In ordine cronologico: 2001, 2000, 1999, 1998, 1997, 1996, 1995, 1994 

2001

  • TAR Sardegna, Sentenza 30 novembre 2001 n. 1288
    Project financing nei settori esclusi
    È legittimo, ancorché non espressamente previsto dal d.lg. n. 158 del 1995 in tema di appalti nei settori esclusi, il ricorso allo strumento del cd. "project financing" di cui agli art. 37 bis ss. l. n. 109 del 1994 per la realizzazione del progetto preliminare della rete comunale di distribuzione del gas presentato dal promotore.
  • TAR Lombardia, Milano, Sentenza 31 maggio 2001 n. 4729
    Immodificabilità della proposta
    L’art. 37 ter affida all’Amministrazione il compito di valutare l’ammissibilità o meno del progetto - eventualmente proponendo modifiche o correttivi di lieve entità - non quello di modificarne radicalmente l’impostazione, con la conseguenza che,qualora il progetto presenti profili che l’Amministrazione giudica non coerenti con le funzioni da insediare e lo stralcio delle relative previsioni privi la proposta dei corrispondenti introiti finanziari, dovrà ritenersi integrata la presenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera e la proposta non potrà giudicarsi di pubblico interesse. La sostanziale immodificabilità della proposta viene desunta, in particolare, dalla centralità che in essa assume il piano economico e finanziario predisposto dal promotore.

2000

  • TAR Toscana Sentenza 25 ottobre 2000 n. 2188 (PDF - 18.1 KB) 
    Giurisdizione in materia di concessione
    Nel caso di contratti relativi alla costruzione e gestione di un'opera pubblica, va distinto quanto attiene all'esercizio del pubblico servizio (e, quindi, alla gestione dell'opera che vi è funzionalmente collegata), e quanto riguarda, invece, la sua costruzione e/o un momento successivo allo stesso avvio dei lavori commessi in appalto. In tale ipotesi, pur confluendo in un unico procedimento di evidenza pubblica ed in un unico contesto negoziale, sono in effetti evidenziabili due distinti rapporti giuridici, dei quali: l'uno, relativo all'affidamento dei lavori di costruzione dell'opera, alle cui controversie non possono applicarsi che le regole ordinarie di riparto della giurisdizione; l'altro (consecutivo e che presuppone l'avvenuta ultimazione e collaudo dell'opera), concernente lo svolgimento, in concessione, del pubblico servizio, alle cui controversie e vicende deve propriamente riferirsi la disposizione (derogatoria degli ordinari criteri di riparto) contenuta nell'art. 5 della l. 6 dicembre 1971 n. 1034.
    Nel caso di concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche, le controversie che riguardano lo svolgimento del rapporto relativo alla gestione dell'opera funzionalmente destinata al pubblico servizio appartengono alla giurisdizione del Giudice amministrativo; rientrano invece nella giurisdizione dell’AGO le controversie inerenti la costruzione e le altre relative all'adempimento di obbligazioni autonome che si affianchino agli obblighi inerenti l'esecuzione dell'opera (1) (alla stregua del principio, nella specie il ricorso proposto, tendente ad ottenere il riconoscimento di oneri aggiuntivi in relazione alla concessione di costruzione e gestione dall'ampliamento della discarica di Bulicata, è stato ritenuto inammissibile, rientrando la relativa controversia nella giurisdizione dell’AGO).
    A seguito dell'entrata in vigore della normativa di cui alla L. 21 luglio 2000 n. 205, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si estende: 1) a tutte le controversie in materia di pubblici servizi (cfr. art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dal I comma dell'art. 7 della l. 205 del 2000); 2) ed alle "controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti... tenuti all'applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica..." (cfr. art. 6 della citata legge 205 del 2000); esulano comunque da siffatto ambito cognitivo le controversie nelle quali venga in considerazione lo svolgimento (e quindi non l'affidamento) del rapporto concessorio concernente la costruzione e gestione di un'opera pubblica.

