturalistico

Art. 21
Zone ed elementi di interesse storico-archeologico
1. Le disposizioni di cui al presente articolo sono finalizzate alla tutela dei beni di interesse storico-archeologico, comprensivi sia delle presenze archeologiche accertate e vincolate ai sensi di leggi nazionali o regionali, ovvero di atti amministrativi o di strumenti di pianificazione dello Stato, della Regione, di enti locali, sia delle presenze archeologiche motivatamente ritenute esistenti in aree o zone anche vaste, sia delle preesistenze archeologiche che hanno condizionato continuativamente la morfologia insediativa.
2. Le tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano delimitano le zone e gli elementi di cui al primo comma, indicandone l'appartenenza alle seguenti categorie:
a. complessi archeologici, cioè complessi di accertata entità ed estensione (abitati, ville, nonché ogni altra presenza archeologica) che si configurano come un sistema articolato di strutture;
b1. aree di accertata e rilevante consistenza archeologica, cioè aree interessate da notevole presenza di materiali, già rinvenuti ovvero non ancora toccati da regolari campagne di scavo, ma motivatamente ritenuti presenti, le quali si possono configurare come luoghi di importante documentazione storica;
b2. aree di concentrazione di materiali archeologici o di segnalazione di rinvenimenti; aree di rispetto o integrazione per la salvaguardia di paleo-habitat, aree campione per la conservazione di particolari attestazioni di tipologie e di siti archeologici; aree a rilevante rischio archeologico;
c. zone di tutela della struttura centuriata, cioè aree estese ed omogenee in cui l'organizzazione della produzione agricola e del territorio segue tuttora la struttura centuriata come si è confermata o modificata nel tempo;
d. zone di tutela di elementi della centuriazione, cioè aree estese nella cui attuale struttura permangono segni, sia localizzati sia diffusi, della centuriazione.
3. Per le zone e gli elementi appartenenti alle categorie di cui alle lettere a., b1. e b2. del secondo comma valgono gli indirizzi di cui ai successivi commi quarto, quinto e sesto, le prescrizioni di cui ai successivi commi settimo, ottavo e nono e le direttive di cui al successivo decimo comma.
4. Le zone e gli elementi di cui al terzo comma possono essere inclusi in parchi regionali o provinciali o comunali, volti alla tutela e valorizzazione sia dei singoli beni archeologici che del relativo sistema di relazioni, nonché di altri valori eventualmente presenti, ed alla regolamentata pubblica fruizione di tali beni e valori.
5. Le misure e gli interventi di tutela e valorizzazione delle zone e degli elementi di cui al terzo comma, nonché gli interventi funzionali allo studio, all'osservazione, alla pubblica fruizione dei beni e dei valori tutelati, sono definiti da piani o progetti pubblici di contenuto esecutivo, formati dagli enti competenti, previa consultazione con la competente Soprintendenza archeologica, ed avvalendosi della collaborazione dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna. Tali piani o progetti possono prevedere, oltre alle attività ed agli interventi di cui al settimo comma, alle condizioni ed ai limiti eventualmente derivanti da altre disposizioni del presente Piano, la realizzazione di attrezzature culturali e di servizio alle attività di ricerca, studio, osservazione delle presenze archeologiche e degli eventuali altri beni e valori tutelati, nonché di posti di ristoro e percorsi e spazi di sosta, ed altresì la realizzazione di infrastrutture tecniche e di difesa del suolo, nonché di impianti tecnici di modesta entità.
6. I piani o progetti di cui al quinto comma possono motivatamente, a seguito di adeguate ricerche, variare la delimitazione delle zone e degli elementi appartenenti alle categorie di cui alle lettere a. e b. del secondo comma, sia nel senso di includere tra le zone e gli di cui alla lettera a. zone ed elementi indicati dal presente Piano appartenenti alle categorie di cui alle lettere b., sia nel senso di riconoscere che zone ed elementi egualmente indicati dal presente Piano appartenenti alle categorie di cui alle lettere b. non possiedono le caratteristiche motivanti tale appartenenza e non sono conseguentemente soggetti alle relative disposizioni.
7. Fino all'entrata in vigore dei piani o progetti di cui al quinto comma, nelle zone e negli elementi compresi nella categoria di cui alla lettera a. del secondo comma sono ammesse soltanto le attività di studio, ricerca, scavo, restauro, inerenti i beni archeologici, nonché gli interventi di trasformazione connessi a tali attività, ad opera degli enti o degli istituti scientifici autorizzati.
8. Fino alla data di cui al precedente comma, nelle zone e negli elementi compresi nella categoria di cui alla lettera b1. del secondo comma, oltre alle attività e trasformazioni ora indicate, e ferme comunque restando eventuali disposizioni più restrittive dettate dalla competente Soprintendenza archeologica, sono ammessi solamente:
l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo, secondo gli ordinamenti colturali in atto all'entrata in vigore del presente Piano ovvero in conformità agli atti di cui al secondo comma del precedente articolo 11 e fermo restando che ogni escavo o aratura dei terreni a profondità superiore a 50 cm deve essere autorizzato dalla competente Soprintendenza archeologica;
gli interventi sui manufatti edilizi esistenti, ivi inclusi quelli relativi alle opere pubbliche di difesa del suolo, di bonifica e di irrigazione, fermo restando che, ove e fino a quando gli strumenti di pianificazione comunali non abbiano definito gli interventi ammissibili sulle singole unità edilizie esistenti in conformità all'articolo 36 e/o al dodicesimo comma dell'articolo 40 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, sono consentiti unicamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro e risanamento conservativo.
9. Fatta salva ogni ulteriore disposizione dei piani o progetti di cui al quinto comma, nelle zone e negli elementi appartenenti alla categoria di cui alla lettera b2. del secondo comma possono essere attuate le previsioni dei vigenti strumenti urbanistici comunali, fermo restando che ogni intervento è subordinato all'esecuzione di sondaggi preliminari, svolti in accordo con la competente Sopraintendenza archeologica, rivolti ad accertare l'esistenza di materiali archeologici e la compatibilità dei progetti di intervento con gli obiettivi di tutela, anche in considerazione della necessità di individuare aree di rispetto o di potenziale valorizzazione e/o fruizione.
10. Relativamente alle zone ed agli elementi di cui al terzo comma, le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le mulattiere, nonché le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purchè venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.
11. Gli elementi caratterizzanti l'impianto storico della centuriazione di cui alle lettere c. e d. del secondo comma sono: le strade; le strade poderali ed interpoderali; i canali di scolo e di irrigazione disposti lungo gli assi principali della centuriazione; i tabernacoli agli incroci degli assi; le case coloniche; le piantate ed i relitti dei filari di antico impianto orientati secondo la centuriazione, nonché ogni altro elemento riconducibile attraverso l'esame dei fatti topografici alla divisione agraria romana.
12. Non sono soggette alle prescrizioni di cui ai successivi commi tredicesimo, quattordicesimo e quindicesimo ancorchè ricadenti nelle zone di cui alle lettere c. e d. del secondo comma:
