• Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 10 novembre 2005 n. 6287
    Valutazione della proposta
    Il complesso normativo di cui agli artt. 37bis e 37ter della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. - pur se indubbiamente contempla un’ampia possibilità di integrazione, sotto il profilo formale, della documentazione già tempestivamente prodotta - non consente, al contrario, di modificare i contenuti minimi essenziali della proposta. Si evidenzia, al riguardo, che l’art. 37ter contempla l’apporto collaborativo del proponente che ne faccia richiesta soltanto dopo che è stata superata e risolta favorevolmente, per la singola proposta, la fase della verificazione della sua ammissibilità, ovvero della mancanza di elementi ostativi alla sua realizzazione, allorché si sia passati alla fase successiva, nella quale si procede alla “valutazione” dell’interesse pubblico alla sua realizzazione, “anche comparativamente” con altre proposte. Invero, come puntualmente precisato dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, all’interno della seconda fase - ossia della “valutazione”, in senso proprio, che costituisce un’“attività propriamente discrezionale in quanto riguarda la comparazione degli interessi rilevanti al momento attuale” - devono essere anche individuati due differenziati momenti, uno inerente alla valutazione, in senso assoluto, dell’interesse pubblico alla realizzazione, l’altro relativo, di comparazione delle proposte. Il modulo procedimentale in parola e la natura delle determinazioni che il gestore del programma deve assumere nella scelta del promotore non consentono di applicare analogicamente al procedimento in esame le regole dell’evidenza pubblica. A parte la mancanza di un qualsiasi collegamento testuale e sistematico con le disposizioni che disciplinano le varie forme di scelta del contraente, viene in evidenza, infatti, la circostanza che caratteristica fondamentale della finanza di progetto è che il programma al quale occorre dare attuazione non è ancora definito nei suoi contenuti progettuali. Sono, infatti, tali contenuti che dovranno costituire l’oggetto della proposta ed essi dovranno essere messi a fuoco proprio attraverso tale proposta, che dovrà essere concepita ed articolata in funzione dell’interesse pubblico che la programmazione è rivolta a realizzare. E’ chiaro, quindi, che la “valutazione” in questione non può essere espressione della discrezionalità tecnica, propria delle commissioni giudicatrici, bensì costituisce la manifestazione della volontà del titolare stesso della cura dell’interesse pubblico cui l’intervento è preordinato, analogamente a quanto avviene - per le procedure ordinarie - con la scelta (ovvero l’approvazione) del progetto, sul quale interverrà la gara. Si è, dunque, nell’ambito della tipica discrezionalità amministrativa, governata, per quanto non espressamente previsto dalla norma speciale, dalla disciplina generale sul procedimento amministrativo.
  • Corte di Giustizia C.E., Sez. I - Sentenza 27 ottobre 2005 n. C. 187/04
    Affidamento diretto di concessioni
    Si può far ricorso alla procedura negoziata senza pubblicazione preliminare di un bando di gara solo nei casi tassativamente elencati all’art. 7, n. 3, della direttiva n. 93/37, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori. Viola pertanto la citata direttiva lo Stato che fa ricorso alla procedura negoziata, senza pubblicazione preliminare di un bando di gara, in assenza dei presupposti ivi previsti. Nel caso di specie la Repubblica italiana è stata condannata in quanto l’ANAS S.p.A. ha affidato la costruzione e la gestione delle autostrade della Valtrompia e della Pedemontana Veneta Ovest alla Società per l’autostrada Brescia-Verona-Vicenza-Padova mediante concessioni dirette, non precedute da pubblicazione di un bando di gara, senza che ne ricorressero i presupposti.
  • TAR Sardegna, Sez. I - Sentenza 19 ottobre 2005 n. 2128
    Contratto di concessione
    La concessione di lavori pubblici, affidata prima dell’entrata in vigore della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., rimane operativa solo qualora il suo contenuto sia compiutamente definito nei suoi elementi fondamentali e non sia suscettibile di ulteriore definizione mediante atti successivi. In particolare, il limite all’applicazione della normativa statale sopravvenuta, che subordina l’instaurazione del rapporto concessorio all’assunzione di un rischio imprenditoriale da parte del concessionario e comunque consente la sua instaurazione solo sulla base del procedimento di cui all’art. 20, comma 2, della citata legge n. 109/1994 e s.m., deve essere individuato nell’affidamento al concessionario fondato su una convenzione che chiaramente individui i lavori da eseguire. Non può, invece, costituire il presupposto per non applicare la normativa sopravvenuta una convenzione nella quale viene enunciato un mero programma, dal quale non nasce alcuna reciproca obbligazione. Una siffatta convenzione, infatti, attesa la genericità della previsione, avrebbe un contenuto meramente programmatico.
  • Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 5 ottobre 2005 n. 5316
    Diritto di prelazione
    L’art. 7, comma 1, lett. b), della legge 1 agosto 2002, n. 166, ha introdotto variazioni ed integrazioni alla legge quadro in materia di lavori pubblici, 11 febbraio 1994, n. 109. In particolare, in materia di project financing, all’art. 37ter si è aggiunto un ulteriore comma, con il quale è stato riconosciuto in favore del soggetto promotore il c.d. “diritto di prelazione”, consistente nella facoltà di quest’ultimo di “adeguare la propria proposta a quella giudicata dall’amministrazione più conveniente. In questo caso, il promotore risulterà aggiudicatario della concessione”. La suddetta modifica normativa non può trovare applicazione laddove la stessa sia entrata in vigore successivamente alla pubblicazione del bando per lo svolgimento della gara diretta all’individuazione dei due migliori offerenti da ammettere alla procedura negoziata con il promotore. La circostanza che la modifica in questione sia comunque vigente durante la procedura negoziata non comporta l’applicabilità dello ius superveniens, atteso il carattere unitario della procedura di gara per l’affidamento della concessione, articolata in due distinte fasi, delle quali, tuttavia, la seconda fase, quella negoziata, costituisce un subprocedimento della prima fase, ossia la licitazione privata (la fase iniziale della valutazione della proposta e della conseguente scelta del promotore non rientra nel procedimento di gara vero e proprio). Lo stretto collegamento tra le due fasi si evince chiaramente dalle seguenti considerazioni: a) unico è il bando pubblicato per l’intera procedura; b) il comma 1 dell’art. 37quater prevede che l’aggiudicazione della gara avvenga al termine della procedura negoziata; solo in caso di mancata presentazione di offerte il comma 2 prevede l’affidamento della concessione al promotore (la proposta è vincolante); c) nella procedura negoziata partecipano insieme al promotore solo i due soggetti risultati vincitori della precedente fase della licitazione privata; il che significa che la procedura negoziata è una subfase eventuale che viene svolta solo nell’ipotesi in cui siano state presentate altre offerte: questo determina l’intangibilità delle regole inizialmente fissate nel bando sino alla data di aggiudicazione della concessione; d) i requisiti di partecipazione delle due imprese che partecipano alla procedura negoziata vengono vagliati solo nella prima fase, a dimostrazione della natura meramente conseguenziale ed accessoria della seconda fase della procedura negoziata. Del tutto inconferente appare il richiamo agli artt. 1339 e 1419 c.c. a sostegno della tesi dell’inserzione automatica nel bando dell’art. 37ter della legge n. 109/94, come modificato dalla legge n. 166/02. Sul punto è sufficiente osservare che, mentre l’art. 1339 c.c assolve la funzione precipua di assicurare l’attuazione delle condizioni contrattuali previste in via inderogabile dalla legge, con il meccanismo dell’inserzione automatica delle clausole imperative in sostituzione di quelle difformi convenute dalle parti, e postula, dunque, la conclusione di un accordo negoziale il cui con tenuto risulti parzialmente contrastante con quello imposto dal legislatore, sottratto, come tale, all’autonomia privata, il bando di gara si limita a regolare il procedimento di selezione del contraente e non contiene disposizioni in ordine alla misura dei diritti e degli obblighi nascenti dal contratto che sarà stipulato all’esito della procedura. Ne consegue che il principio dell’eterointegrazione negoziale, sancito dall’art. 1339 c.c., risulta assolutamente inapplicabile alla materia controversa neanche in via analogica, in considerazione della diversità delle due situazioni (ubi eadem ratio, ibi eadem juris dispositio). Con l’introduzione del “diritto di prelazione” in favore del soggetto promotore e, quindi, con la previsione di una diversa e più favorevole posizione riconosciuta a quest’ultimo, è divenuto di risolutiva importanza che tutti i potenziali concorrenti abbiano conoscenza, attraverso idonee forme di pubblicità, degli interventi che le amministrazioni intendono realizzare attraverso l’apporto di capitali privati (project financing). Solo attraverso il rispetto delle forme di pubblicità introdotte dalla legge n. 166/2000, infatti, l’Amministrazione aggiudicatrice garantisce effettivamente ai privati, potenzialmente interessati alla concessione, la possibilità di presentare proposte da sottoporre al vaglio dell’amministrazione aggiudicatrice e per tale verso concorrere ad essere prescelti come promotori. Diversamente opinando, e cioè qualora si ritenesse possibile assegnare il diritto di prelazione pur in mancanza della cennata pubblicità dei programmi, si finirebbe per offrire, in palese violazione della indicata ratio legis nonché dei generali principi di concorrenza e par condicio, una posizione di supremazia al soggetto promotore inconfutabilmente ingiustificata, in quanto non bilanciata da una misura idonea a garantire che tutti i soggetti potenzialmente interessati siano posti in grado, in condizioni di parità, di valutare l’opportunità di assumere la qualità di promotore. Dalle suesposte considerazioni discende, allora, che solo nell’ipotesi in cui la procedura di project financing sia stata avviata dalle Amministrazioni aggiudicatrici sulla scorta di proposte ritenute di pubblico interesse sulla base di programmi resi pubblici nelle forme previste dalla legge n. 166/2002 è ragionevolmente consentito assegnare, altresì, al promotore il “diritto di prelazione”.
  • TAR Lazio, Latina, sez. I – sentenza 26 settembre 2005, n. 835
    Accesso agli atti e project financing
    È legittimo il provvedimento di differimento dell'accesso a documenti amministrativi, richiesti con istanza ex art. 25 l. 7 agosto 1990 n. 241, ove essi ineriscano a procedimenti selettivi, come le procedure ad evidenza pubblica, stante la funzionalità del prescritto differimento rispetto ai valori della "par condicio" e alla possibilità per l'amministrazione di gestire la relativa procedura secondo criteri di correttezza, buon andamento e imparzialità (fattispecie in materia di procedimento ex art. 37 quater l. 11 febbraio 1994 n. 109).
