Anno 2006
Raccolta della giurisprudenza attinente alla finanza di progetto, anno 2006
- Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 17 novembre 2006 n. 6727
Procedura negoziata finale- piano economico finanziario
La conclusione della licitazione privata (o dell’appalto concorso ex art. 37quater, comma 1, lett. a), della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.) non determina alcuna condizione di vantaggio o di pregiudizio di uno dei competitori a danno dell’altro. Questa situazione si verifica solo all’esito del confronto finale, quando cioè, nella fase negoziata, una delle due proposte ammesse prevale sull’altra o quella del promotore prevale su ambedue. Né, a sostegno della diversa ipotesi, può essere addotto l’ultimo inciso dell’art. 37quater, comma 1, lett. b), della legge n. 109/1994 e s.m. che prevede lo svolgimento della gara anche fra il promotore e l’unico soggetto qualificato. La norma, infatti, mira a salvaguardare l’intera procedura, che deve comunque avere un esito anche se siano escluse tutte le offerte ad eccezione di una, e non attribuisce un autonomo interesse ad impugnare ex se la fase endoprocedimentale della licitazione. La dichiarazione dello stato di insolvenza non è sempre condizionata dalla mancanza di disponibilità delle risorse finanziarie (arg. Cass., I, 11 maggio 2001, n. 6550) che, in tutti i casi di raggruppamento temporaneo, può essere supplita dalle altre imprese partecipanti, in quanto anche nel project financing l’autofinaziamento del progetto è richiesto al raggruppamento nel suo insieme. L’art. 37bis non contiene una disciplina specifica dell’asseverazione dalla quale possa evincersi la preclusione soggettiva al suo rilascio qualora l’asseverante partecipi al capitale dell’asseverata. Il fondamento della dedotta incapacità dell’istituto asseverante di garantire la solvibilità di enti o società nei quali l’istituto stesso abbia una partecipazione azionaria dovrebbe ricavarsi, in via analogica, dal divieto di partecipare alla stessa gara dell’impresa controllante e di quella controllata nelle situazioni dell’art. 2359 c.c.. Fondamento di questo divieto è, però, la garanzia di tutela della par condicio dei partecipanti per i possibili contatti fra società madre e società figlia a danno delle altre aspiranti all’aggiudicazione, con alterazione della gara (Cons. Stato, Sez. IV, 1° ottobre 2004, n. 6367). L’identica conseguenza di danno ai terzi non si rinviene nel caso in esame, ove l’asseverazione non esatta o non obiettiva si ripercuote a danno dello stesso istituto asseverante. Nella posizione di azionista dell’asseverata la conseguenza dell’asseverazione infedele sarebbe infatti il subingresso dell’asseverante nelle posizioni debitorie dell’asseverata e il suo coinvolgimento nella qualità di garante nella realizzazione del progetto, onde colmare le lacune finanziarie non puntualmente rilevate a suo tempo. E’ perciò da escludere che la detenzione da parte dell’asseverante di partecipazioni nell’asseverata ingeneri in sé e per sé un interesse contrario o diverso da quello di rendere un’asseverazione obiettiva. Oltre a determinare l’introduzione di una causa di esclusione non prevista dall’art. 37bis e s.s. della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., ipotizzare che il collegamento con la società garantita si risolva, sul piano soggettivo, in una specie di “invalidità virtuale” dell’asseverazione comporta la presunzione di un interesse del garante ad attestare la solvibilità della società partecipata, di cui l’unica prova sarebbe il possesso di azioni della società asseverata. La rilevanza del Piano Economico e Finanziario ai fini della sostenibilità del progetto è immanente alla disciplina degli artt. 37bis e s.s.. della legge n. 109/1994 e s.m., che indica il PEF quale contenuto della proposta che il promotore presenta all’amministrazione aggiudicatrice unitamente agli altri elementi essenziali affinché la proposta stessa possa essere valutata (studio di inquadramento territoriale, studio di fattibilità, progetto preliminare bozza di convenzione, prezzo, caratteristiche del servizio e della gestione garanzie). Sulla base del progetto preliminare eventualmente modificato e sulla base degli elementi a sostegno dell’offerta economicamente più vantaggiosa “nelle misure previste nel piano economico finanziario presentato dal promotore”, si svolge la gara disciplinata dall’art. 37quater, sia nella modalità della licitazione privata (o dell’appalto concorso) prevista dalla lett. a) sia nella forma della procedura negoziata da svolgere fra il promotore e i presentatori delle due migliori offerte. La commissione, pertanto, non ha bisogno di inserire il PEF tra gli elementi di valutazione delle offerte migliorative finali, in quanto vi è già incluso per legge. - TAR Campania, Sez. I Napoli - Sentenza 2 ottobre 2006 n. 8431
Annullamento e posizione del promotore
