Codice del governo del territorio

Delibera dell'Assemblea regionale del 26 luglio 2011 n.51

Individuazione delle aree e dei siti per l´installazione di impianti di produzione di energia elettrica mediante l´utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili eolica, da biogas, da biomasse e idroelettrica."

Prot. n. 24988 del 27 luglio 2011


L'Assemblea legislativa

Richiamata la deliberazione della Giunta regionale progr. n. 969 del 4 luglio 2011, recante in oggetto "Individuazione delle aree e dei siti per l'installazione di impianti di produzione di energia elettrica mediante l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili eolica, da biogas, da biomasse e idroelettrica. Proposta all’Assemblea legislativa";

Preso atto:

- delle modificazioni apportate sulla predetta proposta dalla commissione assembleare referente "Territorio, Ambiente, Mobilità", giusta nota prot. n. 24386 in data 21 luglio 2011,

- e, inoltre, degli emendamenti presentati ed accolti nel corso della discussione assembleare;

Visti:

- la Direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità;

- la Direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili recante modifica e successiva abrogazione delle Direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE;

- la Direttiva 2003/87/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità;

- la Direttiva del Consiglio del 21 maggio 1992 “Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche ”;

- la Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque;

- la Decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002, n. 1600/2002/CE “Sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente”;

- la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale e al Comitato delle Regioni del 22 settembre 2006, “Verso una strategia tematica per la protezione del suolo”;

- il Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio, del 20 settembre 2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);

- il Regolamento (CE) n. 510/2006 del Consiglio, del 20 marzo 2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari;

- il Decreto Legislativo 16 marzo 1999, n. 79 “Attuazione della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”;

- il Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228,“Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57”;

- il Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, “Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità”;

- la Legge 23 agosto 2004, n. 239, "Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia";

- il Decreto Legislativo 29 marzo 2004, n. 99, "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38";

- il Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale” come modificato dal Decreto Legislativo 16 gennaio 2008 n.4;

- la Legge 23 luglio 2009, n. 99, “Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia”;

- il Decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20 “Attuazione della direttiva 2004/8/Ce sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/Cee”;

- il Decreto Legislativo 30 maggio 2008, n. 115, così come modificato dal Decreto Legislativo 29 marzo 2010, n. 56, “Modifiche ed integrazioni al decreto 30 maggio 2008, n. 115, recante attuazione alla direttiva 2006/32/CE, concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazioni della direttiva 93/76/CEE”;

- la Legge 4 giugno 2010, n. 96, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee

- Legge comunitaria 2009”;

- il Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28, “Attuazione della Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante

modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE”;

- il Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla

conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche”;

- il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 10 settembre 2010 “Linee Guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”;

- la Legge Regionale 23 dicembre 2004, n. 26, recante “Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di

energia”;

- la Deliberazione dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna del 14 novembre 2007, n. 141 “Approvazione del piano energetico regionale”;

- la Legge regionale 17 febbraio 2005, n. 6, “Disciplina della formazione e della gestione del sistema regionale delle aree naturali protette e dei siti della rete natura 2000”;

- la Legge regionale 14 aprile 2004, n. 7, “Disposizioni in materia ambientale. Modifiche ed integrazioni a leggi regionali”;

- la Deliberazione di Giunta regionale n. 1224 del 28 luglio 2008 “Recepimento DM n. 184/07 “Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di

conservazione relative a zone speciali di conservazione (ZSC) e a zone di protezione speciale (ZPS)”. Misure di conservazione gestione ZPS, ai sensi

dirett. 79/409/CEE, 92/43/CEE e DPR 357/97 e ss. mm. e DM del 17/10/07”;

- la Deliberazione di Giunta regionale n. 1198 del 26 luglio 2010 “Misure di semplificazione relative al procedimento per la costruzione e l'esercizio degli impianti di generazione elettrica alimentati da biogas prodotto da biomasse provenienti da attività agricola”;

- la Deliberazione di Giunta regionale n. 344 del 14 marzo 2011 “Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria, ambiente e per un’aria più pulita in

Europa, attuata con DLGS 13 agosto 2010, n. 155. Richiesta di proroga del termine per il conseguimento e deroga all’obbligo di applicare determinati

valori limite per il biossido di azoto e per il PM10”;

- la deliberazione dell’Assemblea legislativa progr. n. 50 del 26 luglio 2011 “Secondo piano triennale di attuazione del Piano Energetico Regionale 2011- 2013”;

 

Dato atto che la Regione Emilia-Romagna, con la deliberazione dell’Assemblea legislativa n. 28 del 6 dicembre 2010, ha dato attuazione alle Linee Guida nazionali, limitatamente alla individuazione delle aree e dei siti per l’installazione degli impianti di produzione di energia elettrica mediante l’utilizzo della fonte energetica rinnovabile solare fotovoltaico, rinviando ad un successivo atto la regolamentazione per le altre tipologie di fonti rinnovabili;

Considerato:

- che la Direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità e la Direttiva 2009/28/CE recante modifica e successiva abrogazione delle Direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE impongono l’obiettivo di promuovere un maggiorecontributo delle fonti energetiche rinnovabili alla produzione di energia elettrica;

- che il Regolamento CE n° 1698/2005 predefinisce i fini generali dello sviluppo rurale coerentemente con la triade economia-ambiente-aspetti sociali propria dello sviluppo sostenibile e che si sostanziano nei seguenti punti:

1. accrescere la competitività del settore agricolo e forestale;

2. valorizzare l’ambiente e lo spazio naturale sostenendo la gestione del territorio;

3. migliorare la qualità della vita nelle zone rurali promuovendo la diversificazione delle attività economiche;

- che il Decreto Legislativo n. 387 del 2003 ha il fine di attuare la direttiva 2001/77/CE promuovendo l’utilizzo dell’energia elettrica prodotta da fonti

energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità;

- che la Legge regionale n. 26 del 2004 pone tra gli obiettivi della programmazione energetica regionale lo sviluppo e la valorizzazione delle

fonti rinnovabili di energia avendo cura di assicurare le condizioni di compatibilità ambientale, paesaggistica e territoriale delle attività energetiche,

nella convinzione che l’innalzamento della competitività regionale non debba prescindere dalla sostenibilità ambientale e territoriale del sistema energetico;

- che il Piano Energetico Regionale (PER) nel fissare precisi obiettivi di risparmio e di razionalizzazione energetica nel settore agricolo prevede che

una quota rilevante del fabbisogno di energia elettrica sia prodotta attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili;

- che il Piano di Sviluppo Rurale dell’Emilia-Romagna pone fra i suoi obiettivi quello di indirizzare e integrare le risorse e gli strumenti disponibili a favore di uno sviluppo economico sostenibile in termini ambientali, tale da garantire una maggiore competitività del sistema agricolo e la necessaria coesione sociale;

- che i temi della qualità dell’aria, del risparmio energetico, della tutela dell’acqua, della riduzione del consumo del suolo e dell’uso di energie

rinnovabili sono tra quelli posti come prioritari dal programma di governo presentato dall’Assemblea legislativa dal Presidente Errani per la IX

legislatura;

Rilevato che l’indubbia rilevanza che il legislatore comunitario e nazionale hanno inteso attribuire allo sviluppo delle energie rinnovabili vada coordinata con l’ulteriore principio, sempre di derivazione comunitaria, di tutela e valorizzazione del suolo in maniera sostenibile, in modo da conservarne le capacità di fornire servizi di tipo ecologico, economico e sociale e di mantenerne le funzioni fra cui, quelle proprie del settore agricolo;

Ritenuto:

- che, conformemente alle caratteristiche e alle potenzialità del settore agricolo e agli obiettivi comunitari e nazionali sullo sviluppo del settore rurale

sostenibile, la produzione di energia elettrica nel settore agricolo debba privilegiare l’utilizzo delle biomasse di origine agro-forestale;

- che, conseguentemente, la Regione Emilia-Romagna con deliberazione di Giunta regionale n. 1198 del 26 luglio 2010 ha introdotto misure di

semplificazione relative al procedimento per la costruzione e l'esercizio degli impianti di generazione elettrica alimentati da biogas prodotto da biomasse provenienti da attività agricola, provvedendo così ad incentivare la produzione di energia elettrica da biomasse provenienti da attività agricola, concorrendo così ad integrare il reddito in ambito agricolo, ed ha disciplinato l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamenti e dei residui della fermentazione anaerobica per la produzione di biogas;

Constatato:

- che l’art. 12, comma 7, del D.Lgs. n. 387 del 2003 prevede che gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici e che nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in

materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della

biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14;

- che il Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 10 settembre 2010, (da qui in avanti denominato “Linee Guida nazionali”) in attuazione dell’art. 12, comma 10, del D.Lgs. n. 387 del 2003, ha previsto:

- al paragrafo 17, punto 1, che, al fine di accelerare l'iter di autorizzazione alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili,

“le Regioni possono procedere alla indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalità di cui al

presente punto e sulla base dei criteri di cui all'Allegato 3”;

- al paragrafo 17, punto 3, che, “nelle more dell'emanazione del decreto di cui all'articolo 8-bis della legge 27 febbraio 2009, n. 13, di conversione del

decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 208, le Regioni possono individuare le aree non idonee senza procedere alla contestuale programmazione di cui al

punto 17.2”;

- all’allegato 3, lettera f), che le Regioni, con le modalità di cui al paragrafo 17, possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla

installazione di specifiche tipologie di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili

alle trasformazioni territoriali o del paesaggio, tra le quali quelle seguito elencate, in coerenza con gli strumenti di tutela e gestione previsti dalle

normative vigenti e tenendo conto delle potenzialità di sviluppo delle diverse tipologie di impianti:

• zone all’interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattività turistica;

• zone situate in prossimità di parchi archeologici e nelle aree contermini ad emergenze di particolare interesse culturale, storico e/o religioso;

• le aree naturali protette ai diversi livelli (nazionale, regionale, locale) istituite ai sensi della Legge n. 394/1991 ed inserite nell'Elenco Ufficiale

delle Aree Naturali Protette, con particolare riferimento alle aree di riserva integrale e di riserva generale orientata di cui all'articolo 12,

comma 2, lettere a) e b) della legge n. 394/1991 ed equivalenti a livello regionale;

• le zone umide di importanza internazionale designate ai sensi della convenzione di Ramsar;

• le aree incluse nella Rete Natura 2000 designate in base alla Direttiva 92/43/CEE (Siti di importanza Comunitaria) ed alla Direttiva 79/409/CEE

(Zone di Protezione Speciale);

• le Important Bird Areas (I.B.A.);

• le aree non comprese in quelle di cui ai punti precedenti ma che svolgono funzioni determinanti per la conservazione della biodiversità

(fasce di rispetto o aree contigue delle aree naturali protette); istituende aree naturali protette oggetto di proposta del Governo ovvero di disegno

di legge regionale approvato dalla Giunta; aree di connessione e continuità ecologico- funzionale tra i vari sistemi naturali e seminaturali;

aree di riproduzione, alimentazione e transito di specie faunistiche protette; aree in cui è accertata la presenza di specie animali e vegetali

soggette a tutela dalle Convenzioni internazionali (Berna, Bonn, Parigi, Washington, Barcellona) e dalle Direttive comunitarie (79/409/CEE e

92/43/CEE), specie rare, endemiche, vulnerabili, a rischio di estinzione;

• le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualità (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C.,

D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, in coerenza e per le finalità di cui all'art.

