Gli albori della storia
In questo quadro ambientale comparirono – da provenienza che si può solamente ipotizzare – i primi uomini. È presumibile che per un lungo periodo successivo alla fine dell'ultima era glaciale la presenza umana sia stata modesta come consistenza e sporadica come diffusione, limitata a gruppi di cacciatori-raccoglitori che non modificarono in alcun modo la configurazione dell'ambiente naturale.
Ma già attorno alla metà del V millennio a.C. cominciarono le prime, inizialmente lentissime, trasformazioni: nella massa compatta delle foreste furono aperte radure dove nacquero i primi villaggi di capanne di legno, paglia e fango, spesso costruite su palafitte. Le località preferite erano vicino ai corsi d’acqua; intorno agli insediamenti si stendeva una fascia di terreni dissodati per la coltivazione di cereali, legumi, lino e viti ed un'altra di pascoli oltre i quali i boschi si stendevano intatti e sovrani. Questi villaggi neolitici si concentravano in prevalenza nell'alta pianura e nella zona collinare immediatamente retrostante, anche se non mancarono sporadiche penetrazioni nella media pianura dove le più rilevate e asciutte lo consentivano.
L’occupazione di spazi abitabili continuò a lungo con modalità sostanzialmente invariate, man mano favorita dall'introduzione di nuovi materiali - come il bronzo con cui si poterono costruire strumenti di più efficaci e duraturi - e di tecniche agricole più valide. A partire dalla metà del II secolo a.C. popolazioni stabili si spinsero anche nella bassa pianura e nelle zone costiere, dove le attività principali erano la pesca e i commerci in ambito locale. Nel frattempo in tutta la zona fra il Panaro e l'Arda – e a nord del Po – si era affermato il vasto fenomeno delle "terramare", termine con cui sono designati i resti (collinette o semplici cumuli) di ampi villaggi protetti da terrapieni e da fossati allagati. Quella terramaricola fu la prima cultura a lasciare un segno duraturo nel paesaggio regionale: a partire dal 1650 a.C., e per circa 5 secoli, questi villaggi chiaramente pianificati (e che perciò richiedevano una forte coesione sociale) si espansero in Emilia fino ad ospitare una popolazione complessiva stimata dagli storici in più di 100.000 abitanti, concentrati in pianura e nelle prime colline; nella zona interessata la superficie agricola presunta ammontava al 15-20% del territorio, stima sufficiente ad indicare il procedere dei disboscamenti. Già in quest'epoca esisteva sicuramente una pista composta dai diversi tratturi che univano i villaggi situati ai margini della pianura: una linea serpeggiante ai piedi delle colline che costituì il primo, embrionale, asse portante dei traffici e dello sviluppo di questa terra fra l'Appennino e il Po.
Attorno al 1200 a.C. i villaggi terramaricoli furono inspiegabilmente abbandonati, aprendo un enigma storico tuttora insoluto; è lecito supporre che come conseguenza i boschi abbiano riconquistato gran parte del terreno perduto in precedenza. Durante il IX secolo a.C. ebbe inizio anche in Emilia-Romagna l'Età del Ferro; questa fase trovò piena espressione nella "cultura villanoviana", incentrata nella nostra Regione attorno ai due poli di Bologna e di Verrucchio, sorti a controllo delle importanti vie - per le valli del Reno e del Marecchia - che conducevano alle più evolute e popolate contrade dell'Italia centrale. S’iniziò fin da allora a delineare una chiara gerarchia degli abitati ed una concentrazione dei medesimi sui pianori - in posizioni favorevoli e dominanti i corsi d'acqua - che in seguito ospiteranno le città etrusche e romane.
La penetrazione etrusca, probabilmente dapprima di tipo commerciale, produsse i primi veri centri urbani: Fèlsina sorse nel VI secolo a.C. come polo accentratore dei numerosi villaggi dell'area bolognese; Spina nacque come avamposto commerciale nel delta padano e ben presto divenne un florido crocevia fra l'Italia centrale, il mondo greco e l'Europa transalpina. All'inizio del V secolo a.C. fu invece edificata - su un terrazzo fluviale vicino all'odierna Marzabotto – Misa, città completamente etrusca caratterizzata da un impianto urbanistico regolare che denota un’accurata opera di pianificazione.
Verso la metà del IV secolo la Pianura Padana fu occupata da tribù celtiche (Galli Boi, Anamari e Lingoni) le quali lasciarono però scarse tracce sul territorio. Gli scavi archeologici hanno rilevato un generale regresso dei processi avviati dagli Etruschi mediante l'urbanizzazione ed una certa organizzazione degli spazi agricoli, nonché i primi interventi di controllo delle acque.