Qualora l’amministrazione, avendo fatto ricorso all’istituto del project financing di cui agli artt. 37bis e s.s. della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. ed essendo andata deserta la gara di cui all’art. 37quater, comma 1, lett. a), abbia dapprima dichiarato provvisoriamente concessionario dell’opera pubblica il promotore e, successivamente, prima di procedere alla stipulazione del contratto, abbia deliberato l’annullamento dell’intera procedura per rilevate illegittimità analiticamente riportate nella motivazione, la posizione del promotore privato non è certo assimilabile a quella di un’impresa che ha vinto una gara ad evidenza pubblica, ma si avvicina piuttosto all’ipotesi in cui vi è una situazione di provvisorietà (o se si vuole di non definitività), nella quale l’affidamento ingenerato nel privato non ha una consistenza significativa rispetto all’interesse pubblico sotteso alla decisione di secondo grado. D’altra parte l’esigenza di operare un bilanciamento degli interessi contrapposti in una valutazione globale della vicenda trova conferma nel dettato dell’art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990, a tenore del quale, “il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge”. Appare sostenuto da congrui elementi motivazionali il provvedimento di autotutela che evidenzia l’esistenza di un difettoso studio di fattibilità economica e di un inadeguato piano economico-finanziario (mancanza di un potere di controllo da parte del concedente; mancata inclusione tra le prestazioni a carico del concessionario di servizi indispensabili, come l’adeguamento tecnologico). Invero tali aspetti, pur attenendo al merito della convenienza ed opportunità della realizzazione dell’opera programmata, rappresentano contenuti essenziali della proposta da presentare a norma dell’art. 37bis della legge n. 109/1994 e s.m., giacché in assenza di essi l’amministrazione aggiudicatrice non potrebbe determinare i parametri effettivi di realizzabilità del progetto: è evidente, infatti, che un piano economico-finanziario serio, completo e dettagliato costituisce un parametro indefettibile da porre a base di gara per la selezione delle due offerte economicamente più vantaggiose. - TAR Lombardia, Milano, sez. III – sentenza 5 giugno 2006, n. 1313
Verifica della completezza delle documentazione a corredo della proposta
Nella fase di scelta del promotore nell'ambito della procedura di project financing di cui agli artt. 37 bis ss., l. 11 febbraio 1994 n. 109, sussiste il potere dell'amministrazione, a seguito della presentazione delle proposte e prima della loro valutazione, di procedere alla verifica della completezza dei documenti presentati e ad eventuale dettagliata richiesta di integrazione, competendo la suddetta verifica al Presidente di gara, laddove la valutazione della proposta spetta al Responsabile del procedimento con l'ausilio del Nucleo di Valutazione. Anche nella fase di scelta del promotore nell'ambito della procedura di project financing, l'amministrazione mantiene il generale potere di autotutela che può essere esercitato anche per verificare la completezza dei documenti presentati. - TAR Veneto, Sez. I - Sentenza 18 aprile 2006 n. 1029
Limitazioni dei 30 anni e del 50% di prezzo
Non si può fare questione della legittimità di concessioni poste in essere in epoche anteriori alla direttiva 93/37/CEE nella parte in cui non assoggettano la scelta del concessionario alla procedura di evidenza pubblica, in quanto sia la citata direttiva 93/37/CEE, sia l’art. 20 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. riguardano, come d’altronde è ovvio, per quanto concerne il principio del rilascio di esse mediante gara, le nuove concessioni e non quelle già stipulate o prorogate in precedenza. Le concessioni de quibus, pertanto, mantengono tuttora inter partes il regime loro proprio e la loro attuazione, nella parte relativa all’affidamento diretto dei lavori, potrebbe essere contestata solo laddove le norme sopravvenute in materia (nazionali e comunitarie) avessero introdotto un diverso regime per le vecchie concessioni, ed in particolare l’obbligo della gara per tutti gli appalti di lavori (100%) previsti dalle concessioni, recependo il principio che ciò che non era stato fatto in sede di rilascio della concessione (l’affidamento con gara) debba essere fatto oggi in sede di aggiudicazione dei lavori. Senonchè nessuna delle disposizioni contenute nell’art. 3 della citata direttiva consente di affermare che tale principio o corollario sia stato introdotto. Un siffatto principio, peraltro, non appare desumibile nemmeno dalla sopra richiamata legge n. 109/1994 nelle sue continue trasformazioni e sino alla legge n. 166/2002. In particolare, la Merloni ter ( legge n. 415/1998) ha fissato, per le nuove concessioni assentite con gara, il tetto del 60% dei lavori realizzabili attraverso imprese controllate ed ha esteso tali disposizioni alle concessioni assentite precedentemente ovvero prorogate. La Merloni quater (legge n. 166/2002) ha mantenuto l’equiparazione tra le due categorie di concessioni e ridotto al 30% del valore globale dei lavori la quota minima che il concessionario deve affidare a terzi, includendo tra i lavori eseguibili in proprio quelli realizzati dalle collegate. Ne consegue che il legislatore nazionale ha riconosciuto espressamente, e tuttora riconosce, anche ai vecchi concessionari, indipendentemente dall’improbabile evenienza che le preesistenti concessioni siano state assentite con gara, la possibilità, ed anzi il diritto, di eseguire in proprio una quota di lavori anche tramite imprese controllate, coincidente con quella prevista per le nuove concessioni approvate a regime. - Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza n. 14 aprile 2006, n. 2959