  • TAR Lombardia, Milano, sez. III – sentenza 21 settembre 2005, n. 3683
    Ammissibilità delle proposte
    Ai fini dell'ammissibilità dell'istituto previsto dagli art. 37 bis ss., l. 11 febbraio 1994 n. 109, è richiesta la presentazione di proposte adeguatamente dettagliate, che espongano non solo studi e progetti preliminari di fattibilità e di inquadramento territoriale e ambientale dell'opera, ma che più specificamente contengano l'indicazione degli elementi relativi al valore dell'opera, al suo rendimento, alle modalità di gestione, nonché al livello e ai criteri di aggiornamento delle tariffe da praticare agli utenti. L'indicazione di tutti gli elementi utili ai fini dell'ammissibilità dell'istituto previsto dagli art. 37 bis ss., l. 11 febbraio 1994 n. 109, si rende necessario al fine di consentire una compiuta valutazione sulla concreta fattibilità dell'intervento, che tenga conto non solo dei profili ambientali, funzionali e più propriamente esecutivi, ma soprattutto della capacità dell'opera realizzata di produrre entrate in misura idonea a remunerare il capitale investito e ad assicurare l'ultimazione dell'opera e l'economicità della relativa gestione.
  • TAR Campania, Sez. I Napoli - Sentenza 10 agosto 2005 n. 10685
    Piano economico finanziario
    In una procedura di project financing il Piano Economico-Finanziario è un elaborato finalizzato a prevedere come, in base ai dati di partenza ed a parametri stimati, sviluppati con un modello di calcolo, un sistema di variabili evolve durante il periodo del rapporto, generando flussi di cassa idonei a fronteggiare la realizzazione degli investimenti, la gestione del servizio, il rimborso dei capitali e la remunerazione dei fattori della produzione. Tale documento assume rilevanza cruciale per tutti i soggetti coinvolti nell’operazione, poiché serve per valutare l’equilibrio economico e finanziario ed il livello di rischio dell’iniziativa, nonché la capacità del progetto di autofinanziarsi e di garantire una buona esecuzione delle opere ed una corretta gestione del servizio. Il PEF, inoltre, rappresenta anche un punto di riferimento essenziale per l’applicazione delle clausole contrattuali regolanti la revisione ordinaria e straordinaria delle condizioni della concessione. Tutto ciò porta ad escludere che l’amministrazione concedente, in particolare, possa disinteressarsi di una adeguata verifica della coerenza e sostenibilità della pianificazione da cui è scaturita l’offerta dell’aggiudicatario. Tale controllo non è delegabile né fungibile con l’asseverazione demandata all’istituto bancario e neppure viene meno per effetto della sopravvenuta verifica di bancabilità del progetto, che comunque non può sollevare l’ente pubblico dall’adempimento delle funzioni di propria competenza a salvaguardia degli interessi pubblici affidati alla cura dell’autorità amministrativa.
  • TAR Puglia, Sez. II Lecce - Sentenza 1 agosto 2005 n. 3884
    Rapporti concedente-concessionario
    Se è vero che l’innovativo istituto della concessione di lavori pubblici in project financing rappresenta un’ipotesi in cui - sotto alcuni profili - il soggetto promotore viene associato alle amministrazioni pubbliche nella fase di programmazione delle opere pubbliche di pubblico interesse, è pur vero che - anche all’indomani delle novelle legislative del 1998 e del 2002 - la titolarità delle scelte programmatiche in tema di utilizzo del territorio non possa che essere riconosciuta ai soggetti pubblici stessi. Sotto questo aspetto (ed in applicazione di generali principi) le scelte programmatiche della p.a. non potranno che essere censurate nelle sole ipotesi di palese irragionevolezza.
    Si rileva, inoltre, che l’indubbio coinvolgimento dei soggetti privati nell’adozione delle scelte programmatiche, che caratterizza l’istituto della concessione di opere pubbliche in project financing, non può ritenersi esteso sino al paradossale effetto di rendere il privato sostanzialmente arbitro dell’individuazione delle opere da realizzare (indipendentemente dalla loro previsione in sede di programmazione di parte pubblica). Tanto meno può ritenersi che sull’amministrazione, una volta individuate le linee direttrici della periodica programmazione delle opere pubbliche, gravi poi l’ulteriore onere di rivalutare funditus le linee direttrici medesime ogni volta che un potenziale promotore privato proponga un intervento diverso e/o ulteriore rispetto a quello previsto in ambito di programmazione. Risulta, pertanto, evidente che le interazioni fra promotori privati e decision makers pubblici possano risultare scevre da antinomie operative (e da possibili sprechi di risorse pubbliche) solo laddove gli istituti delineati dagli artt. 37-bis, ss., della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. vengano intesi in modo tale da non sottrarre al soggetto pubblico la titolarità ultima (tendenzialmente non sindacabile nel merito) delle principali scelte programmatorie e lasciando ai privati promotori il solo ruolo - per altro, rilevantissimo - di avanzare le proprie proposte nell’ambito di un percorso programmatico tracciato dai (soli) soggetti pubblici, senza la possibilità di confusioni e/o sovrapposizioni fra i rispettivi ruoli.
  • TAR Piemonte, Sez. I - Sentenza 21 luglio 2005 n. 2608
    Congruità del prezzo
    I criteri di cui all’art. 37bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., relativi alla valutazione della proposta di project financing, sono criteri generali e di massima e individuano le categorie generali e i parametri cui fare riferimento per la valutazione delle singole proposte. Nell’ambito di tali criteri l’Amministrazione ha la facoltà di specificare uno o più parametri, riferibili alle predette categorie, per adattare la valutazione complessiva alle esigenze specifiche e all’interesse pubblico perseguiti. Tale giudizio di corrispondenza deve valutarsi in relazione agli interessi pubblici perseguiti in concreto, tramite la predeterminazione dei criteri, in modo che gli stessi siano in qualche modo riferibili agli interessi previsti in via generale ed astratta dalla norma di legge. La valutazione dell’elemento “congruità del prezzo” nel senso di attribuire un punteggio maggiore in relazione al maggiore apporto finanziario privato è logico e coerente, atteso che tale criterio attiene alla sostenibilità finanziaria del progetto. E’ ovvio, infatti, che maggiore è il capitale privato maggiore è la sostenibilità del progetto, con evidenti vantaggi per la sicurezza della realizzazione dello stesso, il che corrisponde ad un più intenso interesse della P.A. Tale ultimo elemento è rispondente all’interesse economico perseguito dall’Amministrazione.