12, comma 7, del decreto legislativo n. 387 del 2003 anche con riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale,

caratterizzate da un'elevata capacità d'uso del suolo;

• le aree caratterizzate da situazioni di dissesto e/o rischio idrogeologico perimetrale nei Piani di Assetto Idrogeologico (P.A.I.) adottati dalle

competenti Autorità di Bacino ai sensi del D.L. 180/98 e s.m.i.;

- all’allegato 4, gli elementi per il corretto inserimento nel paesaggio e nel territorio degli impianti da energia rinnovabile eolica;

Visti:

− la Convenzione Europea sul Paesaggio, siglata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14 (“Ratifica ed esecuzione della

Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000”);

− le Norme di attuazione del Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR), approvate con la deliberazione n. 1338 del 28 gennaio 1993, e successive

modifiche e integrazioni;

− il D. Lgs. 24 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni e integrazioni, recante il Codice dei beni culturali e del paesaggio;

Considerato che le Linee Guida nazionali, nel fissare i criteri finalizzati alla ubicazione degli impianti in oggetto, al punto 15.3, fanno salve le previsioni dei Piani paesaggistici e delle prescrizioni d’uso indicate nei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico ai sensi del citato D.Lgs. n. 42 del 2004;

Constatato:

− che la Regione Emilia-Romagna è dotata dal 1993 del P.T.P.R., piano generale urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori

paesaggistici, i cui contenuti sono stati attuati dalla pianificazione provinciale e comunale;

− che le Norme di attuazione del PTPR costituiscono il fondamentale riferimento per la definizione dei livelli di trasformazione ammissibili, in rapporto alle diverse caratteristiche paesaggistiche e ambientali del territorio regionale;

− che il PTPR, in particolare, stabilisce, in ragione dei diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, specifiche tutele per gli ambiti del territorio di notevole valore paesaggistico, volte ad escludere o limitare la realizzazione di nuovi insediamenti, avendo cura, in ogni caso, di attenuare l’impatto negativo degli interventi ammessi per renderli compatibili con i valori tutelati;

Considerato, inoltre, che, dall’esame del regolamento di alimentazione dei bovini da latte, previsto dal Disciplinare di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano a Denominazione di origine protetta (DOP), si rileva che:

- all’art. 5 viene stabilito che: “Nell'alimentazione delle vacche da latte è vietato: l'impiego di insilati di ogni tipo, ivi compresi i pastoni. Inoltre, per evitare che, attraverso la catena alimentare, gli insilati possano contaminare l'ambiente di stalla, è altresì vietata anche la semplice detenzione in azienda di insilati di erba e di alcuni sottoprodotti quali le polpe di bietola, l'erba di pisello da seme, le trebbie di birra, le buccette di pomodoro, ecc., conservati in balloni fasciati, trincee, platee o con altre tecniche”;

- all’art. 9 viene stabilito che: “Nelle aziende agricole che conferiscono latte destinato alla produzione di Parmigiano-Reggiano, soltanto alle manze entro il sesto mese di gravidanza (ed eventualmente agli animali da carne) possono essere somministrati insilati (di mais, silomais e pastoni), purché vengano rispettate le seguenti condizioni:

a) l'allevamento di questi animali deve attuarsi in ambienti diversi da quelli in cui si trovano le vacche da latte e la gestione dell'insilato deve avvenire in

modo da non imbrattare le aree e gli attrezzi adibiti al governo delle lattifere;

b) al prelevamento ed alla distribuzione degli insilati devono essere destinate attrezzature diverse da quelle utilizzate per le vacche da latte; in ogni caso devono essere adottati tutti gli accorgimenti per evitare le possibili contaminazioni;

c) lo spandimento delle deiezioni solide e liquide provenienti dalle stalle in cui si fa uso di insilati non può avvenire sui prati in produzione, per evitare la contaminazione delle foraggere e l'effetto di accumulo legato al ciclo delle spore.”;

Ritenuto, pertanto, al fine di non alterare i processi produttivi del Parmigiano Reggiano, che costituisce una delle più importanti e peculiari produzioni tipiche della Regione Emilia-Romagna, ed in coerenza con il citato Disciplinare, di prevedere una specifica disciplina per l’utilizzo di insilati di ogni tipo nella gestione degli impianti a biogas all’interno del Comprensorio di produzione dello stesso formaggio Parmigiano-Reggiano DOP (Province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Mantova destra Po e Bologna sinistra Reno);

Considerato:

− che nonostante la situazione sia in costante miglioramento, l’inquinamento atmosferico rimane per l’Emilia-Romagna una criticità da affrontare;

− che le problematiche dell’Emilia-Romagna riguardano principalmente inquinanti secondari o prevalentemente tali (particolato atmosferico, ossidi di

azoto, ozono) e che la qualità dell’aria è fortemente influenzata anche dalle emissioni derivanti dalla combustione di biomasse, se si considera che una

quota significativa delle emissioni regionali di PM10 proviene dall’utilizzo di biomasse nel settore combustione non industriale (riscaldamento);

− che per il particolato atmosferico PM10 e il biossido di azoto (NO2) i dati rilevati dalla rete regionale di monitoraggio della qualità dell’aria hanno

evidenziato in varie aree del territorio il superamento dei valori limite stabiliti dalla Direttiva 2008/50/CE, attuata con D. Lgs. 155/2010;

− che sulla base di tali dati sono state effettuate elaborazioni che hanno condotto alla individuazione di aree di superamento zonizzate su base

comunale;

− che la cartografia contenente le aree di superamento per il PM10 e l’NO2 è stata approvata dalla Regione Emilia-Romagna con deliberazione n. 344 del 14 marzo 2011 e costituisce la base conoscitiva per le autorità competenti in materia di gestione della qualità dell’aria ambiente per l’individuazione e l’attivazione delle misure e degli interventi necessari al conseguimento dei valori limite nel periodo più breve possibile;

Dato atto che la DGR 344/2011, oltre ad approvare le cartografie tematiche relative alle aree di superamento su base comunale di PM10 e NO2 dà atto che al conseguimento degli obiettivi di qualità dell’aria ambiente contribuiscono anche gli strumenti di pianificazione regionale settoriale, in particolare nei settori dei trasporti, energia, industria, agricoltura, edilizia ed urbanistica, e che pertanto nella redazione di detti strumenti e delle loro revisioni la Regione debba tenere conto, nell’individuazione delle misure e degli interventi che li caratterizzano, anche della necessità del conseguimento dei valori limite per il biossido di azoto ed il PM10 nei termini previsti dalla normativa comunitaria;

Considerato quindi che l’approccio seguito è quello di regolare le possibili fonti di generazione di inquinamento atmosferico in rapporto con la zonizzazione dei superamenti di PM10 ed NO2 e che l’applicazione agli impianti di produzione di energia alimentati a biomasse di criteri di localizzazione connessi a detta zonizzazione costituisce pertanto attuazione di quanto già stabilito dalla DGR n. 344 del 14 marzo 2011;

Ritenuto pertanto di allegare al documento “Individuazione delle aree e dei siti per l’installazione di impianti di produzione di energia mediante l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili eolica, da biogas, da biomasse e idroelettrica” la cartografia recante la rappresentazione della situazione emissiva relativa al PM10 e NO2, delegando la Giunta regionale a formulare in relazione alla criticità delle diverse aree e alla conseguente individuazione delle condizioni di localizzazione i criteri per l’individuazione del computo emissivo per gli impianti di potenza maggiore a 250 kWt;

Considerato che, nel fornire criteri per la localizzazione degli impianti in oggetto, in modo da conciliare l’istanza di tutela delle caratteristiche paesaggistiche, ambientali e storico-culturali del territorio con l’esigenza della valorizzazione della produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, sono stati individuati altresì i seguenti obiettivi generali:

- per quanto riguarda gli impianti da energia eolica, si è ritenuto di favorire la realizzazione di quelli che risultino di elevata efficienza in termini di alta

produttività specifica, definita come numero di ore di funzionamento alla piena potenza nominale;

- per quanto riguarda gli impianti da biogas e da biomasse, che, oltre al rispetto di quanto già stabilito dalla DGR n. 1198 del 2010, si è ritenuto di fissare prescrizioni finalizzate alla tutela della qualità dell’aria, ad evitare il cumulo degli impianti e la dispersione insediativa degli stessi, e, in specifico per gli impianti a biogas, sono stati stabiliti livelli di attenzione per i territori relativi al Comprensorio di produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano e per le zone di coltivazione dei prati stabili;

- per quanto riguarda gli impianti di produzione di energia idroelettrica, che, oltre al rispetto di quanto già stabilito dalla DGR n. 1793 del 2008, si è ritenuto di tutelare i caratteri di naturalità e paesaggistici e la funzionalità idraulica delle zone interessate, e prevedendo la realizzazione di impianti interrati, per minimizzare gli impatti paesaggistici;

Ritenuto, pertanto, opportuno fornire in parte allegata, sulla base del quadro normativo di cui al presente atto, l’ individuazione delle aree e dei siti per

l’installazione di impianti di produzione di energia mediante l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili eolica, da biogas, da biomasse e idroelettrica

energetiche;

Visti inoltre:

