Un Piano a cui la Regione Emilia-Romagna, dando un’interpretazione sistematica del dettato di legge, affida la tutela dell’identità culturale e dell’integrità fisica dell’intero territorio regionale.

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Questo nella convinzione che non ci sono paesaggi che meritano di essere conservati e altri consumati, ma più correttamente che esistono livelli di trasformabilità differenziati in funzione del ruolo che una determinata porzione di territorio assume nell’ambito del sistema ambientale, naturalistico e storico-culturale di appartenenza.
È questa la visione che dovrebbe accompagnarci quando ci accingiamo a esaminare, o anche solamente a sfogliare, il Piano Territoriale Paesistico Regionale. Tenendo presenti questi concetti, le regole poste dal Piano vanno lette non come impedimenti alle trasformazioni, ma come conoscenza dell’essere del territorio, funzionali a indirizzare le linee dello sviluppo in maniera compatibile con le sue caratteristiche, in modo tale da non disperdere o distruggere l’identità delle nostre comunità.

Sotto il profilo degli elaborati che lo costituiscono, l’impostazione del Piano Paesistico è del tutto tradizionale, essendo formato da un corpo normativo e da una cartografia che delimita le aree a cui si applicano le relative disposizioni. Da un punto di vista più sostanziale esso racchiude invece alcuni contenuti innovativi e grandi potenzialità di sviluppo a partire dal presupposto che il paesaggio non è immutabile nel tempo, né sempre uguale a sé stesso.

Assumendo tale premessa il Piano Paesistico è stato realizzato con riferimento a due principi generali volti a:

  • integrare nella disciplina paesaggistica i contenuti ambientali che stanno alla base delle espressioni fisiche, biologiche e antropiche percepibili, così da interpretare il paesaggio non in termini statici ed estetici, bensì come aspetto tangibile di processi ed equilibri che si stanno sviluppando o che si sono sedimentati nel tempo sul territorio;

  • caratterizzare il Piano Paesistico non come un punto di arrivo immodificabile ma, al contrario, come l’avvio di un processo di assimilazione e attuazione dei principi e degli obiettivi in esso contenuti.


In tal senso è richiesto (obbligatoriamente) agli strumenti territoriali e urbanistici subordinati, o collegati, di assumerne e svilupparne i contenuti, articolando e precisando nel contempo le zonizzazioni e le disposizioni normative al fine di adattarle alle effettive caratteristiche ed esigenze di tutela locali. Dare attuazione al Piano Paesistico dell’Emilia-Romagna significa quindi affrontare la gestione del territorio da una prospettiva diversa: partendo dal riconoscimento delle identità locali e assumendo la consapevolezza (e quindi la responsabilità) del loro valore e degli effetti che azioni improprie, o non sufficientemente ponderate, possono determinare nella trasformazione delle culture e della storia della società regionale a partire dalla modificazione dei caratteri del paesaggio.

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È evidente perciò che l’obiettivo generale e immediato che il Piano si pone è quello di fornire parametri di riferimento che possano essere usati per valutare la compatibilità delle scelte e per avere una chiara cognizione delle conseguenze che tali scelte possono comportare, in termini di coerenza o di perdita di identità, di distruzione di beni o di nuove opportunità – anche economiche – connesse al loro recupero e valorizzazione.
Il Piano Paesistico può quindi essere considerato come la «interpretazione amministrativa» dei paesaggi regionali; esso individua infatti le grandi suddivisioni di tipo fisiografico (montagna, collina, pianura, costa), i sistemi tematici (agricolo, boschivo, delle acque, insediativo) e le componenti biologiche, geomorfologiche o insediative che per la loro persistenza e inerzia al cambiamento (le cosiddette «invarianti» del paesaggio) si sono poste come elementi ordinatori delle fasi di crescita e di trasformazione della struttura territoriale regionale a formare quel palinsesto entro cui si possono distinguere gli elementi più significativi delle diverse epoche che ne determinano il carattere e la forma.
Il Piano identifica inoltre 23 unità di paesaggio quali ambiti in cui è riconoscibile una sostanziale omogeneità di struttura, caratteri e relazioni e che costituiscono il quadro di riferimento generale entro cui applicare le regole della tutela avendo ben presenti il ruolo e il valore degli elementi che concorrono a caratterizzare il sistema (territoriale e ambientale) in cui si opera.
Oggi il Piano Regionale sta vivendo una fase di grande trasformazione per effetto delle elaborazioni che le amministrazioni provinciali stanno realizzando nell’ambito dei loro piani di coordinamento, un ulteriore passo verso l’assimilazione di regole e contenuti a livello locale, passaggio indispensabile, ma non ancora sufficiente, per la salvaguardia dei nostri paesaggi.

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In tale contesto, vengono riconosciuti e approfonditi i caratteri tipici e distintivi di ciascuna realtà locale, ma soprattutto viene sviluppata la comprensione e l’applicazione dei contenuti paesistici in una logica che non è più diretta al vincolo di singole parti o elementi, bensì a una salvaguardia selettiva della connotazione strutturale e strutturante il complesso dei territori provinciali.
Il futuro vedrà impegnata la Regione a introdurre i principi di conservazione del paesaggio nelle politiche di settore e negli strumenti di programmazione economica, come pure ad aumentare la cognizione nella società regionale del paesaggio quale patrimonio comune, in armonia con le finalità previste dalla Convenzione Europea sul Paesaggio - sottoscritta a Firenze il 20 ottobre 2000. Tale azione prende spunto dalla convinzione che nessuna norma, nessun vincolo, per quanto giustificato, possa avere una efficacia maggiore di una raggiunta consapevolezza del valore del paesaggio da parte delle comunità locali, che vivono e lavorano nel territorio regionale, con ciò immedesimandosi nel loro retaggio, in quella memoria collettiva della storia, della natura e della cultura che le identifica e le lega – anche da un punto di vista morale – alle future generazioni.