  • Consiglio di Stato, sez. V - sentenza 5 luglio 2005, n. 3708
    Erronea pubblicazione della normativa
    L'erronea pubblicazione della disciplina prevista negli art. 37 bis e ss. della l. n. 109 del 1994 (" project financing") in ordine alla realizzazione di un progetto di risparmio energetico e la conseguente applicabilità della normativa dettata in tema di appalti di pubblici servizi determina l'annullamento dell'intera procedura di gara e non del solo provvedimento di esclusione dalla gara di licitazione privata indetta dopo l'approvazione del progetto dei promotore.
  • TAR Sicilia, Sez. I Palermo - Sentenza 20 giugno 2005 n. 1016
    Adempimenti formali della proposta
    Le disposizioni normative dettate dall’art. 37bis e s.s. della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., non prevedono alcun procedimento di gara per l’individuazione del soggetto che assume la veste del “promotore” nel procedimento ivi previsto. Ciò considerato, si può ritenere ammissibile che, attraverso una sostanziale autolimitazione dei propri poteri, l’amministrazione ritenga di dover bandire una gara per l’individuazione del soggetto “promotore” dell’opera che intende realizzare. Ma, anche in considerazione della natura dell’operazione in cui tale procedimento si viene ad inserire, volto ad acquisire “proposte” soggette anche a poter essere integrate, rimodulate ed adeguate alle esigenze rappresentate dall’amministrazione, risulta poco ragionevole imporre, a pena di esclusione, particolari adempimenti formali che vadano oltre le ragionevoli esigenze di garantire la par condicio dei concorrenti. In particolare, è evidente che risulta poco congruente richiedere, quale elemento indefettibile per la regolarità dell’offerta, la traduzione in italiano di tutti gli atti presentati, considerato che la sua eventuale mancanza non può costituire ostacolo all’esame della proposta da parte della commissione, che potrebbe comunque richiedere l’integrazione della documentazione depositata, attraverso l’allegazione della traduzione mancante, ovvero provvedere autonomamente a tale traduzione. Inoltre, una volta garantita l’integrità del plico generale, contenente le varie buste, non risulta chiaro il motivo per il quale viene richiesta anche la sigillatura delle buste in esso contenute e, comunque, perché non vengono ammesse forme di chiusura, che ne garantiscano comunque l’impossibilità di manomissione, diverse dalla chiusura con ceralacca.
  • TAR Lazio, Sez. III ter Roma - Sentenza 16 giugno 2005 n. 5022
    Concessioni ferroviarie
    L’art. 131, comma 4, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 (legge finanziaria 2001) espressamente stabiliva: “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in relazione alle convenzioni stipulate tra le aziende ferroviarie in concessione ed in gestione commissariale governativa ed i soggetti esecutori, per la realizzazione degli interventi di ammodernamento e potenziamento finanziati con la legge 22 dicembre 1986, n. 910, non possono essere sottoscritti atti integrativi se non relativi a progetti esecutivi già approvati a tale data. A decorrere dalla medesima data possono essere autorizzate ed approvate solo perizie in variante in corso d’opera secondo quanto previsto dall’articolo 25 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni. Per le opere da finanziare con le risorse che si rendono disponibili per effetto del primo e del secondo comma sono revocate le concessioni e le aziende procederanno ad espletare gare d’appalto per l’affidamento dei lavori secondo la normativa vigente”. Dalla lettura della norma appare evidente che, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 388/00, potevano continuare ed essere affidati incarichi sulla base di vecchie concessioni mediante la sottoscrizione di atti integrativi solo in caso di progetti esecutivi già approvati, ovvero potevano essere approvate soltanto varianti in corso d’opera. Ogni altro incarico avrebbe dovuto seguire il comune iter della pubblica gara. Non può ritenersi che l’art. 11 della legge n. 166/02 (di abrogazione dell’art. 131, comma 4, della legge n. 388/00) avente efficacia dal momento della sua entrata in vigore (e quindi ex nunc) riverberi in via automatica gli effetti su atti adottati sulla base di una diversa normativa allora vigente, essendo applicabile nel nostro ordinamento la regola del tempus regit actum e non essendo configurabile il vizio di illegittimità sopravvenuta. Pertanto, a prescindere dal significato da assegnarsi all’abrogazione dell’art. 131, comma 4, della legge n. 388/00 - e quindi se si riferisca a tutte le concessioni ovvero alle sole concessioni nei confronti della società TAV S.p.a - nondimeno la norma non riverbera i suoi effetti in via automatica su atti adottati sulla base di una diversa disciplina, e soprattutto non può configurare un vizio di legittimità dell’atto.