- l’articolo 28, comma 4, lettera d) dello Statuto regionale, in base al quale spetta all’Assemblea legislativa regionale “approvare gli atti regionali di

programmazione e di pianificazione economica, territoriale e ambientale”;

- l’articolo 46, comma 5, dello Statuto regionale, in base al quale la Giunta regionale ha “la facoltà di proporre, salvo i casi esclusi dalle leggi regionali,

provvedimenti di competenza dell’Assemblea”;

Dato atto dei pareri di regolarità amministrativa sulla proposta della Giunta regionale all'Assemblea legislativa, n. 969 del 4 luglio 2011, qui allegati;

Previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,

 

d e l i b e r a

  

a) l’approvazione, in attuazione delle linee guida nazionali di cui al decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 10 settembre 2010, dell’Allegato I

parte integrante del presente provvedimento, “Individuazione delle aree e dei siti per l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica mediante l’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili eolica, da biogas, da biomasse e idroelettrica”;

b) di prevedere che i criteri di localizzazione di cui all’Allegato I non si applichino, oltre che ai procedimenti già conclusi alla data di pubblicazione

del presente provvedimento sul BURERT, a quelli che risultino formalmente avviati in data antecedente alla medesima pubblicazione, per effetto della

presentazione dell’istanza di autorizzazione unica ovvero del sostitutivo titolo abilitativo, corredati della documentazione prevista dalla normativa vigente. [vedi parere prot. 12395 del 17/01/2012 (pdf48.93 KB)]

E’ altresì esclusa dall’applicazione dei criteri di cui all’allegato 1 l’installazione degli impianti nelle Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate già ammessi a finanziamento pubblico attraverso Delibera di Giunta n.142/2010 e successivi provvedimenti attuativi in quanto l’assetto energetico di tali aree è ottimizzato anche riguardo alle emissioni in atmosfera, nonché gli impianti degli Enti Locali già finanziati con Delibera di Giunta n. 2056/2010, ritenuti rispondenti alle richieste di riduzione delle emissioni come da relativo Bando assunto con Delibera di Giunta n. 417/2009.

c) di prevedere che non siano soggetti alle disposizioni del presente atto, ai soli fini localizzativi e fermo restando l’obbligo del rispetto delle prescrizioni tecniche previste ai sensi del presente atto, i procedimenti per l’istallazione degli impianti:

1. per i quali, alla data di pubblicazione sul BURERT del presente atto, sia stata presentata domanda di accesso a finanziamento pubblico;

2. che siano previsti nei progetti di sviluppo o riconversione del settore bieticolo-saccarifero, in attuazione della normativa comunitaria e

nazionale in materia, ivi compresi gli impianti derivanti dagli accordi interprofessionali sottoscritti in data 15 novembre 2010 fra le

Associazioni bieticole con Eridania-Sadam COPROB/Italia Zuccheri, e Unionzucchero;

d) di stabilire che per gli impianti da biogas e di produzione di biometano e per quelli da biomasse di cui alla precedente lettera b) del presente deliberato o esistenti, in sede di rinnovo della prima delle autorizzazioni richieste dalla normativa vigente, l’adeguamento alle prescrizioni tecniche di cui rispettivamente al paragrafo 3, lettera G)a), e al paragrafo 4, lettera E)a), potrà essere oggetto di un programma che ne fissi i relativi termini di

attuazione;

e) di stabilire che l’obbligo di prevedere un piano di monitoraggio delle emissioni odorigene, di cui al paragrafo 3, lettera G) a), dell’Allegato I alla presente deliberazione, trova applicazione anche per gli impianti a biogas esistenti e per quelli per i quali, alla data di pubblicazione sul BURERT del presente atto, il procedimento di autorizzazione unica sia stato concluso o risulti formalmente avviato;

f) di stabilire che le Province, con apposita deliberazione da emanarsi entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente atto sul BURERT, possano

confermare, previa intesa con la Regione, la disciplina più restrittiva specificatamente prevista dai Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale

(PTCP), circa la non idoneità alla localizzazione di impianti eolici o idroelettrici;

g) di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale Telematico della Regione Emilia-Romagna.

 

ALLEGATO I

INDIVIDUAZIONE DELLE AREE E DEI SITI PER L’INSTALLAZIONE DI IMPIANTI DI

PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA MEDIANTE L’UTILIZZO DELLE FONTI

ENERGETICHE RINNOVABILI EOLICA, DA BIOGAS, DA BIOMASSE E

IDROELETTRICA

CRITERI GENERALI DI LOCALIZZAZIONE:

1. PREMESSA: efficacia ed ambito di applicazione

1. I presenti criteri generali non si applicano, oltre che ai procedimenti già conclusi alla data di pubblicazione del presente provvedimento sul BURERT, a quelli che risultino formalmente avviati in data antecedente alla medesima pubblicazione, per effetto della presentazione dell’istanza di autorizzazione unica ovvero del sostitutivo titolo abilitativo, corredati della documentazione prevista dalla normativa vigente. E’ altresì esclusa dall’applicazione dei criteri di cui al presente atto l’installazione degli impianti nelle Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate già ammessi a finanziamento pubblico attraverso Delibera di Giunta n.142/2010 e successivi provvedimenti attuativi in quanto l’assetto energetico di tali aree è ottimizzato anche riguardo alle emissioni in atmosfera, nonché gli impianti degli Enti Locali già finanziati con Delibera di Giunta n. 2056/2010, ritenuti rispondenti alle richieste di riduzione delle emissioni come da relativo Bando assunto con Delibera di Giunta n. 417/2009.

2. Non sono soggetti alle disposizioni del presente atto, ai soli fini localizzativi e fermo restando l’obbligo del rispetto delle prescrizioni tecniche previste ai sensi del presente atto, i procedimenti per l’istallazione degli impianti:

1. per i quali, alla data di pubblicazione sul BURERT del presente atto, sia stata presentata domanda di accesso a finanziamento pubblico;

2. che siano previsti nei progetti di sviluppo o riconversione del settore bieticolosaccarifero, in attuazione della normativa comunitaria e nazionale in materia, ivi compresi gli impianti derivanti dagli accordi interprofessionali sottoscritti in data 15 novembre 2010 fra le Associazioni bieticole con Eridania-Sadam COPROB/Italia Zuccheri, e Unionzucchero;

3. per gli impianti da biogas e di produzione di biometano e per quelli da biomasse di cui alla precedente punto 1. del presente paragrafo o esistenti, in sede di rinnovo della prima delle autorizzazioni richieste dalla normativa vigente, l’adeguamento alle prescrizioni tecniche, di cui rispettivamente al paragrafo 3, lettera G) a), e al paragrafo 4, lettera E) a), potrà essere oggetto di un programma che ne fissi i relativi termini di attuazione;

4. L’obbligo di prevedere un piano di monitoraggio delle emissioni odorigene, di cui al paragrafo 3, lettera G) a), del presente Allegato, trova applicazione anche per gli impianti a biogas esistenti e per quelli per i quali, alla data di pubblicazione sul BURERT del presente atto, il procedimento di autorizzazione unica sia stato concluso o risulti formalmente avviato;

5. Dalla data di pubblicazione sul BURERT del presente atto, ai sensi dell’art. 12, comma 10, del D.Lgs. n. 387 del 2003 e del paragrafo 1.2 delle Linee guida nazionali, trovano applicazione unicamente i limiti, le condizioni e i criteri di localizzazione previsti dal presente atto, fatto salvo quanto previsto al punto 6 del presente paragrafo;

6. Le Province, con apposita deliberazione da emanarsi entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente atto sul BURERT, possono confermare, previa intesa con la Regione, la disciplina più restrittiva specificatamente prevista dai Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP), circa la non idoneità alla localizzazione di impianti eolici o idroelettrici;

7. Ai fini dell’individuazione delle aree e dei siti disciplinati dal presente Allegato, occorre fare riferimento alle leggi, ai piani territoriali e urbanistici (regionali, provinciali e comunali) e ai piani settoriali, adottati o approvati, nonché agli atti amministrativi, i quali stabiliscono le perimetrazioni e gli elenchi degli stessi.

8. La Regione, al solo scopo di fornire uno strumento conoscitivo agli operatori, anche ai sensi del paragrafo 6.1 delle Linee guida nazionali, provvede alla rappresentazione cartografica delle aree non idonee all’istallazione degli impianti disciplinati dal presente atto attraverso appositi elaborati meramente ricognitivi delle medesime aree, comprensivi del territorio dei Comuni dell’Alta Val Marecchia, aggregati alla Regione ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 117;

9. Qualora un’area sia soggetta a diversi criteri localizzativi previsti dal presente atto, si applica la disciplina più restrittiva.

2. ENERGIA EOLICA

A) Sono considerate non idonee all’installazione di impianti eolici al suolo, comprese le opere infrastrutturali e gli impianti connessi, le seguenti aree:

1. le zone di particolare tutela paesaggistica di seguito elencate, come perimetrate nel piano territoriale paesistico regionale (PTPR) ovvero nei piani provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne attuazione:

1.1 zone di tutela naturalistica (art. 25 del PTPR);

1.2 sistema forestale e boschivo (art. 10 del PTPR) ferme restando le esclusioni dall’applicazione dei divieti contenute nello stesso articolo;

1.3 zone di tutela della costa e dell’arenile (art. 15 del PTPR);

1.4 invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua (art. 18 del PTPR);

1.5 crinali, individuati dai PTCP come oggetto di particolare tutela, ai sensi dell’art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR;

1.6 calanchi (art. 20, comma 3, del PTPR);

1.7 complessi archeologici ed aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a e b1, del PTPR);

1.8 gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 del D.lgs 22 gennaio 2004, n. 42, fino alla determinazione delle prescrizioni in uso degli stessi, ai sensi dell’art. 141-bis del medesimo decreto legislativo;

2. le aree percorse dal fuoco o che lo siano state negli ultimi 10 anni, individuate ai sensi della Legge 21 novembre 2000, n. 353, "Legge-quadro in materia di incendi boschivi";

3. le aree individuate dalle cartografie dei Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale (PTCP), come frane attive;

4. le zone A e B dei Parchi nazionali, interregionali e regionali istituiti ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005;

5. le aree incluse nelle Riserve Naturali istituite ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO INCOMPATIBILE L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI EOLICI:

  