le aree ricadenti nell'ambito del territorio urbanizzato, come tale perimetrato ai sensi del numero 3 del secondo comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47; i Comuni, ove non siano dotati di tale perimetrazione possono definirla con specifica propria deliberazione alla quale si applicano i disposti di cui ai commi quinto e seguenti dell'articolo 14 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e successive modificazioni ed integrazioni;
le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali in zone di completamento, nonché le zone aventi le caratteristiche proprie delle zone C o D ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o ai sensi dell'articolo 2 del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, che siano ricomprese in programmi pluriennali di attuazione alla data di adozione del presente Piano;
le aree incluse dagli strumenti urbanistici generali, vigenti alla data di adozione del presente Piano, in zone aventi le caratteristiche proprie delle zone F o G ai sensi del quarto comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978 n. 47, e/o in zone F ai sensi dell'articolo 2 del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa pubblica, o in piani per l'edilizia economica e popolare, o in piani delle aree da destinare agli insediamenti produttivi, o in piani di recupero di iniziativa pubblica, vigenti alla data di adozione del presente Piano;
le aree ricadenti in piani di recupero di iniziativa privata, vigenti alla data di adozione del presente Piano;
le aree ricadenti in piani particolareggiati di iniziativa privata ai sensi dell'articolo 25 della legge regionale 7 dicembre 1978, n.47, e/o in piani di lottizzazione ai sensi della legge 6 agosto 1967, n. 765, e successive modificazioni ed integrazioni, ove la stipula delle relative convenzioni sia intercorsa in data antecedente a quella di adozione del presente Piano.
13. Le aree ricadenti nelle zone di cui alle lettere c. e d. del secondo comma, diverse da quelle di cui al dodicesimo comma, hanno di norma destinazione d'uso agricola e sono conseguentemente assoggettate alle prescrizioni relative alle zone agricole dettate dalle leggi regionali e dalla pianificazione regionale, provinciale, comunale, con le ulteriori prescrizioni seguenti:
nelle zone di tutela della morfologia centuriata è fatto divieto di alterare le caratteristiche essenziali degli elementi di cui al comma 11; qualsiasi intervento di realizzazione, ampliamento e rifacimento di infrastrutture viarie e canalizie deve possibilmente riprendere gli analoghi elementi lineari della centuriazione e comunque essere complessivamente coerente con l'organizzazione territoriale;
nelle zone di tutela di elementi della centuriazione valgono le medesime prescrizioni fino a quando gli strumenti di pianificazione provinciale o comunale non abbiano esattamente individuato gli elementi di cui al comma 11 e dettato le prescrizioni per la loro tutela;
ove e fino a quando gli strumenti di pianificazione comunali non abbiano definito gli interventi ammissibili sulle singole unità edilizie esistenti, in conformità all'articolo 36 e/o all'articolo 40 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, sono consentiti unicamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro e risanamento conservativo;
gli interventi di nuova edificazione, sia di annessi rustici che di unità edilizie ad uso abitativo funzionali alle esigenze di addetti all'agricoltura, eventualmente previsti, devono essere coerenti con l'organizzazione territoriale e di norma costituire unità accorpate urbanisticamente e paesaggisticamente con l'edificazione preesistente.
14. Nell'ambito delle aree di cui al precedente tredicesimo comma sono comunque consentiti:
qualsiasi intervento sui manufatti edilizi esistenti, qualora definito ammissibile dal piano regolatore generale in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47;
il completamento delle opere pubbliche in corso, purché interamente approvate alla data di adozione del presente Piano;
l'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e l'attività di allevamento, quest'ultima esclusivamente in forma non intensiva qualora di nuovo impianto, nonché la realizzazione di strade poderali ed interpoderali di larghezza non superiore a 4 metri lineari, di annessi rustici aziendali ed interaziendali e di altre strutture strettamente connesse alla conduzione del fondo ed alle esigenze abitative di soggetti aventi i requisiti di imprenditori agricoli a titolo principale ai sensi delle vigenti leggi regionali ovvero di dipendenti di aziende agricole e dei loro nuclei familiari;
la realizzazione di infrastrutture tecniche di difesa del suolo, di canalizzazioni, di opere di difesa idraulica e simili, nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle stesse;
la realizzazione di impianti tecnici di modesta entità, quali cabine elettriche, cabine di decompressione per il gas, impianti di pompaggio per l'approvvigionamento idrico, irriguo e civile e simili nonché le attività di esercizio e di manutenzione delle predette opere. Sono inoltre ammesse opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico.
15. Le opere di cui alle lettere d. ed e. nonché le strade poderali ed interpoderali di cui alla lettera c. del quattordicesimo comma non devono in ogni caso avere caratteristiche, dimensioni e densità tali per cui la loro realizzazione possa alterare negativamente l'assetto idrogeologico, paesaggistico, naturalistico e geomorfologico degli ambiti territoriali interessati. In particolare le piste di esbosco e di servizio forestale, qualora interessino proprietà assoggettate a piani economici ed a piani di coltura e conservazione, ai sensi della legge regionale 4 settembre 1981, n. 30, possono essere realizzate soltanto ove previste in tali piani regolarmente approvati.
16. Nelle zone di cui alle lettere c. e d. del secondo comma possono essere individuate, previo parere dell'ente infraregionale competente, da parte di strumenti di pianificazione comunali od intercomunali ulteriori aree a destinazione d'uso extra agricola, oltre a quelle di cui al dodicesimo comma, solamente ove si dimostri che l'assetto delle aree interessate risulta:
essere coerenti con l'organizzazione territoriale storica qualora le aree interessate ricadano tra quelle comprese nella categoria di cui alla lettera c. del secondo comma;
garantire il rispetto delle disposizioni dettate a tutela degli individuati elementi della centuriazione, qualora le aree interessate ricadano tra quelle comprese nella categoria di cui alla lettera d. del secondo comma.
17. Le seguenti infrastrutture ed attrezzature:
linee di comunicazione viaria, nonché ferroviaria anche se di tipo metropolitano;
impianti atti alla trasmissione di segnali radiotelevisivi e di collegamento, nonché impianti per le telecomunicazioni;
impianti per l'approvvigionamento idrico e per lo smaltimento dei reflui e dei rifiuti solidi;
sistemi tecnologici per il trasporto dell'energia e delle materie prime e/o dei semilavorati;
sono ammesse nelle zone di cui alle lettere c. e d. del secondo comma, qualora siano previste in strumenti di pianificazione nazionali, regionali o provinciali e si dimostri che gli interventi:
sono coerenti con l'organizzazione territoriale storica, nel caso in cui le aree interessate ricadano tra quelle comprese nella categoria di cui alla lettera c. del secondo comma;
garantiscono il rispetto delle disposizioni dettate a tutela degli individuati elementi della centuriazione nel caso in cui le aree interessate ricadano tra quelle comprese nella categoria di cui alla lettera d. del secondo comma.