1999

  • Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana - 3 novembre 1999 n. 576 (solo massima)
    Giurisdizione in materia di concessione – gare indette dal concessionario
    Le concessioni traslative per la realizzazione di opere pubbliche rientrano nel regime dell'art. 5 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, che affida al giudice amministrativo la cognizione delle controversie relative alle concessioni di beni o di servizi pubblici; peraltro, tale disciplina è stata novellata dall'art. 31 bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m.(introdotto dall'art. 9 L. 2 giugno 1995 n. 216), che ai fini della tutela giurisdizionale equipara le concessioni in materia di lavori pubblici agli appalti, con la conseguenza che la cognizione del giudice ordinario anche nei casi di concessione appalto è limitata alle ipotesi nelle quali l'oggetto della controversia sia individuabile nella determinazione del quantum del corrispettivo, della liquidazione di posizioni patrimoniali e delle vicende dell'esecuzione.
    In tema di gara indetta dal concessionario di un'opera pubblica, il bando è atto amministrativo a carattere normativo, lex specialis della procedura, rispetto alla quale l'eventuale jus superveniens di abrogazione o di modifica di clausole non ha effetti innovatori, salvo ovviamente l'eventuale esercizio del potere di autotutela da parte del concessionario, esercente potestà amministrativa in forza di quella sorta di delegazione intervenuta sulla base della concessione.
  • Consiglio di Stato, Sez. IV - 4 ottobre 1999 n. 1515 (solo massima)
    La fusione di aziende, pur comportando la successione a titolo universale dell'impresa incorporata in quella incorporante, non può avere effetto ai fini del trasferimento della qualità di concessionario dell'opera pubblica.
    Secondo la normativa anteriore alla legge 18 novembre 1998 n. 415, la concessione di opera pubblica, anche se di sola costruzione, è istituto diverso dall'appalto, perché il concessionario non assume la sola obbligazione di compiere l'opera pubblica, vale a dire di svolgere la semplice attività materiale di costruzione di questa, ma, nella sua figura tipica, è investito di poteri e facoltà propri dell'Ente concedente, per cui, poiché con la concessione avviene il trasferimento dell'esercizio di funzioni pubbliche in capo al concessionario, l'esercizio delle stesse non può che avvenire con atti sostanzialmente amministrativi.
    In tema di concessione di opera pubblica, la posizione dell'Amministrazione concedente non è assimilabile a quella dei creditori legittimati a proporre opposizione alla fusione di società ai sensi dell'art. 2503 Cod. civ., per cui è impossibile una cessio legis dei diritti e degli obblighi delle società estinte nei confronti della società che risulta dalla fusione o dall'incorporazione, con la conseguente necessità di un'accettazione espressa da parte dell'Amministrazione del nuovo soggetto nella posizione di concessionario, accettazione alla quale non può essere equiparata l'inerzia che l'Ente abbia tenuto sulla comunicazione dell'intervenuta incorporazione.
  • TAR Trieste - 27 aprile 1999 n. 537 (solo massima)
    In tema di pubblici appalti, il potere della pubblica amministrazione di non procedere alla aggiudicazione, almeno fino alla stipula del contratto, deve essere esercitato previa congrua motivazione ed è subordinato a precisi motivi di pubblico interesse, che vanno espressamente esplicitati.
  • TAR Trento - 27 marzo 1999 n. 116 (solo massima)
    Tutte le operazioni di gara relative ai procedimenti concorsuali finalizzati alla scelta del privato contraente con la Pubblica amministrazione, da porre in essere fino al momento di formale chiusura della stessa, sono di competenza della Commissione giudicatrice all'uopo nominata; pertanto, è di competenza del detto organo collegiale anche la verifica delle offerte sospette di anomalia, da compiere prima di concludere il procedimento con l'individuazione dell'aggiudicatario.
    Ai sensi dell'art. 20, co. 2, lett. b) della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m., i concessionari di costruzione e gestione di lavori pubblici sono tenuti ad applicare le procedure di scelta del contraente e i criteri di aggiudicazione previsti dagli artt. 20 e 21 stessa legge, risultando irrilevante a tal fine che essi abbiano veste societaria (nella specie, società per azioni) e risultando invece assorbente il rilievo che essi agiscono nell'esercizio di pubbliche funzioni ad essi trasferite dall'Amministrazione concedente.
    Nel sistema introdotto dall'art. 21, co.1 bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m., per le opere di importo superiore alla soglia comunitaria, non tutte le offerte presentate dalle imprese concorrenti devono essere sottoposte a verifica di anomalia, ma solo quelle che, in base a dati oggettivi e predeterminati finalizzati a garantire l'imparzialità dell'azione amministrativa, siano sospette di ribasso anomalo.
  • TAR Milano - 12 gennaio 1999 n. 109 (solo massima)
    Il nomen utilizzato dalla stazione appaltante in sede di bando di gara per l'aggiudicazione dei contratti della Pubblica amministrazione non ha rilevanza sulla qualificazione sostanziale della procedura di appalto in concreto seguita.

