I vincoli paesaggistici
I vincoli paesaggistici disciplinati dal Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni Culturali e del Paesaggio.
I vincoli paesaggistici
La prima legge organica a livello nazionale inerente la protezione delle bellezze naturali è stata la L.1497 del 1939 Norme sulla protezione delle Bellezze Naturali, (ora sostituita dalla Parte III del Dlgs. 42/04), sulla cui disciplina si sono innestate successivamente le disposizioni dell’art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che attribuiscono alle regioni la delega delle funzioni amministrative esercitate dagli organi periferici dello Stato "per la protezione delle bellezze naturali, per quanto attiene alla loro individuazione e alla loro tutela".
Legge 1479 del 1939
La legge 1497/39 si basa su di una concezione essenzialmente estetica dell’oggetto paesaggistico e riguarda singoli beni, o bellezze d’insieme.
Due sono le categorie di beni che rientrano nella tutela paesaggistica:
a) i beni vincolati con provvedimento ministeriale o regionale di "dichiarazione di notevole interesse pubblico" ai sensi dell'art. 139, cioè le bellezze individue e le bellezze d'insieme (si tratta delle categorie già previste dall'art. 1 della L. 1497/39);
b) i beni vincolati in forza di legge di cui all'art. 146 (previsione che deriva dalla L. 431/85), cioè quelli che insistono su fasce o aree geografiche prevalentemente di tipo fisico per le quali la legge stessa riconosce la necessità di una tutela.
Le Regioni, a cui è trasferita la competenza in materia di pianificazione paesaggistica, hanno il compito di sottoporre a specifica normativa d'uso e valorizzazione il territorio che comprende i beni previsti alla lettera b), attraverso la realizzazione dei Piani Territoriali Paesistici e ambientali, che hanno la finalità di salvaguardare i valori paesaggistici e ambientali, presenti nelle loro realtà territoriali. Nella redazione di tali piani, devono naturalmente tenere conto anche dei beni di cui alla precedente lettera a) e delle prescrizioni per essi previste.
Le categorie ex lege 431
Nel 1985 la L. 431, emanata dal Ministero per i beni culturali e ambientali (ora art. 146 del Dlgs.490/99) traduce il concetto di ambiente e paesaggio, che dalla metà degli anni '70 ha guidato i processi di pianificazione e trasformazione del territorio, dichiarando meritevoli di tutela intere categorie di beni come le coste, le sponde dei fiumi, le foreste, le montagne ecc., alle quali viene riconosciuto un valore primario rispetto a qualsiasi scelta di trasformazione edilizia ed urbanistica, con ciò estendendo il potere di controllo degli organi statali sulla gran parte del territorio nazionale e attuando una politica invasiva della competenza regionale in materia di pianificazione paesistica con la conseguente delegittimazione delle deleghe a suo tempo attribuite.
Gli obiettivi della L. 431 erano stati anticipati nella realtà della Regione Emilia-Romagna , infatti la legge urbanistica regionale (L.R. 47/78 "Tutela ed uso del territorio") all'art. 33, prevedeva già l'estensione delle salvaguardie a intere categorie di beni analoghe a quelle dell'art. 1 della legge 431, orientando in tal senso le politiche regionali e gli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale.
Va comunque riconosciuto alla L. 431/85 il merito di aver innescato una nuova concezione di vincolo, in quanto per la prima volta la legislazione nazionale supera una visione "puntuale" e "casuale", limitata esclusivamente all'aspetto estetico-formale-storicizzato dei luoghi e riferita al territorio geografico, anche se lo stesso non può considerarsi rappresentativo dei paesaggi italiani, in quanto questi sono costituiti da un insieme di tipi fisici ed antropici interagenti.
Anche se la legge non definisce compiutamente, né articola correttamente, il concetto di "tutela e valorizzazione", viene comunque affidato alla complessa e organica operazione di pianificazione il compito di garantire una efficace disciplina di salvaguardia del territorio e viene fornita alle regioni, che dovranno predisporre i propri piani paesistici, l'occasione per rilanciare, o meglio per costruire, una cultura del paesaggio. Aspettativa in larga parte disattesa dall'inattività di molte regioni che hanno sottovalutato l'importanza e il ruolo loro affidato, anche in considerazione dei risvolti economici e di immagine che il paesaggio ha per il nostro paese.
La gestione dei beni paesaggistici
Per la gestione dei beni paesaggistici viene messa in essere una doppia procedura amministrativa, chiamata a giudicare l'ammissibilità o meno degli interventi in zona di vincolo: una di competenza della Regione e una seconda del Ministero per i beni ambientali e le attività culturali.
Gli strumenti per attuare tale verifica di compatibilità attengono alla procedura prevista dalla legge per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche che nella Regione Emilia-Romagna sono state sub-delegate ai Comuni con la LR n.20/2000.