Art. 22
Insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane
1. L'elenco delle località descritte nell'allegato di cui alla lettera i. dell'articolo 3 ed indicate con appositi simboli nelle tavole contrassegnate con il numero 1 del presente Piano costituisce un primo inventario di elementi del sistema insediativo storico del territorio regionale. Per tali località valgono gli indirizzi di cui al successivo secondo comma, le direttive di cui ai successivi commi terzo, quarto e quinto, le prescrizioni di cui al successivo comma sesto.
2. I Comuni sono tenuti ad approfondire l'analisi del sistema insediativo storico del proprio territorio, dettando una specifica disciplina in conformità alle disposizioni degli articoli 33 e 36 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47.
3. I Comuni nel cui ambito ricadono località indicate nell'elenco di cui al primo comma, ove non le abbiano già individuate, definendone l'esatta perimetrazione, nel proprio piano regolatore generale, ai sensi dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, provvedono ad approfondire lo studio del proprio territorio, assumendo le indicazioni fornite dal predetto elenco, al fine di verificare la sussistenza degli insediamenti urbani storici, ovvero delle strutture insediative storiche non urbane, ivi indicate, e procedendo, coerentemente a dette verifiche, alla conseguente perimetrazione, anche avvalendosi della collaborazione dell'Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.
4. I medesimi Comuni, ove non siano dotati di piano regolatore generale entrato in vigore in data successiva al 26 dicembre 1978, e comunque con riferimento agli insediamenti urbani storici e/o alle strutture insediative storiche non urbane individuate e perimetrate a norma del precedente comma per le quali non sia già vigente la disciplina particolareggiata di cui all'articolo 36 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, provvedono a dettare, esclusivamente attraverso il proprio piano regolatore generale od attraverso variante generale dello stesso, la predetta disciplina particolareggiata. Gli interventi di cui alla lettera A4 dell'articolo 36 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, possono essere previsti soltanto se coerenti con le regole dell'urbanizzazione storica, come desumibili dalla cartografia storica e dalla lettura critica del tracciato dei lotti, degli isolati, della rete stradale e degli altri elementi testimoniali.
5. I provvedimenti di definizione delle perimetrazioni richiesti dal terzo comma, costituendo varianti al P.R.G., sono approvati ai sensi dell'art. 14 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47.
6. Fino a quando non siano stati approvati i provvedimenti richiesti dal terzo comma, nelle località di cui al primo comma, con riferimento all'intero perimetro dei centri abitati interessati, sono consentiti unicamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di restauro e risanamento conservativo, ed i mutamenti d'uso consentiti devono essere in ogni caso autorizzati, non valendo quanto disposto dall'articolo 26 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Successivamente all'approvazione della perimetrazione le medesime limitazioni valgono all'interno della perimetrazione stessa fino a quando non sia vigente la disciplina particolareggiata di cui al quarto comma.

Art. 23
Zone di interesse storico-testimoniale
1. Quali zone di interesse storico-testimoniale il presente Piano disciplina:
il sistema dei terreni interessato dalle "partecipanze" individuate e delimitate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano;
le aree interessate alle "partecipanze" anche se non individuate e delimitate nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano;
i terreni agricoli interessati da bonifiche storiche di pianura;
le aree assegnate alle università agrarie, comunalie, comunelli e simili e le zone gravate da usi civici, non individuate e delimitate nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano.
2. Le Province ed i Comuni provvedono con i propri strumenti di pianificazione a disciplinare le aree ed i terreni di cui al primo comma previa perimetrazione di quelli di cui alle lettere b., c. e d., nel rispetto dei seguenti indirizzi:
le aree ed i terreni predetti sono di norma assoggettati alle disposizioni relative alle zone agricole dettate dalle leggi regionali e dalla pianificazione regionale, provinciale, comunale, alle condizioni e nei limiti derivanti dalle ulteriori disposizioni seguenti;
va evitata qualsiasi alterazione delle caratteristiche essenziali degli elementi dell'organizzazione territoriale; qualsiasi intervento di realizzazione di infrastrutture viarie, canalizie e tecnologiche di rilevanza non meramente locale deve essere previsto in strumenti di pianificazione e/o programmazione nazionali, regionali o provinciali e deve essere complessivamente coerente con la predetta organizzazione territoriale;
gli interventi di nuova edificazione devono essere coerenti con l'organizzazione territoriale e di norma costituire unità accorpate urbanisticamente e paesaggisticamente con l'edificazione preesistente.