1998

  • Consiglio di Stato, Sez. IV - 5 giugno 1998 n. 918 (solo massima)
    Nel rapporto di concessione di opera pubblica il concessionario deve scegliere gli assuntori dei lavori applicando la norma che sarebbe tenuta ad applicare l'Amministrazione concedente. 
  • TAR Cagliari - 27 maggio 1998 n. 531 (solo massima)
    Dal combinato disposto dell'art. 19, co. 4 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m., come sostituito dall'art. 6 bis della legge 2 giugno 1995 n. 216, e del successivo comma 5 può desumersi il principio che gli appalti di opere pubbliche debbono essere in via preferenziale e per quanto possibile stipulati a corpo, ma non è fissata alcuna percentuale massima per la parte di lavori da appaltare eventualmente a misura, cosicché questa potrebbe estendersi, al limite, alla quasi totalità dell'opera.

1997

  • TAR Lombardia - 21 ottobre 1997 n. 912 (solo massima)
    L'espressione "concessione di sola costruzione" contenuta nell'art. 1 comma secondo, legge 8 agosto 1977 n. 584, va interpretata in relazione al disposto della direttiva CEE n. 305 del 1971, che qualificava "concessione" soltanto quella che per il diritto interno si sarebbe definita come concessione di costruzione e gestione, e soltanto essa veniva esclusa dalla direttiva medesima, fermo restando che ogni altra fattispecie di realizzazione di lavori pubblici che non comportasse anche la gestione delle opere doveva essere assoggettata al regime delle gare comunitarie; pertanto, l'espressione dell'art. 1 secondo comma legge n. 584 del 1977 cit., in coerenza col dettato comunitario, va interpretata nel senso che la categoria della "concessione di sola costruzione" individua ed abbraccia tutte le ipotesi in cui l'attivita' del concessionario riguarda soltanto la costruzione dell'opera e non anche la sua successiva gestione.
  • TAR Campania - 7 ottobre 1997 n. 2471 (solo massima)
    La scelta del soggetto concessionario da parte dell'Amministrazione concedente e' fondata sull'intuitus personae; pertanto, non e' possibile per il concessionario cedere la concessione di un'opera pubblica senza la specifica, espressa e puntuale adesione dell'Autorita' concedente, e cio' anche se tale cessione derivi, quale effetto giuridico, diretto o indiretto, dall'incorporazione della Societa' concessionaria in altra Societa', inizialmente estranea al rapporto concessorio.
  • Consiglio di Stato, Sez. IV - Sentenza 28 maggio 1997 n. 584 (solo massima)
    In tema di finanziamento delle opere pubbliche, la disciplina di cui all'articolo 19, comma secondo, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m., si applica non solo alle concessioni assentite in base a procedimento concorsuale, ma anche alle concessioni assentite per legge (nella specie l'articolo 3, comma terzo, del D.L. 21 aprile 1995 n. 118 convertito dalla legge 21 giugno 1995 n. 235.)
  • TAR Torino - 26 marzo 1997 n. 174 (solo massima)
    La facoltà di dettare a verbale riserve sulla legittimità delle operazioni di gara ha il mero valore di sollecitazione dell'Amministrazione perché faccia uso dei propri poteri di autotutela, mentre il mancato uso di tale facoltà, non comportando acquiescenza, non preclude l'esperimento dei rimedi giurisdizionali avverso eventuali provvedimenti lesivi.
    E' illegittima la riapertura di una gara d'appalto dopo che sia intervenuta l'aggiudicazione, giacché - ove abbia riscontrato vizi nel procedimento - l'Amministrazione può solo provvedere all'annullamento d'ufficio della gara stessa.
  • TAR Torino, Sez. II - 10 marzo 1997 n. 126 (solo massima)
    Le clausole della lettera d'invito ad una gara pubblica non rivestono carattere prevalente ed assorbente rispetto a quelle del capitolato speciale d'appalto, per cui le disposizioni dell'una e dell'altro vanno interpretate non nel contesto di un rapporto di prevalenza, bensi di complementarietà.