Alla competenza delle regioni (o dei comuni), si giustappone quella del Ministero che attraverso la Soprintendenza esprime parere obbligatorio e vincolante alla richiesta di autorizzazione paesaggistica, così come disciplinato dall'art.146 del Dlgs n.42/2004.
In attuazione dell'art. 82 del DPR n. 616/77, che ha delegato alle Regioni le funzioni relative alla tutela delle bellezze naturali, la Regione Emilia-Romagna ha scelto di subdelegare alcune di queste funzioni ai Comuni già con la LR n. 26/1978, ora abrogata dalla LR n. 23/2009, la quale ha introdotto all’interno della L. R. n. 20/2000 il Titolo III-bis, che, con l’art. 40-sexies, ha confermato la scelta regionale di delegare ai Comuni la competenza della funzione amministrativa di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
Per poter esercitare tale funzione amministrativa, i comuni si sono dovuti adeguare ai criteri fissati dalla Direttiva di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 1676 del 20 ottobre 2008, in attuazione degli articoli 159, comma 1, e 146, comma 6, del D. Lgs. n. 24 gennaio n. 42, e s.m.i.
Gli adempimenti organizzativi e funzionali posti in essere dalla Amministrazione comunale ai fini di tale adeguamento hanno comportato sia la definizione di una Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, sia l'individuazione di una struttura tecnica che presiede all’attività paesaggistica.
Diverse Amministrazioni comunali hanno fatto la scelta di individuare la Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio ovvero la Struttura tecnica che presiede all’attività paesaggistica in collaborazione con altri Comuni.
Requisiti per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica
Premesso che la Regione Emilia-Romagna ha delegato ai Comuni la funzione amministrativa realtiva al rilascio dell'autorizzazione in materia paesaggistica già con la L.R. 26/1976, e successive modificazioni e integrazioni, si riporta di seguito lo stralcio dell'allegato alla Delibera di Giunta Regionale n.1676 del 2008
- ATTUAZIONE DEL D. LGS 24 GENNAIO 2004, N. 42, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI E INTEGRAZIONI - DIRETTIVE AI COMUNI IN MERITO AI REQUISITI DI COMPETENZA TECNICO-SCIENTIFICA E DI ORGANIZZAZIONE PER L’ESERCIZIO DELLA FUNZIONE AMMINISTRATIVA DI RILASCIO DELL’AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA, AI SENSI DELL’ART. 11 DELLA L. R. 1 AGOSTO 1978, N. 26.
1. Criteri di attuazione delle condizioni richieste dal Codice
A. Attribuzione dell’esercizio della funzione amministrativa a strutture con adeguato livello di competenza tecnico-scientifica
In primo luogo, il Codice richiede che venga affidata la funzione di istruttoria delle istanze di autorizzazione in materia paesaggistica a strutture che siano competenti dal punto di vista tecnico scientifico. Si ritiene che i Comuni debbano, pertanto, garantire la preparazione tecnica degli uffici che svolgono tale attività istruttoria. Per quanto sopra specificato, la struttura comunale deve avvalersi della competenza tecnico-scientifica delle Commissioni per la qualità architettonica e il paesaggio, istituite in attuazione dell’art. 3 della L. R. 25 novembre 2002, n. 31 e adeguate ai criteri di seguito stabiliti.
B. Differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia
La seconda condizione richiesta dal Codice per poter delegare i Comuni alla funzione di rilascio dell’autorizzazione, è che questi garantiscano tale differenziazione tra i procedimenti paesaggistico e urbanistico-edilizio. La richiesta nasce dalla necessità di non confondere i due procedimenti di cui uno, quello paesaggistico, è autonomo e presupposto giuridico rispetto al procedimento di rilascio del titolo abilitativo edilizio, il quale deve essere rilasciato solo a seguito della positiva conclusione del procedimento relativo all’autorizzazione paesaggistica (v. art. 146, comma 4 del Codice). Come sopra già chiarito, si ritiene che tale condizione sia già soddisfatta dalla istituzione della Commissione comunale per la qualità architettonica e il paesaggio, istituita ai sensi dell’art. 3 della L. R. n. 31 del 2002, in quanto organo i cui componenti, esclusivamente tecnici di elevata competenza e specializzazione, devono essere di norma esterni alle strutture amministrative comunali, non consentendo la nomina di soggetti che ricoprono cariche politico-istituzionali. In questo senso, è opportuno non inserire all’interno della Commissione quali membri i tecnici comunali che seguono l’istruttoria delle autorizzazioni, i quali dovranno esclusivamente avere il compito di presentare le istanze alla Commissione stessa.
Peraltro, si chiede ai Comuni di individuare e nominare differenti responsabili per i due distinti procedimenti, ai sensi dell’art. 5 della Legge 7 agosto 2000, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni, così da permettere una efficace e maggiore differenziazione delle attività amministrative.