Art. 24
Elementi di interesse storico-testimoniale
1. Sono stabiliti gli indirizzi di cui ai seguenti commi.
2. È fatto obbligo agli strumenti di pianificazione, di attuazione della pianificazione, di programmazione, regionali e subregionali, di individuare e di sottoporre a specifiche prescrizioni di tutela la viabilità storica. Si considera viabilità storica quella che risulta individuata nella cartografia del primo catasto dello stato nazionale per la parte più propriamente urbana, nonché quella individuata nella cartografia I.G.M. di primo impianto per la parte extraurbana. Detta viabilità, comprensiva degli slarghi e delle piazze urbane, non può essere soppressa nè privatizzata o comunque alienata o chiusa salvo che per motivi di sicurezza e di pubblica incolumità. La viabilità storica urbana, comprensiva degli slarghi e delle piazze, ricadente nelle zone A e B dei piani regolatori generali, è regolata dalla disciplina particolareggiata prevista nei medesimi piani per le zone storiche, con particolare riferimento alla sagoma ed ai tracciati. La viabilità storica extraurbana va tutelata sia per quanto concerne gli aspetti strutturali sia per quanto attiene l'arredo e le pertinenze.
3. È fatto altresì obbligo agli strumenti di pianificazione, di attuazione della pianificazione, di programmazione, regionali e subregionali, di individuare la viabilità panoramica e di definire le relative misure di protezione da osservarsi nella edificazione al di fuori del perimetro dei centri abitati. In via di prima applicazione il presente Piano individua, quale viabilità panoramica di interesse regionale, i tratti indicati nell'elenco di cui alla lettera h. del precedente articolo 3.
4. È fatto obbligo ai Comuni di individuare nei propri piani regolatori generali e di sottoporre a specifiche prescrizioni, ove rivestano interesse storico-testimoniale, strutture quali: teatri storici; sedi comunali; giardini e ville comunali; stazioni ferroviarie; cimiteri; ville e parchi; sedi storiche, politiche, sindacali o associative, assistenziali, sanitarie e religiose; colonie e scuole; negozi, botteghe e librerie storiche; mercati coperti; edicole; fontane e fontanelle; edifici termali ed alberghieri di particolare pregio architettonico; architetture tipiche della zona; opifici tradizionali; architetture contadine tradizionali; fortificazioni; ponti e navili storici; manufatti idraulici quali chiuse, sbarramenti, molini, centrali idroelettriche, lavorieri, acquedotti, argini, canali e condotti; alvei abbandonati.

Art. 25
Zone di tutela naturalistica
1. Le zone di tutela naturalistica, indicate e delimitate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, devono essere disciplinate dagli strumenti di pianificazione provinciali o comunali, con l'osservanza degli indirizzi di cui al successivo secondo comma. Valgono inoltre per tali zone le direttive di cui al successivo quinto comma e le prescrizioni di cui ai successivi commi terzo e quarto.
2. Le disposizioni degli strumenti di pianificazione di cui al primo comma sono finalizzate alla conservazione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della flora e della fauna, attraverso il mantenimento e la ricostituzione di tali componenti e degli equilibri naturali tra di essi, nonché attraverso il mantenimento delle attività produttive primarie compatibili ed una controllata fruizione collettiva per attività di studio, di osservazione, escursionistiche e ricreative. A tal fine i predetti strumenti individuano, nell'ambito di dette zone, le aree di maggior valenza naturalistica, da destinare a riserve naturali e/o ad aree protette, e quelle in cui l'attività agricola e la presenza antropica sono esistenti e compatibili, e definiscono:
gli interventi e le attività finalizzate alla conservazione od al ripristino delle componenti naturali e dei relativi equilibri;
le infrastrutture e le attrezzature finalizzate alla vigilanza ed alla fruizione collettiva delle predette componenti, quali percorsi e spazi di sosta, individuando quelli eventualmente utilizzabili da mezzi di trasporto motorizzati, rifugi e posti di ristoro, nonché i limiti e le condizioni di tale fruizione; l'installazione delle predette attrezzature, sia fisse che amovibili o mobili, può essere prevista solamente ove sia compatibile con le finalità di conservazione, sia strettamente necessaria all'esplicazione delle funzioni di vigilanza ovvero alla tutela dei fruitori, e gli edifici e le strutture eventualmente esistenti, di cui non si debba prevedere la demolizione a scopi ripristinatori, e da destinarsi prioritariamente a tali utilizzazioni, siano assolutamente insufficienti;
le opere strettamente necessarie al soddisfacimento dei fabbisogni idropotabili;
le aree appositamente attrezzate in cui sono consentiti il bivacco e l'accensione di fuochi all'aperto;
gli interventi ammissibili sugli edifici esistenti, che non debbano essere demoliti a scopi ripristinatori, in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47; tali edifici possono essere destinati all'esplicazione delle funzioni di vigilanza nonché a funzioni ricettive connesse con la fruizione collettiva della zona;
l'eventuale esercizio dell'ordinaria utilizzazione del suolo a scopo colturale, delle attività zootecniche ed itticole, di tipo non intensivo qualora di nuovo impianto, delle attività di produzione di sale marino;
l'eventuale nuova edificazione di manufatti edilizi, anche ad uso abitativo, strettamente funzionale allo svolgimento delle attività di cui alla precedente lettera f., e comunque nel rispetto delle tipologie costruttive locali prevalenti e nei limiti derivanti dalla conformazione morfologica dei luoghi e dal prioritario obiettivo della salvaguardia dei beni tutelati;
le infrastrutture strettamente necessarie allo svolgimento delle attività di cui alla precedente lettera f., individuando i percorsi e gli spazi di sosta eventualmente utilizzabili da mezzi di trasporto motorizzati, e dettando per questi ultimi le disposizioni volte a garantire le opportune limitazioni e/o regolamentazioni all'utilizzazione da parte di tali mezzi di trasporto;
la gestione dei boschi e delle foreste, nel rispetto di quanto disposto all'undicesimo comma dell'articolo 10, salva la determinazione di prescrizioni più restrittive;
le forme, le condizioni ed i limiti della raccolta e dell'asportazione delle specie floristiche spontanee, ivi compresi i cosiddetti prodotti del sottobosco;
le forme, le condizioni ed i limiti dell'esercizio dell'attività venatoria, fermo restando che non deve essere comunque previsto l'aumento dell'entità delle aree, comprese nelle zone di cui al presente articolo, in cui fosse consentito a qualsiasi titolo l'esercizio di tale attività alla data di adozione del presente Piano;
interventi per l'adeguamento ed il consolidamento di infrastrutture di bonifica, di irrigazione e di difesa del suolo esistenti, nonché interventi di miglioramento e adeguamento in sede per le infrastrutture stradali e ferroviarie esistenti. Eventuali modifiche di tracciato dettate da motivi di sicurezza e/o per la salvaguardia della salute da elevati tassi di inquinamento acustico ed atmosferico potranno essere consentite subordinatamente alla predisposizione di progetti di inserimento paesaggistico e minimizzazione degli impatti che prevedano anche la possibilità di recupero ambientale dei tratti dismessi.
3. Fino all'entrata in vigore degli strumenti di pianificazione di cui al primo comma, nelle zone di cui al presente articolo sono consentite esclusivamente le attività e le trasformazioni seguenti:
le attività di vigilanza e quelle di ricerca scientifica, studio ed osservazione finalizzate alla formazione degli strumenti di pianificazione;
gli interventi di manutenzione ordinaria nonché quelli volti ad evitare pericoli di crollo imminente sui manufatti edilizi esistenti;
i mutamenti dell'uso di manufatti edilizi esistenti volti ad adibirli all'esplicazione delle funzioni di vigilanza, ovvero a funzioni di ricerca scientifica, studio ed osservazione;
la manutenzione ed il ripristino, se del caso anche secondo tracciati parzialmente diversi e più coerenti con le caratteristiche da tutelare dei siti interessati, delle infrastrutture indispensabili al proseguimento dell'utilizzazione degli edifici e degli altri manufatti edilizi esistenti nonché delle infrastrutture di bonifica, di irrigazione e di difesa del suolo;
l'esercizio dell'ordinaria utilizzazione agricola del suolo e dell'attività zootecnica sui suoli già adibiti a tali utilizzazioni, essendo comunque vietati i cambiamenti di destinazione produttiva che comportino la conversione del bosco, dei prati pascoli e dei prati stabili in altre qualità di coltura, nonché gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di ristrutturazione degli edifici esistenti connessi all'attività agricola;
l'esercizio delle attività itticole nonché delle attività di produzione di sale marino, esclusivamente entro i limiti dei siti in cui tali attività siano già in atto alla data di adozione del presente Piano;
la gestione dei boschi e delle foreste, nel rispetto di quanto disposto all'undicesimo comma dell'articolo 10;
la raccolta e l'asportazione delle specie floristiche spontanee, nelle forme, nelle condizioni e nei limiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari;
l'esercizio dell'attività venatoria entro i limiti delle aree in cui fosse consentito alla data di adozione del presente Piano; è comunque fatto divieto di modificare in riduzione, revocare o non rinnovare le zone di ripopolamento e cattura e le oasi di riproduzione della fauna istituite, alla medesima data, ai sensi delle vigenti disposizioni regionali per la disciplina dell'attività venatoria;
le attività escursionistiche;
gli interventi di spegnimento degli incendi e fitosanitari.
4. Nelle zone di cui al primo comma, non possono in alcun caso essere consentiti o previsti l'esercizio di attività suscettibili di danneggiare gli elementi geologici o mineralogici, né l'introduzione in qualsiasi forma di specie animali selvatiche e vegetali spontanee non autoctone.
5. Relativamente alle zone di cui al presente articolo, le pubbliche autorità competenti sono tenute ad adeguare, entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente Piano, i propri atti amministrativi regolamentari alle seguenti direttive:
l'uso dei mezzi motorizzati in percorsi fuori strada, ivi compresi i sentieri e le mulattiere, nonché le strade poderali ed interpoderali e le piste di esbosco e di servizio forestale, è consentito solamente per i mezzi necessari alle attività agricole, zootecniche e forestali, nonché per l'esecuzione, l'esercizio, l'approvvigionamento e la manutenzione di opere pubbliche e di pubblica utilità, di rifugi, bivacchi, posti di ristoro, strutture per l'alpeggio, annessi rustici ed eventuali abitazioni, qualora non siano altrimenti raggiungibili i relativi siti, ed infine per l'espletamento delle funzioni di vigilanza, di spegnimento di incendi, ed in genere di protezione civile, di soccorso e di assistenza sanitaria e veterinaria;
il divieto di passaggio dei predetti mezzi motorizzati nei sentieri, nelle mulattiere, nelle strade poderali ed interpoderali, nelle piste di esbosco e di servizio forestale, è reso noto al pubblico mediante l'affissione di appositi segnali;
le pubbliche autorità competenti possono altresì disporre l'installazione di apposite chiudende, purché venga garantito il passaggio ai soggetti aventi diritto.