1996

  • Consiglio di Stato - 30 agosto 1996 n. 1818 (solo massima)
    Il rapporto contrattuale basato su un appalto esclude la ricognizione di debito, atteso che il pagamento del corrispettivo in denaro costituisce esatto adempimento dell'obbligo negoziale dell'appaltatore.
    Nel caso in cui l'Amministrazione non sia parte diretta o indiretta di un contratto d'appalto, il pagamento diretto da essa effettuato, in quanto organo concedente rispetto al concessionario appaltante, in favore dell'appaltatore (in relazione ad un possibile arricchimento senza causa da parte dello Stato) non è legittimo, poiché il rapporto concessorio ha natura amministrativa e non contrattuale che non trasforma la posizione dell'Amministrazione (formalmente estranea al rapporto contrattuale) da terzo a parte del negozio de quo. Il pagamento diretto da parte dell'Amministrazione - a favore di una impresa per riconosciuta realizzazione di lavori pubblici a totale carico dello Stato - in presenza di un atto di pignoramento presso terzi, regolarmente notificato all'Amministrazione, contrasta con gli artt. 2912, 2913, 492 e 546 Cod. proc. civ.; invero, l'atto di pignoramento rende inefficaci ex lege nei confronti dei creditori pignoranti e dei creditori intervenuti gli atti di disposizione dei beni esecutati e, in caso di pagamento diretto all'appaltatore, i medesimi creditori possono, per effetto dell'art. 2913 Cod. civ., escutere l'Amministrazione per l'intera somma costituente credito dell'originario debitore. Il pagamento diretto da parte dell'Amministrazione di un credito relativo ad un contratto di appalto di opera pubblica di cui essa non sia parte, in quanto organo concedente rispetto al concessionario appaltante, non è efficace né opponibile ai creditori, lasciando l'Amministrazione responsabile nei loro confronti, tenuto anche conto che essa, ai sensi dell'art. 546 Cod. proc. civ. è soggetta, a seguito di pignoramento, alla responsabilità del custode in ordine alle somme di denaro pignorate. L'inammissibilità giuridica di un pagamento diretto da parte dell'Amministrazione di un credito ad un contratto di appalto di opera pubblica di cui essa non sia parte (per essere solo concedente) obbliga l'Amministrazione stessa ad attendere l'esito del procedimento di espropriazione attivato dal creditore procedente, e in particolare i provvedimenti emessi dall'Autorità giudiziaria nell'ambito dell'esecuzione forzata.
  • Consiglio di Stato - 24 aprile 1996 n. 903 (solo massima)
    In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, il sistema sanzionatorio previsto per la ritardata ultimazione dei lavori - reso più complesso dalla circostanza che le singole convenzioni di concessione prevedono, per la loro attuazione, la successiva sottoscrizione di atti integrativi ciascuno dei quali può comprendere non più di una tipologia di lavori e forniture, con la conseguenza che, a fronte di ogni singola convenzione e del termine da essa previsto, esiste una pluralità di atti integrativi, ognuno con una sua diversa data di ultimazione dei lavori, ma privo di una autonoma clausola penale - deve prevedere, in caso di violazione dei termini contenuti nei singoli atti integrativi, l'immediata applicazione della penale stabilita per il termine finale di convenzione (anche se il termine della concessione non sia contemporaneamente superato). In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, gli atti integrativi - non aventi natura di autonomo atto contrattuale - sottoscritti ai fini dell'attuazione delle singole convenzioni di concessione (che con esse concorrono a formare un inscindibile regolamento contrattuale) hanno il ruolo di specificare elementi determinabili solo in via successiva; pertanto, le pattuizioni convenzionali non intaccate