2. Requisiti dei componenti della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio
In base all’art. 3 della L. R. n. 31 del 2002, la composizione della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio è regolata dal Consiglio comunale attraverso il Regolamento Urbanistico e edilizio (RUE). Tuttavia, i criteri di seguito indicati devono ritenersi i requisiti minimi obbligatori, anche ai fini di omogeneizzare a livello regionale la competenza tecnico-scientifica dei componenti delle Commissioni.
I componenti devono essere scelti tra i tecnici esterni all’amministrazione e in ogni caso non facenti parte della Sportello unico per edilizia, che siano in possesso di diploma universitario/diploma di laurea o diploma di scuola media superiore attinenti a materie quali l’uso, la pianificazione e la gestione del territorio e del paesaggio, la progettazione edilizia e urbanistica, la tutela dei beni architettonici e culturali, le scienze geologiche, naturali, geografiche, ambientali, agrarie e forestali.
I componenti devono, altresì, aver maturato una qualificata esperienza, almeno triennale se laureati ed almeno quinquennale se diplomati, nell’ambito della libera professione o in qualità di pubblico dipendente ovvero attraverso altra esperienza professionale analoga, in una delle materie sopra indicate.
Il possesso del titolo di studio e l’esperienza maturata dovranno risultare dal curriculum individuale allegato alla candidatura presentata.
Tale curriculum potrà, altresì, dar conto di eventuali ulteriori esperienze professionali, della partecipazione a corsi di formazione relativi alla tutela del paesaggio ed dell’esperienza maturata nella partecipazione alle Commissioni per la qualità architettonica e il paesaggio.
3. Istituzione e nomina della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio
I Comuni istituiscono e disciplinano, con specifico provvedimento, la Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio ai sensi dell’art 3 della L. R. n. 31 del 2002 e dell’articolo 148 del Codice, in conformità ai presenti criteri.
I Comuni possono, in alternativa, costituire Commissioni intercomunali nell’ambito delle forme associative previste dalle leggi regionali e nazionali, con particolare riguardo alle Unioni di Comuni e funzioni di cui alla L. R. 30 giugno 2008, n. 10. Si ritiene che possa essere istituita la Commissione tra Comuni contermini sulla base dei sistemi ovvero delle unità di paesaggio individuate dal P.T.P.R., dal P.T.C.P. e dai Parchi, così da garantire una valutazione complessiva dal punto di vista territoriale e paesaggistica .
Infine, si segnala la possibilità, in base alle disposizioni dell’art. 30 del D. Lgs. 267/2000, di stipulare convenzioni tra comuni contermini: tali convenzioni dovranno chiaramente indicare i rapporti tra i diversi Enti anche relativamente alla composizione, nomina, durata, validità delle sedute della Commissione stessa.
Le candidature vengono raccolte a seguito di espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ovvero della richiesta di designazione di terne di candidati agli ordini e collegi professionali, agli organismi scientifici e alle università.
I membri della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio sono nominati, con il medesimo provvedimento istitutivo o con successivo specifico atto, sulla base dei criteri e del possesso dei requisiti indicati al punto precedente ed a seguito di comparazione dei curricula.
Va precisato infine che i Comuni che abbiano già istituito una Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, ai sensi dell’art 3 della L. R. 25 novembre 2002, n. 31, non debbono provvedere ad una nuova istituzione qualora quella esistente risulti adeguata e conforme ai presenti criteri. Questa condizione deve essere oggetto di una esplicita certificazione dell’Ente da inviare alla Regione con le modalità indicate più avanti.
4. Struttura tecnica del Comuni
I Comuni, al fine di garantire una adeguata istruttoria tecnico-amministrativa delle richieste di autorizzazione paesaggistica, individuano la struttura tecnica cui attribuire la responsabilità di verificare la documentazione allegata alla richiesta di autorizzazione, acquisire il parere della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio e trasmettere alla Soprintendenza territorialmente competente tali documenti unitamente alla relazione tecnica illustrativa prevista dall’art. 147, comma 7, del Codice.
I Comuni, ove ne fossero carenti e lo ritenessero opportuno, possono prevedere forme consorziate o convenzionate per la costituzione di tale struttura ovvero per l’attribuzione di tali compiti a una struttura esistente anche presso un altro Comune, nell’ambito delle forme associative previste dalle leggi regionali e nazionali, con particolare riguardo alle Unioni di Comuni e funzioni di cui alla L. R. 30 giugno 2008, n. 10, o sulla base dei sistemi ovvero delle unità di paesaggio individuate dal PTPR, dal PTCP e dai Parchi.
Al fine di rafforzare la differenziazione tra i procedimenti paesaggistico e urbanistico-edilizio richiesta dal Codice, già assicurata dalla partecipazione al procedimento della Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio, in quanto organo esterno all’Amministrazione comunale, i Comuni, inoltre, individuano e nominano due distinti responsabili per i due distinti procedimenti..