Le zone territoriali indicate ai punti precedenti sono tutelate dal PTPR per le particolari caratteristiche possedute. In particolare, l’art. 25 del PTPR individua e tutela le aree nelle quali sono ammessi solo attività finalizzate alla conservazione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della flora e della fauna, attraverso il mantenimento e la ricostituzione di tali componenti, e il mantenimento delle attività produttive primarie compatibili con i valori naturali e paesaggistici protetti. Il sistema forestale e boschivo (art. 10 del PTPR) ha prioritarie finalità di tutela naturalistica, paesaggistica e di protezione idrogeologica, oltre che di riequilibrio climatico. Il comma 9 del citato articolo ammette nelle aree di tale sistema, ad eccezione delle aree di particolare attenzione (v. ultima parte dello stesso comma 9), la sola realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico di natura tecnologica e infrastrutturale. Le zone di tutela della costa e dell’arenile (art. 15 del PTPR) presentano caratteri di naturalità o di seminaturalità. La tutela prevista dal PTPR per gli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua (art. 18 del PTPR) trova motivazione nella necessità di non interferire sull’andamento del corso d’acqua. Il PTPR prevede che i PTCP dettino specifiche disposizioni per i crinali (art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR) e in tal senso i PTCP hanno individuato i crinali che devono essere oggetto di particolare tutela, al fine di salvaguardarne il profilo e i coni visuali. I calanchi (art. 20, comma 3) presentano aspetti naturalistici e paesaggistici particolari che devono essere salvaguardati. Il PTPR tutela i complessi archeologici ed aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a. e b.1. del PTPR) in quanto aree di rilevante interesse storico-culturale e testimoniale. Infine, gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 del D. Lgs. 42 del 2004 sono zone di particolare attenzione dal punto di vista paesaggistico, e pertanto si ritiene congruo prevederne una tutela assoluta finché non saranno determinate le specifiche prescrizioni d’uso che definiscano per ognuno di essi gli interventi ammissibili.

Le frane attive sono aree che, ai sensi della normativa vigente, sono inidonee alla localizzazione di qualsiasi infrastruttura pubblica o privata, e quindi, anche degli impianti eolici, atteso il significativo carico che gli aerogeneratori comportano sul suolo.

Per quanto riguarda i parchi nazionali, interregionali e regionali, l’art. 12 della L. 394/91 individua le zone A come “riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità” e le zone B come “riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio.” L’art. 25 della L.R. n. 6/2005 individua le zone A come “di protezione integrale, nella quale l'ambiente naturale è protetto nella sua integrità” e le zone B come “di protezione generale, nella quale suolo, sottosuolo, acque, vegetazione e fauna sono rigorosamente protetti. E' vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare costruzioni esistenti ed eseguire opere di trasformazione del territorio che non siano specificamente rivolte alla tutela dell'ambiente e del paesaggio.”.

L’art. 2 della L. 394/91 individua le riserve naturali come “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche”. L’art 45, comma 2, della L.R. n.6/2005 dispone che “Nel territorio delle Riserve naturali regionali possono essere previste, attraverso l'atto istitutivo ed il Regolamento di cui all'articolo 46, aree di conservazione integrale nelle quali è vietato l'accesso al pubblico”.

In tali aree l’installazione di impianti eolici provoca un impatto ambientale incompatibile con l’obiettivo di tutela individuato.

B) Sono idonee all’installazione di impianti di produzione di energia eolica le aree del sistema dei crinali e del sistema collinare ad altezze superiori ai 1200 metri (art. 9, comma 5, del PTPR), qualora gli impianti eolici risultino di elevata efficienza, in termini di alta produttività specifica, definita come numero di ore annue di funzionamento alla piena potenza nominale, comunque non inferiori a 1800 ore annue, e qualora gli impianti siano realizzati a servizio di attività ivi insediate, tra cui gli impianti di risalita e altre strutture ad essi funzionali, in regime di autoproduzione.

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DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI EOLICI:

 

L’art. 9 del PTPR al comma 5 tutela le zone del sistema dei crinali e del sistema collinare ad altezze superiori a 1200 metri, specificando come compatibili con le caratteristiche tutelate soltanto le attività destinate a rifugi e bivacchi e a strutture d’alpeggio. E’ compatibile, inoltre, con la tutela paesaggistica l’utilizzazione agricola del suolo e l’attività di allevamento, non intensivo, se di nuovo impianto. Inoltre in tali ambiti sono presenti taluni impianti di risalita e le strutture ad essi connesse.

In queste aree, pertanto, appare coerente assicurare la realizzazione di impianti eolici, limitatamente alla produzione dell’energia elettrica necessaria per far fronte alle esigenze delle attività ivi insediate e dunque in regime di autoproduzione.

C) Fuori dalle aree di cui alla lettera A), sono considerate idonee all’installazione di impianti eolici al suolo, le seguenti aree, con potenza nominale complessiva non superiore a 20 Kw per richiedente, in regime di autoproduzione:

1. le zone C, D e le aree contigue dei Parchi nazionali, interregionali e regionali istituiti ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005;

2. le Zone di Protezione Speciale (ZPS);

3. i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) sotto elencati:

- IT4010012 Val Boreca, Monte Lesima,

- IT4010013 Monte Dego, Monte Veri, Monte delle Tane,

- It4010003 Monte Nero, Monte Maggiorasca, La Ciapa Liscia,

- IT4020007 Monte Penna, Monte Trevine, Groppo, Groppetto,

- IT4020010 Monte Gottero,

- IT4020013 Belforte, Corchia, Alta Val Manubiola,

- IT4050020 Laghi di Suviana e Brasimone,

- IT4080002 Acquacheta,

- IT4080005 Monte Zuccherodante,

- IT4080008 Balze di Verghereto, Monte Fumaiolo, Ripa della Moia,

- IT4080015 Castel di Colorio, Alto Tevere.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI EOLICI:

 

L’art. 12 della L. 394/91 individua le aree C come “aree di protezione nelle quali, in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente parco, possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo-pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali, ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità”. L’art.25 della L.R. n. 6/2005 individua la zona C come “di protezione ambientale, nella quale sono permesse le attività agricole, forestali, zootecniche ed altre attività compatibili nel rispetto delle finalità di salvaguardia ambientale previste dal Piano territoriale. Ferma restando la necessità di dare priorità al recupero del patrimonio edilizio esistente, sono consentite le nuove costruzioni funzionali all'esercizio delle attività agrituristiche e agro-forestali compatibili con la valorizzazione dei fini istitutivi del Parco.

L’art. 12 della L. 394/91 individua le aree D come “aree di promozione economica e sociale facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite attività compatibili con le finalità istitutive del parco e finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e al miglior godimento del parco da parte dei visitatori”. L’art.25 della L.R. n. 6/2005 individua la zona D come “corrispondente al territorio urbano e urbanizzabile all'interno del territorio del Parco, in conformità al Capo A-III dell'allegato alla legge regionale n. 20 del 2000. Per tale zona il Piano definisce i limiti e le condizioni alle trasformazioni urbane in coerenza con le finalità generali e particolari del Parco”.

L’art. 2 del D.P.R. n. 357/1997 “Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” precisa che “la rete «Natura 2000» comprende le Zone di Protezione Speciale (ZPS) previste dalla direttiva 79/409/CEE e dall'articolo 1, comma 5, della legge 11 febbraio 1992, n. 157. 2. Gli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 5 si applicano anche alle zone di protezione speciale di cui al comma 1”.

Lo stesso art. 2 del D.P.R. n. 357/1997 definisce habitat naturali di interesse comunitario

“gli habitat naturali, indicati nell'allegato A, che, nel territorio dell'Unione europea,

alternativamente che rischiano di scomparire nella loro area di distribuzione naturale e

che hanno un'area di distribuzione naturale ridotta a seguito della loro regressione o per

il fatto che la loro area è intrinsecamente ridotta…”.

In base al Decreto Ministero dell'Ambiente n. 184 del 17 ottobre 2007, recante “Criteri

minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a zone speciali di

conservazione (ZSC) e a zone di protezione speciale (ZPS)”, recepito con deliberazione

della GR del 28 luglio 2008 , n. 1224, nelle ZPS è vietata la realizzazione di nuovi

impianti eolici, fatti salvi gli interventi di sostituzione e di ammodernamento, anche

tecnologico, che non comportino un aumento dell'impatto sul sito in relazione agli

obiettivi di conservazione delle ZPS, nonché gli impianti eolici per autoproduzione con

potenza complessiva non superiore a 20 Kw.”

Gli unici siti di importanza comunitaria (SIC) individuati come idonei alla localizzazione di

impianti eolici non superiori ai 20 kw sono quelli ubicati sul crinale tosco-emiliano che

non sono contestualmente anche ZPS. L’idoneità di dette aree per i soli impianti di

potenza nominale non superiore a 20 Kw è dovuta alla segnalata presenza permanente

dell'aquila reale, specie di interesse comunitario, da tutelare in base alla Direttiva

79/409/CEE "Uccelli".

L’installazione di impianti eolici di taglia superiore a 20 Kw compromettono gli obiettivi di

tutela di tali aree, nello specifico connessi alla presenza di habitat di interesse

comunitario.

D) Fuori dalle aree di cui alla lettera A), B) e C), sono considerate idonee all’installazione di impianti eolici al suolo:

1. senza limiti di potenza nominale complessiva:

a) le aree agricole nelle quali gli impianti risultino di elevata efficienza in termini di alta produttività specifica, definita come numero di ore annue di funzionamento alla piena potenza nominale, comunque non inferiori a 1800 ore annue;

b) le Aree Ecologicamente Attrezzate e le aree industriali, ivi comprese le aree portuali, previste dagli strumenti di pianificazione urbanistica;

c) le aree a servizio di discariche di rifiuti già esistenti, regolarmente autorizzate, anche se non più in esercizio. L’impianto eolico, in tal caso, non costituisce attività di esercizio della discarica;

d) le aree di cava dismesse, qualora la realizzazione dell’impianto eolico risulti compatibile con la destinazione finale della medesima cava.