dall'atto integrativo devono essere considerate integralmente applicabili ad esso. In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, le previsioni degli atti integrativi delle convenzioni - i quali conservano pur sempre una autonoma portata precettiva che va ad aggiungersi a quella della convenzione base completandola con disposizioni con essa compatibili - hanno valore di accettazione del progetto esecutivo da parte del concessionario (la cui sottoscrizione da parte di quest'ultimo costituisce vero e proprio adempimento convenzionale) e stabiliscono l'esatta consistenza delle opere da realizzare, dei corrispettivi relativi dettando ogni altra norma contrattuale che si rendesse necessaria per completare la disciplina della concessione. In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, i termini di ultimazione dei lavori previsti dagli atti integrativi delle convenzioni - intermedi rispetto al termine finale della convenzione - hanno carattere perentorio. In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, la disciplina relativa all'applicazione delle penali per ritardata ultimazione dei lavori contenuta nella convenzione tipo di concessione da stipulare nell'ambito del programma previsto dalla citata legge contempla due ipotesi di ritardo; la prima applicabile ad ogni tipo di termine previsto nei vari atti convenzionati (anche integrativi) intercorrenti tra esercente e concessionaria e prevede la sanzione della penale per il caso in cui il concessionario non rispetti il termine ivi previsto (con due diverse aliquote di penale a seconda dei giorni di ritardo) mentre la seconda ipotesi - che non implica l'applicazione diretta di una penale di carattere economico ulteriore a quella (necessariamente) già in corso di applicazione - si riferisce al caso in cui il concessionario, che si trovi in una situazione di ritardo rispetto ad un atto integrativo, prolunghi tale ritardo in modo da superare il termine finale di convenzione con conseguente potestà di revoca per l'esercente per inadempimento della concessionaria con diritto ad ottenere l'integrale risarcimento del danno anche oltre il limite convenzionalmente predeterminato dalla penale. In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, le aliquote delle penali relative alla ritardata ultimazione dei lavori previsti dagli atti integrativi della convenzione base (e quindi alla violazione di ciascuno dei termini intermedi da tali atti stabiliti) non possono calcolarsi sull'importo complessivo della concessione, bensi - anche alla luce del principio di proporzionalità della clausola penale sancito dall'art. 1384 Cod. civ. - sull'importo del singolo atto integrativo interessato dal ritardo in quanto solo le prestazioni relative ai singoli atti integrativi possono latu sensu assimilarsi ad « appalti ». In sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, le aliquote delle penali relative alla ritardata ultimazione dei lavori degli atti integrativi della convenzione base vanno applicate sull'importo del singolo atto integrativo interessato dal ritardo considerato al lordo del prezzo chiuso in quanto esso è fin all'origine parte del prezzo contrattuale, prezzo che, a causa della funzione specificativa degli atti integrativi, può essere definito unicamente con riferimento al singolo atto integrativo senza che per questo venga meno la sua funzione retributiva, essendo il corrispettivo dell'appalto costituito anche dal prezzo chiuso, il quale è poi puntualmente indicato al solo fine di una immediata visualizzazione dell'incidenza dello stesso sull'economia generale del negozio. Premesso che in sede di attuazione degli interventi in tema di ammodernamento e potenziamento delle ferrovie in concessione ed in gestione commissariale governativa, ai sensi