PARTE III
PARTICOLARI TUTELE DELL'INTEGRITA' FISICA DEL TERRITORIO

TITOLO V
Limitazioni delle attività di trasformazione e d'uso derivanti dall'instabilità o dalla permeabilità dei terreni

Art. 26
Zone ed elementi caratterizzati da fenomeni di dissesto e instabilità
1. Le prescrizioni di cui ai commi quarto e seguenti del presente articolo si riferiscono a zone ed elementi indicati e delimitati, con le denominazioni di seguito riportate, nelle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano, e sono immediatamente operanti.
2. Le delimitazioni delle zone e degli elementi caratterizzati da fenomeni di dissesto e instabilità effettuate da strumenti di pianificazione subregionali relativi a tutto l'ambito di competenza dell'ente pubblico territoriale interessato, e basate su adeguate analisi geologiche che, tra l'altro, abbiano specificamente motivato le difformità dalle delimitazioni di cui alle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano, sostituiscono, dal momento della loro entrata in vigore, le predette delimitazioni di cui alle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano.
3. I progetti di opere pubbliche, nazionali, regionali e subregionali, eventualmente difformi dalle prescrizioni di cui al primo comma, devono essere suffragati da specifiche analisi geologiche comprovanti l'insussistenza delle condizioni di dissesto e di instabilità evidenziate dalle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano.
4. Nelle zone individuate come frane recenti, frane di crollo, colate di fango recenti, non è consentito alcun intervento di nuova edificazione, ivi compresa la realizzazione di infrastrutture. In tali zone sono consentiti gli interventi di sistemazione, bonifica e regimazione delle acque superficiali e sotterranee, volti al consolidamento delle aree in dissesto. Le pratiche colturali eventualmente in atto devono essere coerenti con il riassetto idrogeologico delle aree interessate ed essere corredate dalle necessarie opere di regimazione idrica superficiale.
5. Sugli edifici eventualmente esistenti nelle aree individuate come frane attive in movimento sono consentite esclusivamente opere temporanee di consolidamento strutturale di emergenza degli edifici lesionati, a soli fini di salvaguardia della pubblica incolumità.
6. Le prescrizioni di cui ai commi quarto e quinto sono estese a tutte le zone di possibile ulteriore evoluzione del fenomeno franoso, cioè al perimetro sotteso alla zona di accumulo, nonchè al limite di eventuale massima invasione di blocchi rocciosi per frane di crollo.
7. Nelle zone individuate come frane antiche valgono le medesime prescrizioni di cui al quarto comma, fatta eccezione per quelle già interessate da insediamenti urbani stabili e da infrastrutture extraurbane o rurali. In tali zone sono ammessi interventi di completamento, nonché nuove edificazioni di modesta entità ed opere pubbliche di cui sia dimostrata la necessità o l'impossibilità di alternative. Tutti i nuovi interventi sono subordinati ad una verifica complessiva volta a dimostrare la non influenza negativa sulle condizioni di stabilità del versante e di rischio per la pubblica incolumità.
8. In adiacenza alle scarpate di terrazzi fluviali ed alle scarpate rocciose non è consentito alcun intervento di nuova edificazione, ivi compresa la realizzazione di infrastrutture, a partire dall'orlo superiore delle scarpate e per una fascia di larghezza non inferiore all'altezza delle scarpate sottese. In presenza di terreni incoerenti o di rocce intensamente fratturate la larghezza della fascia deve essere estesa da due a tre volte l'altezza delle scarpate sottese e comunque rapportata alle condizioni fisico-meccaniche e di giacitura delle litologie presenti. In particolare tali prescrizioni, per le zone classificate sismiche, valgono fino all'emanazione dei criteri ed indirizzi di cui alle lettere e) ed f) dell'articolo 6 ed all'articolo 10 della legge regionale 19 giugno 1984, n. 35.