  • Consiglio di Stato, Sez. IV - Sentenza 14 giugno 2005 n. 3113
    Contratto di concessione
    Come chiarito dalla giurisprudenza, qualora un affidamento contempli l’esecuzione di lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la linea di demarcazione tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione del nesso di strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori, nel senso che solo laddove la gestione del servizio sia strumentale alla costruzione dell’opera, in quanto consente il reperimento dei mezzi finanziari necessari alla sua realizzazione, è configurabile l’ipotesi della concessione di lavori pubblici (cfr. Sez. V, 11 settembre 2000, n. 4795). Nel caso di specie sembrano difettare i connotati essenziali dell’istituto relativo alla concessione di costruzione e gestione, in quanto la tariffa posta a carico dei fruitori - lungi dal collegarsi sinallagmaticamente ed unicamente (ex art. 19, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.) all’investimento necessario per realizzare i lavori - è in realtà volta a remunerare un servizio unitario e più complesso, ossia il servizio di gestione di un sistema integrato (oltre che di raccolta, di compostaggio, smaltimento, recupero e riutilizzo energetico) dei rifiuti. L’oggetto primario e centrale dell’intervento in esame, concernendo propriamente il completamento del ciclo di gestione dei rifiuti, attiene dunque all’aspetto gestionale, rispetto al quale le realizzazioni infrastrutturali assumono funzione ontologicamente subordinata. Tale profilo, del resto, è già stato evidenziato da quella giurisprudenza (cfr. Sez. V, 10 giugno 2002, n. 3207) che, proprio tenendo presente il criterio discretivo dell’accessorietà divisato dal testo originario dell’art. 3 del D. L.vo n. 157 del 1995, ha affermato che la realizzazione di un impianto di discarica, nell’ambito del piano regionale di smaltimento rifiuti, ha funzione soltanto strumentale e valore marginale rispetto a quello relativo alla progettazione e gestione successiva, con conseguente inapplicabilità della normativa sull’appalto di lavori.
  • Consiglio di Giust. Amm. per la Regione Siciliana, 8 giugno 2005 n. 974
    Impugnabilità della delibera indizione della procedura di project financing
    In materia di legittimazione all’impugnazione della delibera di affidamento a trattativa privata di un appalto pubblico, deve ritenersi in generale che l’imprenditore operante nel medesimo settore economico a cui inerisce l’oggetto del contratto sia legittimato censurare la scelta con cui l’amministrazione si è determinata di attivare la procedura negoziata in luogo di quella concorsuale, anche nel caso in cui l’amministrazione medesima non abbia autovincolato la propria discrezionalità mediante gare informali o ufficiose. Tale principio non è applicabile nel caso in cui sia stata indetta una procedura di project financing, non potendosi in tale ipotesi ritenersi legittimato ad impugnare quest’ultima procedura un imprenditore di settore che, per propria libera scelta, abbia inteso sottrarsi al confronto concorrenziale, non partecipando alla procedura stessa.
  • Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 19 aprile 2005 n. 1802
    Valutazione della proposta
    Nell’ambito delle proposte fattibili, l’amministrazione aggiudicatrice e’ tenuta a selezionare soltanto quelle «di pubblico interesse». L’apprezzamento di tale interesse e’ una tipica espressione di discrezionalita’ amministrativa, indubbiamente soggetta ai limiti interni di ragionevolezza e di completezza istruttoria, ma non vincolata a parametri predeterminati di natura tecnica.
  • TAR Piemonte, Sez. I - Sentenza 23 marzo 2005 n. 651
    Valutazione piano economico finanziario
    Anche la procedura negoziata posta in essere per l’aggiudicazione di un appalto di opera pubblica in applicazione degli artt. 37-bis e ss. della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. (aggiunti dalla legge 18 novembre 1998, n. 415 ed integrati dall’art. 7 della legge 1 agosto 2002, n. 166) ha indubbia natura concorsuale fra i soggetti selezionati nelle diverse fasi della procedura complessa, per cui come tale non si sottrae ai principi di par condicio e di economicità e speditezza delle operazioni concorsuali (Cons. St., V, 10 febbraio 2004, n. 495). Conseguentemente, l’esame comparativo delle proposte presentate dai diversi competitors deve essere necessariamente preceduta dalla predisposizione di positivi ed uniformi criteri di giudizio. Il citato art. 37-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. dispone che le relative proposte prevedano la realizzazione di lavori con risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori stessi, con la conseguenza che la proposta del promotore di un project financing non può essere valutata indipendentemente dal piano economico finanziario (Cons. St., V, 11 luglio 2002, n. 3916). Pertanto, qualora la Commissione tecnica non abbia espresso alcun proprio giudizio circa i piani finanziari proposti dai diversi competitors e tale lacuna non sia stata colmata neppure dalla Giunta Comunale in sede di adozione del provvedimento di sua competenza, quest’ultimo si rivela viziato sotto tale profilo.
  • TAR Sicilia, Catania, sez. I – sentenza 22 marzo 2005, n. 468
    Interesse del promotore
    Nella procedura di finanza di progetto l'iniziativa proviene direttamente e liberamente - anche con riguardo a termini e condizioni - dal promotore privato; ne consegue che questo ha soltanto un interesse protetto a che l'amministrazione prenda in esame la proposta e che l'esame della proposta sia condotto secondo i canoni della logica e della imparzialità e nel rispetto, ovviamente delle norme del procedimento. Nella procedura di finanza di progetto una volta valutata la proposta di pubblico interesse, l'amministrazione prosegue nell'iter procedimentale con l'eventuale comparazione delle offerte e definizione del procedimento con l'affidamento o meno della finanza di progetto e gode di ampi margini di libero apprezzamento al fine di individuare una proposta che risulti fattibile con specifico e prioritario riferimento al profilo degli interessi pubblicistici, ciò esclude necessariamente l'applicazione di una logica strettamente formalistico-concorsuale, anche se in presenza di più proposte, eventualmente riferite ad analoghi interventi.