2. nelle restanti aree agricole ciascun richiedente può realizzare un unico impianto eolico al suolo, avente potenza nominale complessiva non superiore a 60 Kw.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILE L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI EOLICI:

 

Fuori dalle aree A), B) e C), per quanto riguarda le aree di cui al punto 1., la realizzazione degli impianti eolici nelle suddette aree agricole viene subordinata alla dimostrazione del requisito dell’elevata efficienza in termini di alta produttività dell’impianto stesso. Questo per evitare che venga sottratto territorio agricolo alla sua naturale vocazione in assenza di un oggettivo e adeguato incremento di produzione di energia da fonte rinnovabile. Inoltre, le Aree Ecologicamente Attrezzate, le aree industriali, tra cui quelle portuali, le aree a servizio di discariche di rifiuti e le aree di cava dismesse, sono considerate compatibili all’installazione di impianti eolici, senza alcun limite di potenza nominale, in quanto aree già interessate da attività umane di significativa trasformazione, nelle quali la realizzazione di questa tipologia di impianti non comporta ulteriore pregiudizio.

Infine, rientrano nelle aree agricole di cui al punto 2. le zone prive di particolare ventosità, nelle quali pertanto è ammessa la realizzazione di impianti di potenza limitata, volta a soddisfare le esigenze energetiche del richiedente.

E) Sono idonei all’installazione di singoli impianti microeolici, gli edifici esistenti ovunque ubicati, nell’osservanza della normativa di tutela degli stessi e delle norme di sicurezza sismica. [vedi parere prot. n. 11993 del 04/05/2012 (pdf68.34 KB)]

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI EOLICI: 

 

È sempre ammessa la realizzazione di impianti eolici di piccole dimensioni collocati sugli edifici esistenti ovunque ubicati, ferma restando l’osservanza della normativa di tutela degli stessi e nell’osservanza delle norme di sicurezza sismica.

F) Prescrizioni per gli impianti eolici

Nelle aree considerate dal presente atto idonee alla localizzazione di impianti eolici, sia in fase di progettazione degli impianti eolici che in fase di valutazione di compatibilità dei progetti presentati, si deve tenere conto degli elementi per il corretto inserimento nel paesaggio e sul territorio, previsti nell’Allegato 4 al Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 10 settembre 2010 “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti

alimentati da fonti rinnovabili”.

Ai fini dell’autorizzazione degli impianti eolici, la valutazione di incidenza deve essere effettuata anche qualora l’impianto sia collocato nella fascia di protezione di 5 km dal confine delle aree incluse nella Rete Natura 2000. Per gli impianti eolici da realizzare al di fuori della suddetta fascia di protezione, la valutazione di incidenza deve essere effettuata qualora siano prevedibili incidenze significative sul sito.

 

3. ENERGIA DA BIOGAS E PRODUZIONE DI BIOMETANO

 

Ai fini del presente atto, per impianti di produzione di biometano da immettere in rete e di energia da biogas si intendono quelli alimentati dalle biomasse di cui all’art. 2, comma 1, lettera e), del D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, avviate a fermentazione anaerobica.

L’impianto da biogas è comprensivo anche di tutte le pertinenze necessarie al suo funzionamento: strutture per il condizionamento e lo stoccaggio dei materiali in arrivo, sistema di trattamento e collettamento del biogas, impianto di cogenerazione, linea di trasformazione e connessione alla rete di distribuzione, strutture per il trattamento e lo stoccaggio del digestato.

A) Sono considerati non idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da biogas e produzione di biometano le seguenti aree:

1. le zone di particolare tutela paesaggistica di seguito elencate, come perimetrale nel piano territoriale paesistico regionale (PTPR) ovvero nei piani provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne attuazione:

1.1 zone di tutela naturalistica (art. 25 del PTPR) ad esclusione delle zone di coltivazione dei prati stabili, per i quali si applica quanto specificato alla

successiva lettera C);

1.2 zone di tutela della costa e dell’arenile (art. 15 del PTPR);

1.3 invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua (art. 18 del PTPR);

1.4 crinali, individuati dai PTCP come oggetto di particolare tutela, ai sensi dell’art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR;

1.5 calanchi (art. 20, comma 3, del PTPR);

1.6 complessi archeologici ed aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a e b1, del PTPR);

2. le aree percorse dal fuoco o che lo siano state negli ultimi 10 anni, individuate ai sensi della Legge 21 novembre 2000, n. 353, "Legge-quadro in materia di incendi boschivi";

3. le zone A e B dei Parchi nazionali, interregionali e regionali istituiti ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005;

4. le aree incluse nelle Riserve Naturali istituite ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO INCOMPATIBILE L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA DA BIOGAS E PRODUZIONE DI BIOMETANO:

 

Le zone territoriali indicate ai punti precedenti sono tutelate dal PTPR per le particolari caratteristiche possedute. In particolare, l’art. 25 del PTPR individua e tutela le aree nelle quali sono ammessi solo attività finalizzate alla conservazione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della flora e della fauna, attraverso il mantenimento e la ricostituzione di tali componenti, e il mantenimento delle attività produttive primarie compatibili con i valori naturali e paesaggistici protetti. Le zone di tutela della costa e dell’arenile (art. 15 del PTPR) presentano caratteri di naturalità o di seminaturalità. La

tutela prevista dal PTPR per gli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua (art. 18 del PTPR) trova motivazione nella necessità di non interferire sull’andamento del corso d’acqua. Il PTPR prevede che i PTCP dettino specifiche disposizioni per i crinali (art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR) e in tal senso i PTCP hanno individuato i crinali che devono essere oggetto di particolare tutela, al fine di salvaguardarne il profilo e i coni visuali. I calanchi (art. 20, comma 3) presentano aspetti naturalistici e paesaggistici particolari che devono essere salvaguardati. Il PTPR tutela i complessi archeologici ed

aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a. e b.1. del PTPR) in quanto aree di rilevante interesse storico-culturale e testimoniale.

Per quanto riguarda i parchi nazionali, interregionali e regionali, l’art. 12 della L. 394/91 individua le zone A come “riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità” e le zone B come “riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio.”. L’art. 25 della L.R. n. 6/2005 individua la zona A come “di

protezione integrale, nella quale l'ambiente naturale è protetto nella sua integrità” e la zona B come “di protezione generale, nella quale suolo, sottosuolo, acque, vegetazione e fauna sono rigorosamente protetti. E' vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare

costruzioni esistenti ed eseguire opere di trasformazione del territorio che non siano specificamente rivolte alla tutela dell'ambiente e del paesaggio.”

L’art. 2 della L. 394/91 individua le riserve naturali come “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per

la conservazione delle risorse genetiche”. L’art 45, comma 2, della L.R. n.6/2005 dispone che “Nel territorio delle Riserve naturali regionali possono essere previste, attraverso l'atto istitutivo ed il Regolamento di cui all'articolo 46, aree di conservazione integrale nelle quali è vietato l'accesso al pubblico”.

In tali aree l’installazione di impianti da biogas e produzione di metano provoca un impatto ambientale incompatibile con l’obiettivo di tutela individuato.

B) E’ considerato non idoneo all’installazione di impianti di produzione di energia da biogas e produzione di biometano il territorio individuato quale

“Comprensorio di produzione del formaggio Parmigiano-Reggiano”, produzione a Denominazione di Origine Protetta (DOP), qualora gli impianti utilizzino silomais o altre essenze vegetali insilate, fatto salvo il caso in cui l’utilizzazione agronomica del residuo del processo di fermentazione (digestato), tal quale o trattato, avvenga in terreni ubicati all’esterno del medesimo comprensorio;

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DA BIOGAS E PRODUZIONE DI BIOMETANO:

 

Il formaggio Parmigiano-Reggiano è un prodotto a base di latte crudo, ottenuto senza l’ausilio di prodotti chimici, sottoposto a lunga stagionatura; ciò lo espone maggiormente a difetti non facilmente eliminabili. Attualmente si stima che la presenza di difetti importanti nelle forme a fine stagionatura penalizzi circa l’8 % del prodotto (circa 240.000 forme), il 35/40% (circa 90.000 forme) di queste alterazioni è imputabile alla presenza ed allo sviluppo di Clostridi.

I Clostridi sono batteri sporigeni che trovano il loro habitat naturale nel terreno, le loro spore sono molto resistenti al calore, alle radiazioni ultraviolette e ionizzanti ed a diversi agenti chimici. Il pressoché inevitabile inquinamento tellurico, contamina in misura più o meno elevata i foraggi e, quindi gli alimenti destinati ai bovini. In particolare gli insilati possono introdurre nell’apparato digerente notevoli quantitativi di spore, in quanto il processo anaerobico di insilamento permette di incrementarne il numero. Anche l’apparato digerente dei ruminanti accresce la quantità delle spore in modo tale che nelle feci se ne riscontrano più di quelle ingerite con gli alimenti. Una contaminazione del latte, di origine fecale, anche se limitabile con buone pratiche di raccolta del foraggio e di allevamento, è difficile da evitare; si consideri che sono sufficienti poche spore (1.000- 2.000 spore/litro) per causare gravi danni nei formaggi a lunga stagionatura. Anche latti con buone caratteristiche microbiologiche generali possono presentare cariche di spore sufficienti a indurre tali danni. Benché il processo di affioramento provochi una forte desporificazione del latte, infatti è in grado di allontanare dal latte che finirà in caldaia fino al 95 % delle spore, anche un numero ridotto di esse, come quello sopra riportato, è in grado di provocare compromettere la produzione di formaggio, infatti, per questo sono sufficienti 100 spore/litro di latte.

Da queste brevi note si può facilmente evincere come il tasso di inquinamento tellurico costituisca un rilevante fattore di rischio per la produzione del Parmigiano-Reggiano che determina la necessità di contenere il più possibile tale inquinamento. E’ per questo motivo, per esempio, che nel nuovo disciplinare di produzione, recentemente approvato a Bruxelles, si fa divieto di utilizzare gli insilati anche per l’alimentazione delle bovine non ancora in produzione.