Art. 27
Zone ed elementi caratterizzati da potenziale instabilità
1. Per le aree a potenziale movimento di massa, indicate come tali nelle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano, valgono i seguenti indirizzi:
l'utilizzazione di tali aree a scopo di nuova edificazione, ivi compresa la realizzazione di infrastrutture, anche ove le aree interessate non presentino tracce evidenti di movimenti franosi, è da evitare a causa della fragilità strutturale intrinseca o indotta dei versanti;
ogni previsione degli strumenti di pianificazione che interessi tali aree, direttamente od indirettamente, deve essere specificamente e dettagliatamente motivata.
2. Le delimitazioni delle aree a potenziale movimento di massa di cui alle tavole contrassegnate dal numero 3 del presente Piano possono essere modificate con le medesime modalità di cui al secondo comma del precedente articolo 26.

Art. 28
Zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei
1. Nelle zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei, caratterizzate da elevata permeabilità dei terreni con ricchezza di falde idriche, ricomprese nel perimetro definito nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano, od in tale perimetro intercluse, vale la prescrizione per cui, fermi restando i compiti di cui al D.P.R. 24 maggio 1988, n. 236, sono vietati:
gli scarichi liberi sul suolo e nel sottosuolo di liquidi e di altre sostanze di qualsiasi genere o provenienza con la sola eccezione della distribuzione agronomica del letame e delle sostanze ad uso agrario, nonchè dei reflui trattati provenienti da civili abitazioni, o da usi assimilabili che sono consentiti nei limiti delle relative disposizioni statali e regionali;
il lagunaggio dei liquami prodotti da allevamenti zootecnici al di fuori di appositi lagoni di accumulo impermeabilizzati con materiali artificiali, i quali ultimi sono comunque esclusi nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua;
la ricerca di acque sotterranee e l'escavo di pozzi, nei fondi propri od altrui, ove non autorizzati dalle pubbliche autorità competenti ai sensi dell'articolo 95 del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775;
la realizzazione e l'esercizio di nuove discariche per lo smaltimento dei rifiuti di qualsiasi genere e provenienza, con l'esclusione delle discariche di prima categoria e di seconda categoria tipo a), di cui al D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, nonchè di terre di lavaggio provenienti dagli zuccherifici, nel rispetto delle disposizioni statali e regionali in materia;
l'interramento, l'interruzione o la deviazione delle falde acquifere sotterranee, con particolare riguardo per quelle alimentanti acquedotti per uso idropotabile.
2. Gli strumenti di pianificazione subregionali sono tenuti ad individuare le zone interessate da sorgenti naturali, da risorgive, o da acquiferi carsici ed a dettare le relative disposizioni volte a tutelarne l'integrità e gli aspetti ambientali e vegetazionali.

Art. 29
Abitati da consolidare o da trasferire
1. Per gli abitati dichiarati da consolidare ai sensi della legge 9 luglio 1908, n. 445, compresi nell'elenco di cui alla lettera l. del precedente articolo 3, elenco che si intende aggiornato alle modifiche introdotte da specifici provvedimenti regionali, e per tutti gli abitati, non rientranti in tale elenco, ma interessati da interventi pubblici di consolidamento, valgono le prescrizioni di cui ai successivi commi secondo, terzo e quarto.
2. Per gli abitati di cui al primo comma, l'ambito di consolidamento è definito mediante una perimetrazione, approvata dalla Regione, che comprende: le zone dissestate, le zone di possibile ulteriore evoluzione dei dissesti, le aree contermini costituenti fasce di rispetto. Con tale perimetrazione vanno altresì definiti gli utilizzi ammissibili e le limitazioni relative agli interventi edilizi e alle pratiche agricolo-forestali.
3. All'interno della perimetrazione, compatibilmente con gli utilizzi ammissibili e le limitazioni di cui al secondo comma, nonché con le condizioni geomorfologiche e con le esigenze di riassetto idrogeologico del sito, nel rispetto delle prescrizioni e degli indirizzi di cui ai precedenti articoli 26 e 27, nonché secondo le vigenti procedure e norme tecniche di cui alla legge 2 febbraio 1974, n. 64, e successive modifiche ed integrazioni, gli strumenti di pianificazione comunale, nell'ambito di un quadro organico di destinazioni d'uso ammissibili, possono prevedere solo interventi di:
consolidamento strutturale, manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione, nonché ampliamento non superiore al 20% del volume esistente;
nuova edificazione in singoli lotti di completamento, ricompresi all'interno del perimetro del territorio urbanizzato come definito all'art. 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, e/o come tali classificati dallo strumento urbanistico, purché strettamente contigui a centri o nuclei esistenti, e nuova edificazione di edifici a servizio dell'attività agricola.
4. Negli abitati dichiarati da consolidare ai sensi della legge 9 luglio 1908, n. 445, fino all'approvazione della perimetrazione con relative norme di cui al secondo comma, sono ammessi solo gli interventi di cui alla lettera a. del terzo comma, purché non in contrasto con le prescrizioni di cui all'articolo 26.
5. Negli abitati dichiarati da trasferire ai sensi della legge 9 luglio 1908, n. 445, compresi nell'elenco di cui alla lettera l. del precedente articolo 3, elenco che si intende aggiornato dalle modifiche introdotte da specifici provvedimenti regionali, sono ammesse esclusivamente opere temporanee di consolidamento strutturale di emergenza degli edifici lesionati, ai soli fini di salvaguardia della pubblica incolumità.