Controinteressato
La nozione di controinteressato, in senso processuale, implica l’acquisizione di una posizione di vantaggio tratta dal provvedimento impugnato e la indicazione, o quanto meno l’agevole riconoscibilità, del soggetto avvantaggiato, desumibile dallo stesso provvedimento. Non è pertanto da ritenere controinteressata, nel caso di impugnativa del provvedimento di esclusione di una impresa da una gara di appalto mediante project financing, l’impresa promotrice dell’iniziativa, la quale non sia stata affatto indicata nella comunicazione dell’atto di esclusione, né nel sottostante verbale dell’organo dell’amministrazione, che ha proceduto alla verifica dei requisiti stabiliti dalle regole di gara, né nell’atto di approvazione del verbale stesso. Ciò è sufficiente per affermare che al momento della semplice esclusione dalla gara non si configuravano soggetti controinteressati alla sua impugnazione. - TAR Puglia, Sez. I Bari - Sentenza 5 aprile 2006 n. 1117
Integrazioni della proposta- fasi procedurali – requisiti promotore
La possibilità di un’integrazione della proposta su richiesta dell’Amministrazione costituisce manifestazione del carattere fortemente “collaborativo” della procedura di scelta del promotore, finalizzata a consentire alla stazione appaltante, con ampia discrezionalità, di individuare la proposta più rispondente all’interesse pubblico. Ne consegue, innanzitutto, che non vi è limitazione alle carenza cui l’Amministrazione può ovviare attraverso la menzionata integrazione (cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 1 agosto 2005, n. 3884; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, 30 giugno 2004, n. 1358). In secondo luogo, ben può l’Amministrazione, anche se l’incompletezza permanga in tutto o in parte dopo l’integrazione, provvedere ad ulteriori richieste, configurandosi l’esclusione del proponente come extrema ratio, per il solo caso di carenze non altrimenti colmabili. La legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. ha disciplinato l’istituto del project financing prevedendo due fasi logicamente e cronologicamente distinte: una prima fase, che alcuni commentatori definiscono più propriamente della “promozione di opera pubblica” (artt. 37bis, ter e quater), in cui la P.A., sulla base del progetto presentato da un soggetto promotore, valuta la fattibilità della proposta ed il suo pubblico interesse. Una seconda fase, del vero e proprio project financing (artt. da 37quinquies a 37nonies), in cui è analiticamente disciplinato il rapporto intercorrente tra la stessa P.A. ed il soggetto aggiudicatario, in regime di concessione ai sensi dell’art. 19, comma 2, della legge stessa. Con specifico riguardo alla prima fase, dopo aver stabilito che le proposte di finanziamento presentate dai promotori possono riguardare soltanto lavori pubblici e di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale di cui all’art. 14 comma 2, della legge n. 109/1994 e s.m. ovvero negli strumenti formalmente approvati dall’Amministrazione sulla base della normativa vigente (art. 37bis), il legislatore ha analiticamente disciplinato i criteri e le modalità di valutazione delle proposte, prevedendo che “…le amministrazioni aggiudicatici valutano la fattibilità delle proposte presentate sotto il profilo costruttivo, urbanistico ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione, verificano l’assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e, esaminate le proposte stesse anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse” (art. 37ter, come modificato dalla legge n. 166/02). E’ dunque evidente che la valutazione dell’Amministrazione si articola a sua volta in una duplice fase: una valutazione di idoneità tecnica della proposta e, all’esito di questa, una valutazione di rispondenza della stessa al pubblico interesse. La giurisprudenza ha giustamente evidenziato come sia soprattutto in questa seconda fase che massimo è il margine di discrezionalità riservato alla P.A., trattandosi di giudizio coinvolgente la valutazione comparativa degli interessi che essa assume rilevanti in un determinato momento storico (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, n. 2993/04, cit.; T.A.R. Campania, Napoli, n. 3130/04, cit.). In definitiva, una proposta pur giudicata idonea e fattibile sotto il profilo tecnico, potrà essere respinta in quanto ritenuta non conforme al pubblico interesse, a