Una recente sperimentazione condotta dal CRPA in reattori da laboratorio ha dimostrato come nella produzione di biometano con l’impiego di insilati (nella prova sono stati utilizzati insilati di mais e di sorgo) si riscontri un incremento di circa 17 volte del numero delle spore nel digestato rispetto al numero di spore presenti nell’insilato introdotto. Al contrario, non si è verificato alcun aumento di spore nel digestore utilizzando solo deiezioni. Pur con tutti i limiti di una sperimentazione realizzata in laboratorio, il risultato rimane assai significativo perché conferma come nel processo anaerobico di produzione di biometano si creano nel digestore le stesse condizioni favorevoli allo sviluppo delle spore, presenti sia nella produzione dell’insilato, sia nell’apparato digerente dei ruminanti. Si ricorda infine quali sono i clostridi di maggior interesse per la produzione del Parmigiano-Reggiano:

- tyrobutyricum: presente nella maggior parte dei casi di gonfiore tardivo del formaggio;

la germinazione delle sue spore può avvenire nelle prime 20-30 ore di vita del formaggio, ma le cellule vegetative hanno una riproduzione molto lenta che dura per alcuni mesi; ne occorrono circa 5 o 6 prima che l’accumulo di gas sia consistente e determini il gonfiore della forma. Rappresenta senz’altro la forma che più interessa l’industria casearia in quanto, oltre a resistere in ambienti acidi, quale quello della pasta fermentata del formaggio, può utilizzare a fini energetici proprio l’acido lattico derivante dalla fermentazioni batteriche filo-casearie trasformandolo in acido butirrico, acido acetico, anidride carbonica e idrogeno.

- butyricum: produce gonfiore precoce della forma; le sue spore germinano molto rapidamente dando luogo alla formazione di microcolonie composte da un numero elevato di cellule con intensa produzione di gas e conseguente gonfiore; il ciclo fermentativo del butyricum interessa i primi giorni di vita del formaggio, soprattutto nei casi in cui l’acidificazione lattica da siero innesto è lenta e debole.

- Sporogenes: dà luogo ad una fermentazione tardiva ed il difetto che provoca è particolarmente subdolo. Il deterioramento del formaggio può avvenire anche oltre i 12 mesi di stagionatura e si evidenzia solo al taglio della forma; il formaggio non è commestibile per lo sviluppo di sapori e odori sgradevoli dovuti alla degradazione delle sostanze azotate. E’ stata la specie più frequente tra quelle rilevate nel digestato ottenuto con insilati, nell’ambito della prova del CRPA.

In tali aree pertanto la realizzazione degli impianti a biogas o di produzione di biometano è possibile solo qualora l’utilizzazione agronomica del residuo del processo di fermentazione (digestato) avvenga in terreni ubicati all’esterno del medesimo comprensorio.

C) Sono idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da biogas e produzione di biometano le zone di coltivazione dei prati stabili, ricadenti nell’ambito delle zone di tutela naturalistica, di cui all’art. 25 del PTPR, a condizione che siano realizzati da aziende agricole zootecniche ivi insediate e che gli impianti localizzati nel Comprensorio di produzione del formaggio Parmigiano Reggiano (DOP) non utilizzino silomais o altre essenze vegetali insilate;

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DA BIOGAS E PRODUZIONE DI BIOMETANO:

 

Il prato stabile è una coltura di graminacee foraggere, non avvicendata da almeno 5

anni, in grado di determinare un incremento della sostanza organica e, quindi, del

carbonio, sua componente principale. La direttiva 2009/28/CE del Parlamento Europeo e

del Consiglio, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, richiama la

necessità di contenere le emissioni di gas ad effetto serra, anche mediante l’adozione di

criteri di conduzione dei terreni agricoli adeguati ad incrementare gli stock di carbonio

nel suolo. La lavorazione di un prato e la sua trasformazione in seminativo causa

un’ossidazione della sostanza organica del terreno, con rilevante emissione di anidride

carbonica.

Inoltre trattandosi di aree destinate a coltura foraggiera di elevata qualità, appare

necessario preservare la stessa dall’inquinamento che deriverebbe dall’utilizzazione

agronomica del digestato di impianti da biogas in cui fosse utilizzato silomais o altre

essenze vegetali insilate, secondo quanto già specificato nella precedente lettera B) del

presente paragrafo.

Pertanto, in coerenza con gli obiettivi perseguiti, si ritiene opportuno limitare la

realizzazione degli impianti da biogas e produzione di biometano alle condizioni indicate

alla precedente lettera C).

D) Sono idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da biogas e

produzione di biometano le aree del sistema dei crinali e del sistema collinare ad

altezze superiori ai 1200 metri (art. 9, comma 5, del PTPR), qualora l’impianto sia

realizzato dal richiedente ivi insediato in regime di autoproduzione;

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DA BIOGAS E PRODUZIONE DI BIOMETANO:

 

L’art. 9 del PTPR al comma 5 tutela le zone del sistema dei crinali e del sistema

collinare ad altezze superiori a 1200 metri, specificando come compatibili con le

caratteristiche dei luoghi le attività destinate a rifugi e bivacchi e a strutture d’alpeggio. E’

compatibile, inoltre, con la tutela paesaggistica l’utilizzazione agricola del suolo e

l’attività di allevamento, non intensivo, se di nuovo impianto.

In queste aree, pertanto, la realizzazione degli impianti da biogas e produzione di

biometano viene ammessa a favore di tali attività ivi insediate, limitatamente

all’autoproduzione.

E) Sono idonei all’installazione di impianti di produzione di energia da biogas e

produzione di biometano le Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Siti di Importanza

Comunitaria (SIC), a condizione che siano realizzati dal richiedente ivi insediato alla

data di pubblicazione sul BURERT del presente atto;

F) Fuori dalle aree di cui alle lettere A), B) C), D) ed E) le aree agricole e le zone

produttive sono considerate idonee all’installazione di impianti di produzione di

energia da biogas e produzione di biometano, senza limiti di potenza nominale

complessiva.

G) Prescrizioni per gli impianti di produzione di energia da biogas e produzione

di biometano

La realizzazione di impianti di produzione di energia da biogas e produzione di

biometano, nelle aree considerate idonee alla localizzazione dal presente atto, è

subordinata all’osservanza delle seguenti prescrizioni:

a) Criteri tecnici per la mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione

e gestione degli impianti a biogas

Al fine di assicurare su tutto il territorio regionale misure uniformi per l’abbattimento delle

emissioni odorigene e contemperare le esigenze di promozione della produzione di

energia da fonti rinnovabili con quelle di tutela dell’ambiente e riduzione degli impatti

sullo stesso, la Giunta regionale stabilisce, sentite le Province, criteri tecnici per la

mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione e gestione degli impianti a

biogas, da osservare nella progettazione e autorizzazione degli stessi.

Ai fini del rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione degli impianti, l’autorità

competente tiene conto della quantità e della distanza di provenienza delle biomasse e

del fatto che le stesse siano ottenute o meno da colture dedicate, in relazione alle

vocazioni del territorio e alle attività e produzioni locali.

L’autorizzazione alla realizzazione all’impianto deve stabilire un piano di monitoraggio

delle emissioni odorigene per un periodo sufficientemente prolungato nel tempo, che

interessi anche la fase di entrata a regime degli impianti, ad esito del quale l’Autorità

competente potrà prescrivere la prosecuzione o la modifica del piano di monitoraggio

ovvero la realizzazione degli ulteriori sistemi di abbattimento degli odori che risultassero

necessari, secondo le indicazioni delle linee guida approvate dalla Giunta regionale.

Le Province prescrivono la realizzazione di un piano di monitoraggio delle emissioni

odorigene anche per gli impianti esistenti e per quelli per i quali, alla data di

pubblicazione sul BURERT del presente atto il procedimento di autorizzazione unica sia

stato concluso o risulti formalmente avviato. A tale scopo le Province integrano, con

apposito atto, l’autorizzazione unica, ove già rilasciata.

In caso di violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione alle emissioni in atmosfera, ivi

comprese quelle relative alle emissioni odorigene, trova applicazione quanto previsto

agli artt. 278 e 279 della parte V del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

Le amministrazioni comunali, in considerazione delle specifiche funzioni insediate nel

proprio territorio o previste dalla pianificazione urbanistica vigente o adottata, possono

individuare nel Regolamento Urbanistico ed Edilizio (RUE) distanze minime per la

localizzazione degli impianti a biogas. La compatibilità di tali limiti con l’attuazione dei

piani energetici, regionale e locali è verificata dalla Provincia nell’ambito delle riserve al

RUE, sulla base dei criteri fissati dalla Giunta regionale d’intesa con le Province stesse.

b) Cumulo degli impatti

Per evitare il cumulo degli impatti derivanti dalla concentrazione degli impianti, la realizzazione degli stessi nella medesima area o in aree contigue èvalutata in termini cumulativi, in sede di rilascio dell’autorizzazione unica o di controllo dei titoli abilitativi sostitutivi, fatta eccezione per gli impianti localizzati in Aree Ecologicamente Attrezzate e aree industriali.

La Regione può emanare specifici criteri tecnici applicativi del presente principio, che tengano conto delle distanze tra impianti e delle tipologie degli impatti previsti. Fino alla emanazione di tali criteri, le valutazioni cumulative sono oggetto di specifica motivazione dell’atto di conclusione del procedimento autorizzativo.

c) Dispersione insediativa

Ai fini della valutazione della localizzazione degli impianti nel territorio rurale, deve essere prevista, alla luce delle ragionevoli alternative, la collocazione all’interno degli insediamenti rurali esistenti, anche riutilizzando edifici non più in uso, ovvero, in subordine, in adiacenza agli stessi, evitando la realizzazione di nuovi insediamenti isolati, che frammentino e alterino la struttura consolidata del paesaggio rurale.

 

4. ENERGIA DA COMBUSTIONE DIRETTA DI BIOMASSE

 

Ai fini del presente atto per impianti a biomasse si intendono quelli che utilizzano i materiali indicati dall’art. 2, comma 1, lettera e), del Decreto Legislativo 3 marzo 2011, n. 28.