dell'art. 2 terzo comma L. 22 dicembre 1986 n. 910, l'art. 12 L. 10 dicembre 1981 n. 741 stabilisce che « i capitolati speciali possono prevedere la corresponsione alle imprese di premi di incentivazione per accelerare l'esecuzione dei lavori » e che la circolare del Ministero dei lavori pubblici n. 110 del 1982 stabilisce che l'entità del premio potrà al massimo essere pari a quello stabilito per la penale prevista in caso di ritardo, l'applicazione di tale premio - tenendo presente che detto incentivo svolge una funzione inversa a quella della penale per il ritardo - soggiace alle stesse modalità applicabili in materia di penali, con l'unica differenza relativa all'aliquota, che è comunque fissata nella percentuale dello 0,02%, indipendentemente dai giorni di anticipo sul termine finale per l'ultimazione dei lavori e che pertanto, esclude incrementi o limiti alla misura del premio stesso, ferma restando l'attribuzione di questo solo nei casi in cui l'originario termine di convenzione non sia superato, poiché in caso di proroga nulla è dovuto al concessionario ancorché questi abbia a completare i lavori entro un termine inferiore a quello prorogato.
  • TAR Roma, Sez. III - 26 febbraio 1996 n. 350 (solo massima)
    L'art. 19, secondo comma, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m. che, in tema di sistemi di realizzazione dei lavori pubblici prevede che le Amministrazioni aggiudicatrici affidino in concessione i lavori medesimi esclusivamente nel caso in cui la concessione abbia ad oggetto, oltre alla esecuzione, anche la gestione delle opere e che in tal caso la controprestazione a favore del concessionario consista unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente le opere, prevede altresi che, qualora nella gestione dell'opera siano previsti prezzi o tariffe amministrati o controllati, il soggetto concedente assicuri al concessionario l'equilibrio economico finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare, anche mediante un prezzo che non può comunque superare il 50% dell'importo totale delle opere e il cui pagamento avviene a collaudo effettuato; la detta disposizione, chiaramente ispirata alla tutela dell'interesse finanziario dello Stato e diretta ad impedire che l'onere delle opere soggette a fruizione differenziata ricada per intero sulla fiscalità generale, costituisce limite applicabile ad ogni tipo di concessione di lavori pubblici non ancora finanziata e, in base all'art. 1 quarto comma legge cit., può essere derogato da altra legge solo per dichiarazione espressa con specifico riferimento alla disposizione medesima (nella specie, è stato ritenuto applicabile a concessione di progettazione, costruzione e gestione disciplinata dall'art. 3 terzo comma D.L. 21 aprile 1995 n. 118 convertito dalla L. 21 giugno 1995 n. 235, per la realizzazione della circonvallazione di Oulx, dell'accesso a Sauze Oulx e del collegamento all'autostrada A32).
  • Consiglio di Stato, Sez. IV - 13 febbraio 1996 n. 148 (solo massima)
    Appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo, ex art. 5 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 in relazione all'art. 5 c.p.c. sub art. 2 della legge 26 novembre 1990 n. 353, non soltanto le controversie in materia di concessioni di pubblici servizi, ma anche quelle in materia di concessioni traslative di pubbliche funzioni, quali le concessioni di sola costruzione, instaurate anteriormente all'entrata in vigore dell'art. 31-bis, comma quarto, della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m. sub art. 9 del D.L. 3 aprile 1995 n. 101 convertito dalla legge 2 giugno 1995 n. 216, con conseguente preclusione della giurisdizione arbitrale e nullità della clausola arbitrale eventualmente stipulata in violazione di tale riserva.