  • TAR Liguria - Sentenza 17 marzo 2005 n. 430
    Natura procedimentale della valutazione delle proposte
    Nell'ambito della procedura del "project financing", l'esame delle proposte e la scelta del promotore, ex art 37 ter l. n. 109 del 1994 e s.m.i., sebbene non vincolati alle rigide forme dell'evidenza pubblica, stante la loro natura para-concorsuale e la funzionalizzazione alla maggior soddisfazione dell'interesse pubblico, devono essere retti dai principi generali sul procedimento amministrativo di cui alla l. 7 agosto 1990 n. 241. Conseguentemente, tali attività, nel caso di più agenti promotori, devono essere precedute dalla fissazione dei criteri imparziali e oggettivi di valutazione, per soddisfare i requisiti minimi di imparzialità e trasparenza richiesti dall'art. 12 della suddetta legge. Prima dello svolgimento delle operazioni di valutazione, tali criteri devono inoltre essere pubblicati, in conformità al principio di pubblicità che regge l'attività amministrativa ai sensi dell'art. 1 della legge.
  • TAR Liguria - Sentenza 17 marzo 2005 n. 429
    Natura procedimentale della valutazione delle proposte
    Nell'ambito della procedura del "project financing", l'esame delle proposte e la scelta del promotore, ex art 37 ter l. n. 109 del 1994 e s.m.i., sebbene non vincolati alle rigide forme dell'evidenza pubblica, stante la loro natura para-concorsuale e la funzionalizzazione alla maggior soddisfazione dell'interesse pubblico, devono essere retti dai principi generali sul procedimento amministrativo di cui alla l. 7 agosto 1990 n. 241. Conseguentemente, tali attività, nel caso di più agenti promotori, devono essere precedute dalla fissazione dei criteri imparziali e oggettivi di valutazione, per soddisfare i requisiti minimi di imparzialità e trasparenza richiesti dall'art. 12 della suddetta legge. Prima dello svolgimento delle operazioni di valutazione, tali criteri devono inoltre essere pubblicati, in conformità al principio di pubblicità che regge l'attività amministrativa ai sensi dell'art. 1 della legge.
  • TAR Toscana - Sentenza 9 marzo 2005 n. 2051
    Natura del termine di presentazione delle proposte – Variazioni progettuali nel project financing
    Al termine del "30 giugno di ogni anno", secondo la primitiva formulazione del comma 1 dell'art. 37 bis l. n. 109 del 1994, è da riconoscere carattere perentorio, in quanto fissato per un'offerta, sia pure di carattere preliminare, in ciò sostanziandosi la proposta, con la differenza che il termine anziché essere fissato dall'amministrazione come nelle ordinarie procedure di gara, era stabilito direttamente dalla legge. La perentorietà del termine discendeva, inoltre, dalla peculiare scansione temporale procedimentale che imponeva all'amministrazione di esaminare (sempre secondo la formulazione del comma 1 dell'art. 37 ter, prima della modifica di tale comma effettuata dall'art. 7 l. 1 agosto 2002 n. 166) entro il 31 ottobre di ogni anno la fattibilità sotto i molteplici aspetti specificati nell'art. 37 ter. Richiedendo la complessità della valutazione delle proposte rimessa all'amministrazione un lasso di tempo congruo, se al suindicato termine non fosse stato attribuito carattere perentorio, si sarebbe, difatti, determinato un prolungamento eccessivo del procedimento conclusivo della prima fase. Pertanto, per le proposte presentate dopo il termine del 30 giugno non sussisteva l'obbligo di valutazione da parte dell'amministrazione entro il 31 ottobre dell'anno in corso, potendo essere valutate entro lo stesso termine dell'anno successivo. Nel senso della perentorietà si era espressa l'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici con la determinazione n. 8 del 17 febbraio 2000. Tuttavia la perentorietà del termine si fondava sulla necessità, evidenziata dall'Autorità, del rispetto della "par condicio" tra i concorrenti, che si traduceva nella impossibilità di prorogare il termine una volta che fosse pervenuta anche una sola proposta, e per converso della inammissibilità di una integrazione documentale, quanto meno negli elementi essenziali previsti dall'art. 37 bis, che avrebbe rappresentato uno strumento elusivo del carattere perentorio del termine. Poteva, pertanto essere ritenuta ammissibile una proroga generalizzata purché nel rispetto dei principi di trasparenza e di buon andamento e purché, ovviamente non fossero state presentate proposte entro il suindicato termine del 30 giugno previsto dalla legge onde evitare che i promotori che avessero fruito della proroga si potessero avvantaggiare dell'idea di un altro soggetto. Non si sarebbe trattato, pertanto, di una proroga in senso tecnico, non potendo il relativo provvedimento intervenire prima della scadenza del termine, cioè in un momento in cui era ignoto se sarebbero o meno state presentate proposte nel termine previsto dalla legge onde evitare di precostituire posizioni di vantaggio a scapito del promotore che avesse predisposto la proposta nel termine previsto.