seguito della predetta valutazione comparativa. Fermo restando l’ampio margine di discrezionalità che connota la valutazione di rispondenza al pubblico interesse delle proposte presentate, va osservato come nulla di illegittimo vi sia, in astratto, nel privilegiare l’aspetto economico e finanziario rispetto ad altri. Infatti, rientra nella natura stessa del project financing, siccome tecnica finalizzata a consentire all’Amministrazione la scelta del progetto d’intervento più rispondente al pubblico interesse senza sopportazione di oneri, che in esso l’aspetto finanziario rivesta un rilievo preminente (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 11 luglio 2002, n. 3916; T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, n. 762/04, cit.). Al limite, si è affermato in giurisprudenza, non sarebbe inammissibile in astratto nemmeno un giudizio di rispondenza fondato in modo esclusivo sul criterio del “ritorno economico” (cfr. T.A.R. Puglia, Bari, nr. 2993/04). E il solo art. 99 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m. a fissare i “requisiti del promotore”, rinviando al precedente art. 98 (che individua i “requisiti del concessionario”) per precisare i requisiti che lo stesso promotore deve possedere “al fine di ottenere l’affidamento della concessione” (comma 3). Di conseguenza, mentre i requisiti ex art. 99 devono essere posseduti (e documentati) dall’impresa fin dall’inizio della fase di scelta del promoter, quelli di cui all’art. 98 è sufficiente siano posseduti, una volta che il promotore sia stato individuato, al momento del conferimento della concessione (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 14 gennaio 2003, n. 1). Tale conclusione è in piena armonia con l’orientamento che ritiene non applicabile al caso di project financing il divieto di modifica delle associazioni temporanee sancito dall’art. 13, comma 5bis, della legge n. 109/94 e s.m., ben potendo un soggetto dapprima essere selezionato come promotore e quindi associarsi con altre imprese ai fini del rilascio della concessione (cfr. T.A.R. Umbria, 21 agosto 2002, n. 645). - TAR Lombardia, Sez. III Milano - Sentenza 18 gennaio 2006 n. 93
Controprestazione immobiliare
L’art. 83 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m. prevede che, qualora le offerte pervenute riguardano: “... la sola acquisizione del bene ovvero la sola esecuzione dei lavori ovvero l’acquisizione del bene congiuntamente all’esecuzione dei lavori, la vendita del bene e l’appalto per l’esecuzione dei lavori vengono aggiudicati alla migliore offerta congiunta, sempre che essa sia più conveniente delle due migliori offerte separate. In caso contrario, l’aggiudicazione avviene in favore della migliore offerta relativa all’acquisizione del bene e a quella relativa all’esecuzione dei lavori”. Il comma 4 dello stesso art. 83 dispone altresì che “L’amministrazione aggiudicatrice dichiara la gara deserta qualora nessuna delle offerte pervenute abbia ad oggetto l’acquisizione del bene”. In altre parole, la possibilità che venga presa in considerazione l’offerta separata di sola esecuzione dei lavori è subordinata alla presenza di una proposta (allo stesso tempo separata) riguardante la sola acquisizione dell’immobile tanto che, in caso contrario, la gara viene aggiudicata alla migliore offerta congiunta. Nel caso in cui nessun concorrente ha presentato offerta per la sola acquisizione dell’immobile né le ditte partecipanti con proposta congiunta hanno manifestato disponibilità a “dividerla” nel caso di accertata incongruità dei prezzi proposti per la parte relativa all’esecuzione dei lavori, non può ritenersi che la stazione appaltante avrebbe dovuto comunque scindere le offerte congiunte (quelle giudicate anomale) in modo tale da scegliere la proposta in assoluto più conveniente per l’amministrazione, poiché ciò si scontra, oltre che con la ratio della norma più volte citata, con l’esigenza di salvaguardare l’autonomia imprenditoriale delle imprese concorrenti. Sembra, invero, paradossale costringere l’impresa partecipante ad assumersi un onere contrario (nel caso di specie, la sola acquisizione dell’immobile) alla volontà espressa in sede di gara, atteso che, nel partecipare alla procedura selettiva, l’impresa concorrente effettua preventivamente proprie valutazioni di convenienza, che non possono essere stravolte dall’amministrazione in mancanza di una dichiarazione di disponibilità dalla stessa chiaramente manifestata. Ritenere il contrario non coincide neppure con la ratio della previsione normativa in esame, atteso peraltro che la procedura delineata dal citato art. 83 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m. è finalizzata alla conclusione di un contratto basato, come noto, sull’accordo raggiunto su un assetto di interessi concordato tra l’amministrazione e la parte privata, la cui volontà manifestata in sede di offerta (che deve formarsi in totale autonomia) non può essere stravolta neanche nell’ottica di una maggiore convenienza per la stazione appaltante.