A) Sono considerati non idonei all’installazione di impianti a biomasse le seguenti aree:

1. le zone di particolare tutela paesaggistica di seguito elencate, come perimetrale nel piano territoriale paesistico regionale (PTPR) ovvero nei piani provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne attuazione:

1.1 zone di tutela naturalistica (art. 25 del PTPR);

1.2 zone di tutela della costa e dell’arenile (art. 15 del PTPR);

1.3 invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua (art. 18 del PTPR);

1.4 crinali, individuati dai PTCP come oggetto di particolare tutela, ai sensi dell’art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR;

1.5 calanchi (art. 20, comma 3, del PTPR);

1.6 complessi archeologici ed aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a e b1, del PTPR);

2. le aree percorse dal fuoco o che lo siano state negli ultimi 10 anni, individuate ai sensi della Legge 21 novembre 2000, n. 353, "Legge-quadro in materia di incendi boschivi";

3. le zone A e B dei Parchi nazionali, interregionali e regionali istituiti ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005;

4. le aree incluse nelle Riserve Naturali istituite ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO INCOMPATIBILE L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DI PRODUZIONE DI ENERGIA A BIOMASSE:

 

Le zone territoriali indicate ai punti precedenti sono tutelate dal PTPR per le particolari caratteristiche possedute. In particolare, l’art. 25 del PTPR individua e tutela le aree nelle quali sono ammessi solo attività finalizzate alla conservazione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della flora e della fauna, attraverso il mantenimento e la ricostituzione di tali componenti, e il mantenimento delle attività produttive primarie compatibili con i valori naturali e paesaggistici protetti. Le zone di tutela della costa e dell’arenile (art. 15 del PTPR) presentano caratteri di naturalità o di seminaturalità. La

tutela prevista dal PTPR per gli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d'acqua (art. 18 del PTPR) trova motivazione nella necessità di non interferire sull’andamento del corso d’acqua. Il PTPR prevede che i PTCP dettino specifiche disposizioni per i crinali (art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR) e in tal senso i PTCP hanno individuato i crinali che devono essere oggetto di particolare tutela, al fine di salvaguardarne il profilo e i coni visuali. I calanchi (art. 20, comma 3) presentano aspetti naturalistici e paesaggistici particolari che devono essere salvaguardati. Il PTPR tutela i complessi archeologici ed

aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a. e b.1. del PTPR) in quanto aree di rilevante interesse storico-culturale e testimoniale.

Per quanto riguarda i parchi nazionali, interregionali e regionali, l’art. 12 della L. 394/91 individua le zone A come “riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità” e le zone B come “riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio.”. L’art. 25 della L.R. n. 6/2005 individua la zona A come “di protezione integrale, nella quale l'ambiente naturale è protetto nella sua integrità” e la zona B come “di protezione generale, nella quale suolo, sottosuolo, acque, vegetazione e fauna sono rigorosamente protetti. E' vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare costruzioni esistenti ed eseguire opere di trasformazione del territorio che non siano specificamente rivolte alla tutela dell'ambiente e del paesaggio.”

L’art. 2 della L. 394/91 individua le riserve naturali come “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche”. L’art 45, comma 2, della L.R. n.6/2005 dispone che “Nel territorio delle Riserve naturali regionali possono essere previste, attraverso l'atto istitutivo ed il Regolamento di cui all'articolo 46, aree di conservazione integrale nelle quali è vietato l'accesso al pubblico”.

In tali aree l’installazione di impianti a biomasse provoca un impatto ambientale incompatibile con l’obiettivo di tutela individuato.

B) Sono idonee all’installazione di impianti di produzione di energia a biomasse le aree del sistema dei crinali e del sistema collinare ad altezze superiori ai 1200 metri (art. 9, comma 5, del PTPR), qualora l’impianto sia realizzato dal richiedente ivi insediato, in regime di autoproduzione;

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI DA BIOMASSE:

 

L’art. 9 del PTPR al comma 5 tutela le zone del sistema dei crinali e del sistema

collinare ad altezze superiori a 1200 metri, specificando come compatibili con le

caratteristiche dei luoghi le attività destinate a rifugi e bivacchi e a strutture d’alpeggio. E’

compatibile, inoltre, con la tutela paesaggistica l’utilizzazione agricola del suolo e

l’attività di allevamento, non intensivo, se di nuovo impianto.

In queste aree, pertanto, la realizzazione degli impianti da biomasse viene ammessa a

favore di tali attività ivi insediate, limitatamente all’autoproduzione.

C) Sono idonei all’installazione di impianti di produzione di energia a biomasse le

Zone di Protezione Speciale (ZPS) e Siti di Importanza Comunitaria (SIC), a condizione

che siano realizzati dal richiedente ivi insediato alla data di pubblicazione sul BURERT

del presente atto;

D) Fuori dalle aree di cui alla lettera A), B), e C) le aree agricole e le zone

produttive sono considerate idonee all’installazione di impianti a biomasse.

E) Prescrizioni per gli impianti da biomasse

La realizzazione di impianti di produzione di energia da combustione diretta di biomasse,

nelle aree considerate idonee alla localizzazione dal presente atto, è subordinata

all’osservanza delle seguenti prescrizioni:

a) Emissioni in atmosfera

In sede di progettazione e di valutazione degli impianti a biomasse, occorre impedire o

ridurre le emissioni in atmosfera, dando applicazione ai seguenti criteri.

Su tutto il territorio regionale gli impianti per la produzione di energia da biomasse

devono essere realizzati con le migliori tecniche disponibili e, laddove applicabili, devono

rispettare le disposizioni di seguito citate.

Per gli impianti che ricadono nella normativa IPPC, il riferimento principale è la direttiva

2010/75/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alle emissioni industriali

(prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento), in via di recepimento dallo stato

italiano. Altri riferimenti sono i BRef comunitari (Best Available Technique Reference

Document), le cui conclusioni, in base alla direttiva 2010/75/CE, diventeranno vincolanti

per la definizione del valori limite di emissione nei processi di rilascio/rinnovo/riesame

delle AIA (http://eippcb.jrc.es/reference/).

Accanto a questi riferimenti, la Regione sta dando attuazione alle previsioni del D. Lgs.

N. 152 del 2006, con particolare riferimento alla normativa tecnica riguardante tutti i

processi di produzione di energia con potenza inferiore a 50 MWt, tra cui gli impianti a

biomassa legnosa.

Per i motori fissi a combustione interna alimentati a biomasse liquide e biodiesel si fa

riferimento alla Delibera di Giunta Regionale n. 335 del 14 marzo 2011.

Inoltre l’impianto dovrà preferibilmente lavorare in regime di cogenerazione o di

trigenerazione, secondo i criteri e le modalità stabilite dalla delibera dell’Autorità per

l’energia elettrica, ed il gas n. 42/02, onde garantire il massimo rendimento energetico

dallo sfruttamento delle risorse rinnovabili in linea con gli obiettivi del Protocollo di Kyoto

e del pacchetto clima-energia.

Nelle aree di superamento e in quelle a rischio di superamento dei limiti (zone rosso,

arancione e giallo della cartografia riportata in Figura 1) si possono localizzare impianti a

biomasse, a condizione che sia assicurato un saldo almeno zero a livello di emissioni

inquinanti per il PM10 e il NO2, tenuto conto di un periodo temporale di riferimento per il

raggiungimento dell’obiettivo nonché della possibile compensazione con altre fonti

emissive. A tal fine, il proponente allega all’istanza autorizzativa, a pena di

improcedibilità della stessa, un documento che attesta il saldo emissivo dell’impianto,

anche attraverso l’impiego di un assetto impiantistico in regime di cogenerazione o

trigenerazione e la stipula di accordi che assicurino la realizzazione delle condizioni di

compatibilità dello stesso. Gli accordi possono tra l’altro prevedere l’utilizzo, anche

differito nel tempo, dell’energia termica prodotta dall’impianto per diversi usi, secondo

quanto concordato con le amministrazioni locali territorialmente competenti.

Con deliberazione della Giunta regionale, da assumersi entro 60 giorni dalla

pubblicazione del presente atto sul BURERT, sono specificati, in relazione alla criticità

delle diverse aree e alla conseguente individuazione delle condizioni di localizzazione, i

criteri per l’individuazione del computo emissivo per gli impianti di potenza maggiore a

250 kWt.

Le amministrazioni comunali, in considerazione delle specifiche funzioni insediate nel

proprio territorio o previste dalla pianificazione urbanistica vigente o adottata, possono

individuare nel Regolamento Urbanistico ed Edilizio (RUE) distanze minime per la

localizzazione degli impianti a biomasse, ad esclusione di quelli in regime di

cogenerazione o trigenerazione. La compatibilità di tali limiti con l’attuazione dei piani

energetici, regionale e locali è verificata dalla Provincia nell’ambito delle riserve al RUE,

sulla base dei criteri fissati dalla Giunta regionale d’intesa con le Province stesse.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILE A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI

 

Il riferimento territoriale comune per tutti gli interventi di risanamento atmosferico e per tutte le attività impattanti sulla qualità dell’aria è rappresentato dalla carta tematica riportata in Figura 1, che è la risultante dell’incrocio fra le cartografie approvate dalla DGR 344/2011 ed altri elementi “cautelativi” derivanti sia dal comportamento degli inquinanti in oggetto, sia dai dati della qualità dell’aria rilevati sull’intero territorio regionale con riferimento all’anno 2009. In particolare per la realizzazione della carta tematica in oggetto sono stati utilizzati:

a. Le stazioni di misura della qualità dell’aria;

b. Il modello di qualità dell’aria Ninfa della Regione Emilia-Romagna;

Gli inquinanti considerati sono quelli maggiormente critici nel periodo invernale sul territorio regionale e per i quali è necessario prevedere una politica di rientro nei limiti previsti dalla normativa in vigore, PM10 e NO2. Nello specifico per il PM10 è stato utilizzato il numero di superamenti del livello di protezione della salute umana giornaliero (35 superamenti annui della media giornaliera di 50 ug/m3) e per il Biossido di Azoto (NO2) il superamento del livello di protezione della salute umana annuale (40 ug/m3 media annua).

Dall’incrocio delle aree risultanti è stato quindi possibile definire:

• “zona rossa” in cui si ha il concomitante superamento dei livelli normativi suddetti sia per PM10 che per NO2.

• “zona arancione” in cui si ha l’esclusivo superamento del valore limite per il PM10.

• “zona gialla” in cui si è ritenuto indispensabile individuare un elemento di cautela dovuto al fatto che in queste zone del territorio sono presenti, sebbene non con l’uniformità riscontrata nelle aree in rosso/arancione, parecchi punti di “hot spot” in cui si ha il superamento dei livelli normativi per PM10.

• “zona verde” in cui non si sono rilevati superamenti per quanto riguarda questi inquinanti.

In particolare, considerando le zone in giallo evidenziate come aree a rischio di superamento, si è deciso di estendere il territorio in cui, in misura preventiva, è bene effettuare azioni di risanamento e comunque non prevedere la realizzazione di impianti che producano aumento di emissioni di inquinanti in atmosfera.