    Ricalcando il sistema di licitazione privata di cui all'art. 37 quater l. n. 109 del 1994, quello previsto per la concessione dall'art. 20, della stessa legge, nell'ambito del quale, in base all'art. 85 comma 2 d.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro sui lavori pubblici) "le amministrazioni aggiudicatrici possono prevedere la facoltà per i concorrenti di inserire nell'offerta la proposta di eventuali varianti al progetto posto a base di gara, indicando quali parti dell'opera o del lavoro e a quali condizioni", deve ammettersi la possibilità a variazioni del progetto anche nella procedura di gara di cui all'art. 37 quater, pur essendo la licitazione privata diversa nella due ipotesi in quanto nel caso della concezione di cui all'art. 19 richiamata dal suindicato art. 37 quater, essa si conclude con l'individuazione dell'affidatario, mentre nell'ipotesi del "project financing" preclude alla procedura negoziata tra promotore e i due soggetti che hanno presentato le due migliori offerte nella licitazione privata, soltanto all'esito della quale si perfeziona la scelta del contraente. Ovviamente le varianti non devono essere tali da configurare un progetto diverso, altrimenti verrebbe meno il parametro sul quale effettuare le valutazioni comparative. Un più ampio margine in ordine a tale possibilità, può, invece riconoscersi nella fase negoziale sia per il promotore che per gli altri concorrenti. In tale fase è, infatti, il progetto del promotore che viene messo a confronto con quelli dei concorrenti selezionati precedentemente, mediante l'apertura di un dialogo competitivo multiplo e flessibile, non limitato alla struttura più rigida della licitazione privata. In entrambe le ipotesi, comunque, le variazioni possono interessare esclusivamente il progetto dell'opera programmata.
  • TAR Puglia, Sez. II Lecce - Sentenza 9 marzo 2005 n. 1319
    Valutazione della proposta
    L’istituto della finanza di progetto, disciplinato dagli artt. 37bis e s.s. della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m., rappresenta un modulo opzionale per la realizzazione dei lavori pubblici o di pubblica utilità inseriti nel programma triennale di cui all’art. 14 della citata legge quadro. Detto istituto è stato introdotto dal legislatore (legge 18 novembre 1998, n. 415, art. 11) al precipuo fine di attrarre gli apporti progettuali e finanziari dei privati nella dinamica dei lavori pubblici. Elemento indefettibile di tale modello è dunque la partecipazione del capitale privato nella realizzazione dei lavori pubblici, anche se non ne è escluso il contributo finanziario pubblico, soprattutto in vista del perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti del privato promotore e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare. Strettamente consequenziale alla necessaria partecipazione finanziaria del privato alla realizzazione dei lavori pubblici è poi la scelta legislativa di utilizzare il contratto di concessione di lavori (di cui all’art. 19 della legge citata) quale schema convenzionale nel cui alveo ricondurre le prestazioni delle parti. Se l’Amministrazione non sopporta il peso finanziario dell’investimento (o, al più, lo sopporta, come detto, soltanto in parte qua), che accolla sulla parte privata, deve pur remunerare quest’ultima in altro modo, e lo fa, appunto, concedendole il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente i lavori realizzati, secondo il modello della concessione di costruzione e gestione che tanta attenzione e preoccupazione ha inizialmente suscitato in ambito comunitario. Tutto questo per dire che sul piano logico-sistematico il project financing comporta sempre la partecipazione finanziaria del soggetto promotore, cui solo può aggiungersi, ma come modalità non necessaria, il contributo pubblico. E’ pacifico che, nell’ambito della procedura di project financing costruita su un modello legale non rigidamente formalistico, ed in particolare nella fase di selezione della proposta di pubblico interesse, le amministrazioni aggiudicatrici godono di una certa libertà nella fase di istruzione delle proposte, tant’è che possono liberamente far luogo (art. 37 bis comma 2ter), in sede di verifica dei documenti presentati, alla eventuale richiesta di integrazione documentale senza nessuna conseguenza decadenziale a carico del promotore. Non è consustanziale alla fase della selezione della proposta di pubblico interesse che venga indicato il peso ponderale degli elementi, sulla base dei quali si procederà alla selezione del soggetto aggiudicatore soltanto nella successiva fase dell’affidamento dei lavori in concessione. La legge quadro (art. 21, comma 2, e art. 37quater), infatti, soltanto in questa seconda fase procedimentale ascrive ai diversi elementi, variabili in relazione all’opera da realizzare, rilievo discriminante ai fini dell’aggiudicazione della concessione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; di guisa che nella pregressa fase della selezione delle proposte ciò che rileva è che i promotori abbiano articolato le loro proposte sulla base della gamma degli elementi valutativi dianzi ricordati, cui verrà dato un peso specifico ponderale nella successiva fase di selezione del concessionario, sulla base della proposta di intervento giudicata di pubblico interesse nel segmento immediatamente precedente del procedimento selettivo. Non è dunque sulla scorta della mancata indicazione del peso ponderale di ciascun elemento (compito peraltro che pertiene alle amministrazioni aggiudicatrici) che può farsi luogo alla esclusione della proposta presentata. Quanto alla censura di ordine generale circa la asserita non comparabilità delle differenti proposte, assai eterogenee soprattutto in ordine agli investimenti previsti, si ribadisce che, essendo la finalità dell’istituto del project financing quella di raccogliere un ventaglio di proposte dai privati rispetto alle quali l’Amministrazione non ha tendenzialmente interesse a frapporre limitazioni iniziali sul piano ideativo/progettuale e su quello finanziario, è giocoforza concludere non solo nel senso che la detta comparazione ha ragione di farsi proprio a fronte della necessaria eterogeneità delle proposte, ma che detta eterogeneità non è di ostacolo alla comparazione attesa la presenza di una pluralità di elementi alla cui stregua valutare le proposte stesse (in tal senso, ad esempio, la durata della concessione funge normalmente da contrappeso rispetto alla consistenza degli investimenti). Sulla violazione dei termini procedimentali previsti dagli artt. 37ter e quater della legge n. 109/94 e s.m., fissati rispettivamente per la individuazione della proposta di pubblico interesse nonché per l’aggiudicazione della concessione (a mezzo di gara o di procedura negoziata), si deve rilevare che agli stessi non potrebbe riconnettersi natura di termini perentori, in difetto di un esplicito meccanismo sanzionatorio per il caso di loro inosservanza. A quei termini va dunque necessariamente attribuita, secondo i tradizionali canoni di interpretazione consolidati nella materia, natura di termini sollecitatori, come tali funzionali soltanto ad un più rapido svolgersi della pluriarticolata vicenda procedimentale.