PARTE IV
DISPOSIZIONI INTEGRATIVE E FINALI


TITOLO VI
Specifiche modalità di gestione e valorizzazione

Art. 30
Parchi nazionali e regionali
1. Il presente Piano recepisce i parchi nazionali e indica, nelle tavole contrassegnate dal numero 1:
le perimetrazioni dei parchi regionali istituiti per effetto del primo comma dell'articolo 3 della legge regionale 2 aprile 1988, n. 11, e della legge regionale 2 luglio 1988, n. 27;
le perimetrazioni di altre aree da destinarsi a parchi regionali e di alcune aree da destinare a riserve naturali, ai sensi della lettera b. del primo comma dell'articolo 4 della citata legge regionale 2 aprile 1988, n. 11;
possono essere istituite altre riserve naturali secondo le procedure della legge regionale 2 aprile 1988, n. 11 qualora presentino caratteristiche e contenuti ambientali, ecologici e naturalistici di importanza regionale.
2. I piani territoriali dei parchi devono espletare i compiti di cui all'art. 6 della legge regionale 2 aprile 1988, n. 11 ed in tale senso possono prevedere motivate modifiche delle perimetrazioni di cui al primo comma del presente articolo, nonché degli azzonamenti al loro interno contenuti, nel rispetto dei complessivi obiettivi e finalità di tutela e di fruizione controllata degli ambiti interessati.
Fino all'approvazione dei piani territoriali dei parchi nell'ambito dei perimetri di cui al presente articolo si applicano gli indirizzi, le direttive e le prescrizioni del presente Piano relativi ai sistemi, alle zone ed agli elementi in detti ambiti ricompresi.

Art. 31
Gestione di zone ed elementi di interesse storico-archeologico non comprese in parchi regionali
1. La Regione, le Province ed i Comuni, singoli od associati, possono prevedere di gestire la tutela e l'utilizzazione delle zone e degli elementi di interesse storico-archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere a. e b1. del secondo comma del precedente articolo 21, non compresi negli ambiti di cui all'articolo 30, nel rispetto delle prescrizioni del presente Piano, sia direttamente sia attraverso enti od istituti pubblici od a partecipazione pubblica, sia stipulando apposite convenzioni con associazioni od organizzazioni culturali. In tale ultimo caso le predette convenzioni devono definire, tra l'altro, le modalità di gestione con particolare riferimento ai modi ed ai limiti di fruizione dei beni interessati da parte della collettività, garantendosi comunque che tali limiti siano posti in esclusiva funzione della tutela dei beni suddetti nonché all'assolvimento degli obblighi di conservazione e vigilanza.

Art. 32
Progetti di tutela, recupero e valorizzazione ed "aree studio"
1. La Regione, le Province ed i Comuni provvedono a definire, nell'ambito delle rispettive competenze, mediante i propri strumenti di pianificazione, o di attuazione della pianificazione, progetti di tutela, recupero e valorizzazione riferiti, in prima istanza ed in via esemplificativa, agli ambiti territoriali a tal fine perimetrati nelle tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano ed in genere a: parchi fluviali e lacustri; sistemi delle dune dei paleoalvei fluviali; parchi-museo didattici delle tecniche di coltivazione e della civiltà contadina; parchi-museo didattici dei sistemi idraulici derivati e dell'archeologia industriale; il complesso delle aree demaniali; le aree gravate da usi civici; il recupero delle aree verdi; aree ed edifici delle colonie marine; il recupero di strutture insediative storiche non urbane.
2. I progetti relativi agli ambiti di cui al comma precedente possono prevedere motivate modifiche dei perimetri di tali ambiti e provvedono, tra l'altro, a specificare le disposizioni dettate dal presente Piano per le zone e gli elementi che ricadono nei perimetri predetti.
3. La Regione provvede, con atti riferiti alle vigenti disposizioni di legge nazionali e regionali, alla più precisa individuazione dei criteri, delle modalità e delle risorse per la definizione e l'attuazione dei progetti di cui al primo comma.
4. Le tavole contrassegnate dal numero 1 del presente Piano perimetrano altresì delle "aree studio" ritenute meritevoli di approfondita valutazione in funzione degli obiettivi di cui al precedente articolo 1. Gli strumenti di pianificazione infraregionali e/o comunali, qualora l'area ricada interamente nel territorio di competenza, sono tenuti ad analizzare con particolare attenzione le caratteristiche delle predette aree, ed a dettare per esse disposizioni coerenti con le predette finalità ed i predetti obiettivi.

TITOLO VII
Disposizioni finali

Art. 33
Divieto di installazioni pubblicitarie
1. Nel sistema forestale e boschivo, nelle zone di salvaguardia della morfologia costiera, nelle zone di tutela della costa e dell'arenile, nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, negli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale, nelle zone ed elementi di interesse storico-archeologico, nelle zone di tutela naturalistica, vale la prescrizione per cui è vietata, all'esterno della perimetrazione del territorio urbanizzato di cui al numero 3) del secondo comma dell'articolo 13 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, l'installazione di pannelli pubblicitari, permanenti o provvisori, ad eccezione delle insegne e delle indicazioni segnalabili relative alle attività produttive e ai servizi pubblici e privati ivi esistenti, nonché delle indicazioni segnalabili aventi finalità turistica locale.
2. I Comuni provvedono, anche attraverso appositi piani di arredo urbano, a disciplinare l'installazione delle insegne nonché dei cartelli stradali e pubblicitari.