Ai fini della localizzazione degli impianti per la produzione di energia alimentati a biomasse, sono pertanto individuate le seguenti aree sul territorio della Regione Emilia- Romagna:

- aree di superamento: le aree individuate dai colori rosso e arancione nella Figura 1;

- aree a rischio di superamento: le aree individuate dal colore giallo nella Figura 1.

La cartografia riportata in Figura 1 è reperibile sul sito della Regione Emilia-Romagna in formato GIS compatibile, insieme all’elenco dei Comuni che rientrano in ciascuna zona.

b) Cumulo degli impatti, dispersione insediativa

Per gli impianti a biomasse si applicano altresì le prescrizioni relative al cumulo degli impatti e alla dispersione insediativa dettate, al precedente paragrafo 3, lettera G), per gli impianti di produzione di energia da biogas e produzione di biometano.

 

5. ENERGIA IDROELETTRICA

 

A) Sono considerate non idonee all’installazione di impianti idroelettrici le seguenti aree:

1. le zone di particolare tutela paesaggistica di seguito elencate, come perimetrale nel piano territoriale paesistico regionale (PTPR) ovvero nei piani provinciali e comunali che abbiano provveduto a darne attuazione:

1.1 zone di tutela naturalistica (art. 25 del PTPR);

1.2 sistema forestale e boschivo (art. 10 del PTPR) ferme restando le esclusioni dall’applicazione dei divieti contenute nello stesso articolo;

1.3 crinali, individuati dai PTCP come oggetto di particolare tutela, ai sensi dell’art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR;

1.4 aree del sistema dei crinali e del sistema collinare ad altezze superiori ai 1200 metri (art. 9, comma 5, del PTPR);

1.5 calanchi (art. 20, comma 3, del PTPR);

1.6 complessi archeologici ed aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a e b1, del PTPR);

1.7 gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 del D.lgs 22 gennaio 2004, n. 42, fino alla determinazione delle prescrizioni in uso degli stessi, ai sensi dell’art. 141-bis del medesimo decreto legislativo;

2. le aree percorse dal fuoco o che lo siano state negli ultimi 10 anni, individuate ai sensi della Legge 21 novembre 2000, n. 353, "Legge-quadro in materia di incendi boschivi";

3. le zone A dei Parchi nazionali, interregionali e regionali istituiti ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005;

4. le aree incluse nelle Riserve Naturali istituite ai sensi della Legge n. 394 del 1991, nonché della L.R. n. 6 del 2005.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO INCOMPATIBILE L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI IDROELETTRICI:

 

Le zone territoriali indicate ai punti precedenti sono tutelate dal PTPR per le particolari caratteristiche possedute. In particolare, l’art. 25 del PTPR individua e tutela le aree nelle quali sono ammessi solo attività finalizzate alla conservazione del suolo, del sottosuolo, delle acque, della flora e della fauna, attraverso il mantenimento e la ricostituzione di tali componenti, e il mantenimento delle attività produttive primarie compatibili con i valori naturali e paesaggistici protetti. L’art. 9 del PTPR al comma 5 tutela le zone del sistema dei crinali e del sistema collinare ad altezze superiori ai 1200

metri di altezza, specificando compatibile con le caratteristiche tutelate soltanto attività destinate a rifugi e bivacchi e a strutture d’alpeggio. Il sistema forestale e boschivo (art. 10 del PTPR) ha prioritarie finalità di tutela naturalistica, paesaggistica e di protezione idrogeologica, oltre che di riequilibrio climatico. Il comma 9 del citato articolo ammette nelle aree di tale sistema, ad eccezione delle aree di particolare attenzione (v. ultima parte dello stesso comma 9), la sola realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico di natura tecnologica e infrastrutturale. Il PTPR prevede che i PTCP dettino specifiche disposizioni per i crinali (art. 20, comma 1, lettera a, del PTPR) e in tal senso i PTCP hanno individuato i crinali che devono essere oggetto di particolare tutela, al fine di salvaguardarne il profilo e i coni visuali. I calanchi (art. 20, comma 3) presentano aspetti naturalistici e paesaggistici particolari che devono essere salvaguardati. Il PTPR tutela i complessi archeologici ed aree di accertata e rilevante consistenza archeologica (art. 21, comma 2, lettere a. e b.1. del PTPR) in quanto aree di rilevante interesse storico-culturale e testimoniale. Infine, gli immobili e le aree di notevole interesse pubblico di cui all’art. 136 del D. Lgs. 42 del 2004 sono zone di particolare attenzione dal punto di vista paesaggistico, e pertanto si ritiene congruo prevederne una tutela assoluta finché non saranno determinate le specifiche prescrizioni d’uso che definiscano per ognuno di essi gli interventi ammissibili.

Per quanto riguarda i parchi nazionali, interregionali e regionali, l’art. 12 della L. 394/91 individua le zone A come “riserve integrali nelle quali l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità” e le zone B come “riserve generali orientate, nelle quali è vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio.” L’art. 25 della L.R. n. 6/2005 individua le zone A come “di protezione integrale, nella quale l'ambiente naturale è protetto nella sua integrità” e le zone B come “di protezione generale, nella quale suolo, sottosuolo, acque, vegetazione e fauna sono rigorosamente protetti. E' vietato costruire nuove opere edilizie, ampliare costruzioni esistenti ed eseguire opere di trasformazione del territorio che non siano specificamente rivolte alla tutela dell'ambiente e del paesaggio.”.

L’art. 2 della L. 394/91 individua le riserve naturali come “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche”. L’art 45, comma 2, della L.R. n.6/2005 dispone che “Nel territorio delle Riserve naturali regionali possono essere previste, attraverso l'atto istitutivo ed il Regolamento di cui all'articolo 46, aree di conservazione integrale nelle quali è vietato l'accesso al pubblico”.

In tali aree l’installazione di impianti idroelettrici provoca un impatto ambientale incompatibile con l’obiettivo di tutela individuato.

.

B) Fuori dalle aree di cui alla lettera A), l’installazione degli impianti idroelettrici è subordinata all’osservanza delle seguenti prescrizioni:

1. deve essere rispettato quanto stabilito dalla delibera di Giunta regionale 3 novembre 2008, n. 1793, recante “Direttive in materia di derivazione d’acqua pubblica ad uso idroelettrico”;

2. gli impianti idroelettrici e le opere infrastrutturali connesse possono essere localizzati nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d’acqua (art. 17 PTPR) a condizione che il progetto verifichi la compatibilità rispetto alle caratteristiche ambientali e paesaggistiche del territorio interessato dall’opera stessa, con riferimento ad un tratto significativo del corso d’acqua e ad un adeguato intorno, anche in rapporto alle possibili alternative;

3. gli impianti e le opere infrastrutturali connesse, possono essere localizzati negli invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua (art. 18 del PTPR) alle seguenti prescrizioni:

- qualora siano collocati all’interno dell’alveo inciso del corso d’acqua, a condizione che siano integrate alla briglia e non alterino la funzionalità idraulica dello stesso;

- qualora siano collocati al di fuori dell’alveo inciso del corso d’acqua, a condizione che risultino completamente interrati e non alterino i caratteri di naturalità del sito;

- nella fase di cantierizzazione degli impianti devono essere ridotti al minimo gli impatti sulla funzionalità del corso d’acqua e la compromissione degli elementi di naturalità presenti e deve essere previsto il completo ripristino dei luoghi dopo la realizzazione delle opere;

4. le opere di connessione degli impianti alla rete elettrica possono interessare anche il sistema forestale e boschivo (art. 10 del PTPR) e le zone di tutela naturalistica (art. 25 del PTPR) unicamente qualora non sussistano alternative localizzative e a condizione che le opere risultino completamente interrate o utilizzino linee esistenti, siano esclusi effetti negativi sulle componenti naturali presenti e il progetto preveda il completo ripristino dei luoghi dopo la realizzazione delle opere;

5. per gli impianti idroelettrici ricadenti all’interno di siti della rete Natura 2000 (SIC e ZPS) la Valutazione di incidenza di tali impianti dovrà analizzare in modo puntuale gli impatti delle opere sulle specie animali e vegetali, nonché sugli habitat di interesse comunitario presenti nel sito, indicando eventuali prescrizioni con particolare riferimento ai quantitativi di risorsa anche superiori al Deflusso Minimo Vitale (DMV), che dovranno essere presenti a valle dell’opera di presa in determinati periodi critici per le specie protette.

 

DESCRIZIONE DELLE DISPOSIZIONI CHE RENDONO COMPATIBILI A DETERMINATE CONDIZIONI L’INSTALLAZIONE DEGLI IMPIANTI IDROELETTRICI:

 

La previsione relativa all’ammissibilità degli impianti idroelettrici nelle zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d’acqua, è pienamente coerente con le previsioni del PTPR, in quanto l’articolo 17 dello stesso, al comma 5, lettera e), ammette la realizzazione di sistemi tecnologici per la produzione di energia idroelettrica, a condizione che il progetto rispetti le caratteristiche ambientali e paesaggistiche presenti, con riferimento ad un tratto significativo di territorio e alle possibili alternative.

L’art. 18 del PTPR tutela le aree degli invasi e alvei di laghi, bacini e corsi d’acqua, come perimetrate dagli strumenti di pianificazione paesaggistica. Per la particolare vulnerabilità di tali aree, può ammettersi la realizzazione di impianti idroelettrici esclusivamente nel rispetto delle prescrizioni sopra indicate, finalizzate a preservare pienamente la naturalità e il valore paesaggistico del corso d’acqua.

Inoltre, al punto 4 si precisa che, per gli impianti collocati nelle zone di cui agli articoli 17 e 18 del PTPR, la realizzazione delle opere di connessione alla rete elettrica può essere ammessa anche qualora si debbano attraversare zone di cui agli articoli 10 e 25 del PTPR, purché ciò avvenga nel rispetto delle prescrizioni indicate, volte a salvaguardare i primari valori paesaggistici e ambientali ivi presenti.

Infine al punto 5 è sottolineata l’esigenza di una particolare attenzione per gli impianti localizzati nei SIC e ZPS, sotto il profilo delle esigenze idriche connesse alla tutela delle specifiche specie presenti nel sito stesso.

 

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ultima modifica 2015-04-24T16:37:00+02:00
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