1995

  • Consiglio di Stato - 20 marzo 1995 n. 347 (solo massima)
    E' infondata la tesi - in tema di convenzioni per la concessione di sola costruzione concernenti lavori aeroportuali - secondo cui spetta al concessionario compensare i tecnici che svolgono le funzioni dell'ingegnere capo (salvo rivalersene computando il relativo costo ai fini della determinazione del corrispettivo per spese generali) basandosi essa, da un canto sul presupposto che dette funzioni siano imputabili al concessionario medesimo, non all'Amministrazione concedente, e dall'altro canto che il potere riservato a quest'ultima dalle convenzioni sia soltanto quella di designare le persone fisiche chiamate ad esplicarle in concreto; in altri termini anche i poteri inerenti alla figura dell'ingegnere capo, oltre che quelli inerenti alla figura del direttore dei lavori, sarebbero trasferiti al concessionario e la sola differenza, rispetto allo schema usuale della concessione, consisterebbe in ciò che l'Amministrazione concedente si riserva una certa ingerenza nella scelta delle persone fisiche designate ad esercitarli in concreto; al contrario, in tali convenzioni, quelle funzioni direttive e di vigilanza - che per comodità si suole indicare con riferimento alla figura dell'ingegnere capo delineata dal R.D. 25 maggio 1895 n. 350 - sono escluse dall'ambito della concessione e riservate in via esclusiva all'Amministrazione concedente. La distinzione tra la figura del direttore dei lavori e quella dell'ingegnere capo ha senso solo nel contesto di un ordinamento gerarchico come quello della Pubblica amministrazione. L'ingegnere capo non si differenzia dal direttore dei lavori per un plus di conoscenze e di esperienze tecnico-professionale ma solo perché titolare di un ufficio dotato di supremazia gerarchica nell'ordinamento amministrativo; infatti il R.D. 25 maggio 1895 n. 350 sottrae al direttore dei lavori la competenza a prendere questa o quella decisione, e la riserva all'ingegnere capo, non perché detta decisione sia ontologicamente estranea alle competenze tecnico-professionali del primo, ma perché vuole che essa, per la sua maggiore rilevanza, sia presa ad un livello gerarchicamente superiore. Alla luce della ratio che nel sistema del R.D. 25 maggio 1895 n. 350 informa la separazione della figura dell'ingegnere capo da quella di direttore dei lavori ed alla ripartizione delle rispettive sfere di competenza, gli atti dell'ingegnere capo si qualificano essenzialmente come provvedimenti, piuttosto che come soluzioni di problemi tecnici. Le clausole convenzionali relative a concessione di lavori aeroportuali non possono avere senso se non in quanto le si intenda come volte a riservare all'Amministrazione concedente la potestà d'interferire nello svolgimento della concessione mediante atti provvedimentali o comunque costituenti esercizio di poteri autoritativi; pertanto, da un lato i funzionari cui spetta, in ragione del mandato ricevuto, emettere quegli atti e quei provvedimenti non hanno titolo ad una speciale retribuzione, perché si tratta di un mandato inerente all'ufficio ricoperto, ed alle funzioni gerarchiche di loro competenza, e dall'altro, queste attività non possono ritenersi comprese nelle funzioni di « direzioni lavori » attribuite al concessionario; tanto meno può dirsi che il concessionario svolga quelle funzioni avvalendosi del personale dell'Amministrazione concedente, cosi che egli debba, per un verso, compensare le relative prestazioni, e per altro verso possa correlativamente accrescere il quantum delle spese generali di cui deve essere a sua volta compensato dalla concedente.
  • Consiglio di Stato, Sez. IV - 13 febbraio 1995 n. 77 (solo massima)
    Nell'istituto dell'appalto di opere pubbliche ben possono rientrare, come oggetto unitario, sia la progettazione sia la costruzione dell'opera, dovendosi ammettere che la sussistenza di un contratto unitario non è esclusa dalla necessaria iniziale incompiutezza della previsione contrattuale, da definirsi proprio attraverso ed in seguito alla progettazione. Nel caso in cui il procedimento volto a dare efficacia ad una convenzione collegata ad una concessione di opere pubbliche si concluda con una mancata approvazione della convenzione stessa, la posizione fatta valere in giudizio dal concessionario non è quella del diritto soggettivo, bensi quella dell'interesse legittimo alla correttezza del procedimento, non essendo sorto ancora dalla convenzione in discorso alcun diritto soggettivo in favore del concessionario.

1994

  • Consiglio di Stato - 21 dicembre 1994 n. 2698 (solo massima)
    Con la formula « concessione di committenza » si indica quella particolare figura di concessione con la quale, in relazione ad attività molto complesse, al concessionario viene fatto carico di svolgere una serie di servizi inerenti anche alle fasi organizzative dell'intervento, dalla progettazione sino allo svolgimento delle gare, alla direzione dei lavori e collaudi; pertanto, il concessionario può sostituirsi integralmente nei compiti e nelle funzioni generalmente attribuite all'Amministrazione concedente. L'affidamento di una concessione di committenza - che ha ad oggetto una serie di attività giuridiche e tecniche per rendere possibile l'esecuzione dell'opera pubblica ed è quindi assimilabile ad un mandato anziché ad un appalto - in quanto può consistere anche nell'esercizio di funzioni pubbliche non appare riconducibile fra le procedure di aggiudicazione contemplate dalla Direttiva C.E.E. n. 89/440 e dal D.L. vo 19 dicembre 1991 n. 406; pertanto, è legittimo l'affidamento dei lavori a trattativa privata posto che in tal caso non risulta violata la disciplina comunitaria. Ai sensi della L. 23 dicembre 1988 n. 543, è legittima l'integrazione di una precedente convenzione mediante il conferimento di una concessione di committenza, diretta a realizzare interventi infrastrutturali nell'area portuale di Ravenna, atteso che in detta materia sono lasciati ampi margini di discrezionalità all'Amministrazione; pertanto, la P.A. - tenendo conto dei risultati dell'attività raggiunti dalla concessionaria - potrà integrare il precedente atto concessionario assegnando alla stessa la funzione di attuazione dell'ulteriore programma di interventi stabilito dai competenti ministri.