  • TAR Abruzzo, sez. Pescara - Sentenza 3 marzo 2005 n. 99
    Valutazione della proposta
    L’istituto del project financing consiste essenzialmente in un complesso procedimento volto all’affidamento della concessione di carattere sostanzialmente unitario, anche se articolato in più fasi distinte. In una prima fase l’Amministrazione, previa valutazione favorevole degli elementi analiticamente indicati dall’art. 37-ter, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., provvede ad individuare la proposta del promotore che ritiene di pubblico interesse. In una seconda fase provvede, mediante licitazione privata e secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alla selezione dei soggetti o del soggetto con i quali negoziare successivamente con il promotore il contratto di concessione, ai sensi dell’art. 37-quater, comma 1, lett. a), della citata legge quadro. La terza fase consiste, infine, nella procedura negoziata tra il promotore e gli offerenti individuati a seguito dell’espletamento della fase precedente. Per quanto riguarda, in particolare, la prima di tali fasi la giurisprudenza ha certamente riconosciuto che la Pubblica Amministrazione, procedente nella gestione della fase istruttoria del progetto presentato dal promotore, gode di un’ampia discrezionalità (da ultimo, T.A.R. Sicilia, sede Palermo, II, 30 giugno 2004, n. 1358). Tuttavia, laddove l’Amministrazione comunale abbia indetto un avviso pubblico per la ricerca del promotore interessato (come nel caso di specie) la stessa si è autolimitata in ordine all’esercizio del predetto potere discrezionale. L’art. 37-ter della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., inoltre, impone espressamente all’Amministrazione di valutare “la fattibilità delle proposte presentate” sotto tutta una serie di profili, vale a dire di valutare l’ammissibilità o meno della proposta e, di conseguenza, di accertare se vi siano o meno elementi ostativi alla realizzazione dell’opera (TAR Calabria, sede Catanzaro, I, 23 febbraio 2004, n. 449, e Cons. St., V, 11 luglio 2002, 3916). Ne consegue l’illegittimità dell’operato dell’Amministrazione che non effettua la predetta valutazione, limitandosi il responsabile del procedimento a svolgere un’attività meramente istruttoria e preparatoria in funzione della predetta valutazione e limitandosi, a sua volta, la Giunta municipale ad effettuare una comparazione delle due proposte presentate, senza pregiudizialmente valutare ed accertare, così come la legge le impone, la fattibilità e la realizzabilità tecnica dei progetti presentati e l’assenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera. Nella proposta di project financing il ruolo centrale spetta al piano economico finanziario, la cui congruenza rappresenta una condizione preliminare ed essenziale per garantire l’attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità. Infatti, la tecnica finanziaria in esame deve consentire da un lato la realizzazione dell’opera pubblica senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione e dall’altro deve avere la capacità di autofinanziarsi, assicurando una fonte di utili in grado di consentire il rimborso del prestito e la gestione proficua dell’attività stessa. Illegittimamente, pertanto, viene accettato dall’Amministrazione un piano economico-finanziario manifestamente carente di elementi fondamentali quali: l’analisi di mercato, i costi ed i ricavi di gestione, le modalità di finanziamento dell’investimento e l’asseverazione da parte di un Istituto di credito, il quale non ha propriamente effettuato una “attestazione qualificata” della coerenza e della bontà di tale piano (come chiarito dall’atto di regolazione dell’Autorità per la vigilanza dei lavori pubblici 5 luglio 2001, n. 14), ma si è limitato semplicemente ad attestare le capacità economica e finanziaria del promotore.
  • TAR Liguria, Sez. I - Sentenza 28 gennaio 2005 n. 118
    Modificabilità della proposta
    In presenza della complessa e delicata procedura attivata dall’amministrazione con il ricorso all’istituto del “project financing”, la possibilità di modificare la proposta già elaborata, per renderla economicamente accettabile, va formalmente rappresentata al promotore con l’indicazione puntuale ed adeguata di ogni parametro a tal fine ritenuto utile, in ossequio al canone costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa.
  • Consiglio di Stato, Sez. VI - Sentenza 4 gennaio 2005 n. 2
    Concessione in ambito aeroportuale
    Nella concessione di costruzione e gestione di un parcheggio, affidata da parte di un soggetto operante nel settore aeroportuale, l’esclusione dell’applicazione dell’art. 19, commi 2 e 2bis, riguarda le modalità di affidamento della concessione e le caratteristiche di essa, ma non anche la non necessità del piano economico-finanziario.
    In una concessione (contratto di durata) il piano economico-finanziario deve, di regola, ritenersi essenziale. Tuttavia, nel caso in cui, pur sussistendo un vizio di legittimità per essere mancato al momento dell’affidamento della concessione il piano economico-finanziario, difetti un interesse pubblico concreto e attuale in capo al soggetto affidante, idoneo ad invocare tale vizio a giustificazione del provvedimento di autotutela, quest’ultimo è da ritenersi illegittimo.