Art. 34
Tutela dei corsi d'acqua non interessati dalle delimitazioni del presente Piano
1. Le disposizioni relative alle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, di cui al precedente articolo 17, valgono altresì, per le aste principali dei corsi d'acqua enumerati nell'elenco di cui alla lettera m. del precedente articolo 3:
nelle fasce di rispetto delimitate, ai sensi dell'articolo 33 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, in piani comprensoriali stralcio approvati od adottati;
nelle fasce laterali, per una larghezza di 50 metri nel territorio delle Comunità montane e di 100 metri nei restanti territori, dalle relative sponde o piedi degli argini, laddove non siano state delimitate, ai sensi dell'articolo 33 della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, le relative fasce di rispetto in piani comprensoriali stralcio approvati.
2. Quanto disposto al primo comma vale fino alla data di approvazione di strumenti di pianificazione subregionale, di cui all'articolo 12 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36, che definiscano le fasce di tutela dei corsi d'acqua.
3. Le disposizioni relative agli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua, di cui al precedente articolo 18, valgono altresì per gli ambienti, chiaramente individuabili come tali in conseguenza delle loro caratteristiche fisiche distintive, relativi a tutti i corsi d'acqua classificati fiumi, torrenti -ricomprendendo in tale dizione anche i rii- e canali, della carta tecnica regionale. Gli strumenti di pianificazione subregionali provvedono, in occasione della loro formazione o del loro adeguamento, a perimetrare esattamente gli ambiti predetti.
4. La Regione, entro un anno dall'entrata in vigore del presente Piano, sentite le Provincie, il Circondario di Rimini e le Assemblee dei Comuni corrispondenti agli ambiti territoriali n. 23 e n. 39 di cui alla legge regionale 29 agosto 1979, n. 28, provvede all'individuazione ed alla classificazione del sistema della idrografia superficiale del territorio regionale.

Art. 35
Particolari prescrizioni relative alle attività estrattive
1. Nelle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, nelle zone di salvaguardia della morfologia costiera, nelle zone di tutela della costa e dell'arenile, nelle zone di interesse storico- archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere a. e b1. del secondo comma dell'art. 21, nelle zone di tutela naturalistica, nonché nel sistema forestale e boschivo nei casi in cui il bosco presenti le caratteristiche di cui al secondo comma, lettera g, dell'articolo 31 della legge regionale 18 luglio 1991, n. 17, non sono ammesse attività estrattive.
2. I piani infraregionali delle attività estrattive di cui all'articolo 6 della legge regionale 18 luglio 1991, n. 17, disciplinano l'attività estrattiva nel rispetto delle finalità e delle disposizioni del presente Piano, nonché della direttiva per cui soltanto qualora sia documentatamente e motivatamente valutato non altrimenti soddisfacibile lo stimato fabbisogno dei diversi materiali i predetti strumenti di pianificazione possono prevedere attività estrattive nel sistema dei crinali, eccettuati comunque i terreni siti ad altezze superiori ai 1.200 metri, nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d'acqua, nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale, nelle zone di interesse storico-archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere c. e d. del secondo comma dell'articolo 21, nelle zone di interesse storico-testimoniale di cui al primo comma dell'articolo 23. Tali piani possono altresì prevedere attività estrattive di tipo artigianale relative alla pietra da taglio per la realizzazione di bozze, lastre ed elementi architettonici nelle zone di tutela naturalistica e nei terreni siti a quote superiori a 1200 metri, a condizione che sia motivatamente dichiarato non altrimenti soddisfacibile lo stimato fabbisogno del sopracitato materiale e che tali scelte pianificatorie siano corredate da uno specifico studio di bilancio ambientale ai sensi dei commi 6 e 7 della legge regionale 18 luglio 1991, n. 17.
3. Nelle zone di riqualificazione della costa e dell'arenile, nelle zone di salvaguardia della morfologia costiera, nelle zone di tutela della costa e dell'arenile, nelle zone di interesse storico- archeologico appartenenti alle categorie di cui alle lettere a. e b1. del secondo comma dell'articolo 21, nelle zone di tutela naturalistica, nonchè comunque nei terreni siti ad altezze superiori ai 1.200 metri, vale la prescrizione per cui non possono essere rilasciate autorizzazioni ai sensi dell'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 relative a nuove concessioni minerarie per attività di ricerca ed estrazione ai sensi del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, ad esclusione della ricerca e della estrazione delle acque minerali e termali disciplinata dalla legge regionale 17 agosto 1988, n. 32; sono fatte salve le concessioni minerarie esistenti, le relative pertinenze, i sistemi tecnologici e gli adeguamenti funzionali al servizio delle stesse; alla scadenza, le concessioni minerarie possono essere prorogate per un periodo non superiore a tre anni in funzione della sistemazione ambientale finale.

Art. 36
Equivalenza di strumenti di pianificazione
1. Per gli effetti di cui ai precedenti articoli, agli strumenti di pianificazione provinciali e/o infraregionali in essi citati sono equiparati i piani di cui all'articolo 12 della legge regionale 5 settembre 1988, n. 36, redatti ed adottati dal Circondario di Rimini e dalle Assemblee di Comuni corrispondenti agli ambiti territoriali n. 23 e n. 39 di cui alla legge regionale 29 agosto 1979, n. 28.

Art. 37
Disposizioni transitorie
1. I Comuni sono tenuti ad adeguare la propria strumentazione urbanistica alle disposizioni del presente Piano entro cinque anni dalla data della sua entrata in vigore.
2. Fino all'adeguamento di cui al primo comma e comunque per non più di cinque anni dalla data di entrata in vigore del presente Piano, gli strumenti urbanistici comunali vigenti e le loro varianti si considerano compatibili con il Piano stesso, salvo quanto di seguito specificato:
gli strumenti approvati in conformità alla legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47 e prima del 29.6.1989 si intendono compatibili ad eccezione delle loro previsioni che siano in contrasto con quanto disposto dagli articoli 13, 15, 16, 18, 21, lettera a) e b.1) e 25 delle norme del presente Piano;
gli strumenti approvati in data anteriore all'entrata in vigore della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47 si intendono compatibili ad eccezione delle loro previsioni che siano in contrasto con quanto disposto dagli articoli 13, 15, 16, 17, 18, 19, 21, 22 e 25 delle norme del presente Piano.
3. I Piani Regolatori Generali Comunali e loro varianti, trasmessi alla Regione per l'approvazione prima della data di entrata in vigore del presente Piano, possono essere approvati dalla Giunta regionale purché rispondenti alle disposizioni degli articoli 13, 15, 16, 17, 18, 19, 21 e 25 delle norme del presente Piano.

APPENDICE
(Soppressa dalla delib. n. 93/2000)

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ultima modifica 2012-06-01T16:50:00+02:00
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