Anno 2004
Raccolta della giurisprudenza attinente alla finanza di progetto, anno 2004
- TAR Lazio, Sez. III, sentenza 20 dicembre 2004 n. 16604
Riparto di giurisdizione
Nell'ambito del cd. project financing la delimitazione dell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo e del giudice ordinario debba procedere attraverso la individuazione del momento dell'affidamento della concessione. La procedimentalizzazione della attribuzione della concessione a seguito del meccanismo delineato dal legislatore negli artt. 37-bis ss. L. n. 109/1990, peraltro, consente di ritenere conclusa la fase dell'affidamento nel momento stesso in cui, individuate le due migliori offerte nella gara di cui alla lettera a) dell'art. 37-quater L. n. 109/1998, l'amministrazione aggiudicatrice proceda alla aggiudicazione della concessione. E', infatti, in tale momento che il procedimento di "affidamento" della concessione deve ritenersi concluso, non incidendo, le successive fasi, sulla scelta del contraente e, quindi, sulla fase formativa della volontà della Amministrazione. La liquidazione delle spese sostenute dai soggetti partecipanti al procedimento di project financing, poi, fuoriesce dallo schema dell'affidamento e si sostanzia in una pretesa qualificabile in termini di diritto soggettivo, assoggettata, pertanto, all'ordinario criterio di riparto di giurisdizione. Le conclusioni raggiunte con riguardo all'assetto giurisdizionale relativo alla procedura di affidamento della concessione di cui agli artt. 37-bis e ss. L. n. 109/1994, trovano una ulteriore conferma nella impostazione delineata dalla Corte Costituzionale nella riscrittura del testo dell'art. 33 D.Lgs. n. 80/1998. Poiché, infatti, il project financing si sostanzia in una concessione e la Corte esclude dall'alveo della giurisdizione esclusiva le indennità, i canoni e gli altri corrispettivi relativi alla concessioni di pubblici servizi, può ritenersi che, quand'anche la fase della liquidazione delle spese sostenute dai partecipanti fosse ritenuta ritentrare nell'ambito dell'affidamento della concessione, comunque essa dovrebbe ritenersi esclusa dalla giuridisdizione escusiva, trattandosi proprio di un'indennità o corrispettivo. - TAR Campania, Sez. II Napoli - Sentenza 4 novembre 2004 n. 17641
Project financing e programmazione triennale
Le norme prevedono che il project financing può concernere le sole opere inserite nel documento di programmazione ovvero negli eventuali altri strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente. L’inserimento dei lavori oggetto della proposta in un atto di programmazione previsto dalla legge, quindi, costituisce condizione di ammissibilità della proposta stessa. In carenza della condicio sine qua non per la presentazione della proposta, vale a dire in assenza dell’inserimento dell’intervento progettato in uno strumento pianificatorio di legge, la proposta si presenta inammissibile e non richiede alcuna ulteriore istruttoria. - Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 20 ottobre 2004 n. 6847
Figura del promotore
Una delle principali peculiarità del project financing consiste nella previsione di un procedimento volto all’affidamento della concessione di carattere sostanzialmente unitario, anche se articolato in due fasi distinte. Nella prima, mediante licitazione privata si provvede alla selezione dei soggetti o del soggetto con i quali negoziare successivamente con il promotore il contratto di concessione, ai sensi dell’art. 37quater, primo comma, lett. a) della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.. La seconda fase consiste nella procedura negoziata tra il promotore e gli offerenti individuati a seguito dell’espletamento della fase precedente. Il legislatore, pur privilegiando la figura del promotore, direttamente ammesso alla negoziazione finale, attraverso le previsioni di gara pone al centro di tale istituto le regole sull’evidenza pubblica, in ossequio alla tutela della concorrenza e nel rispetto dei principi comunitari. Ne consegue che il project financing non rappresenta un istituto autonomo e sottratto ai principi in materia di affidamento dei lavori pubblici, ma un sistema di realizzazione di queste ultime che si basa sulle comuni norme che regolano la concessione. Del tutto legittimo, pertanto, è il richiamo, compiuto dal bando di gara per l’indizione della licitazione privata necessaria per la selezione dei concorrenti da mettere a confronto con il promotore, delle norme contenute dal D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m., onde definire i requisiti occorrenti per poter ottenere l’aggiudicazione della concessione. Come, del pari, è inevitabile che le norme della lex specialis, in virtù dell’affermata unitarietà del procedimento, vincolino anche la fase dell’aggiudicazione della concessione e trovino applicazione nei confronti del promotore. Infatti, sebbene quest’ultimo non partecipi alla fase della licitazione privata e sia quindi estraneo alle previsioni della lex specialis che regolano tale specifico aspetto, è chiaro che non può non essere assoggettato, in quanto competerà con i soggetti ammessi nella successiva procedura negoziata per l’aggiudicazione della concessione, alle previsioni che indicano i requisiti soggettivi necessari per ottenere l’affidamento dei lavori e per realizzare le opere dettate dagli artt. 95 e 98 del citato D.P.R. n. 554/99, incorporate dal bando di gara. In altri termini, il soggetto che sarà individuato come concessionario all’esito della procedura negoziata non può essere sottoposto a regole diverse a seconda della circostanza che si tratti del promotore o di uno dei soggetti selezionati a seguito della licitazione privata e ciò non può non valere anche per il possesso dei requisiti di cui agli articoli sopra richiamati, che risulta indispensabile in quanto essi tutelano l’interesse pubblico a far accedere ai pubblici appalti soggetti dotati in modo adeguato da un punto di vista economico finanziario e tecnico. La procedura negoziale ha un’indubbia natura concorsuale fra soggetti preselezionati nelle diverse fasi della procedura complessa. Come tale, pertanto, non si sottrae ai principi di par condicio nonché di economicità e speditezza delle operazioni concorsuali. In particolare, appare evidente come i concorrenti debbano essere posti nelle stesse condizioni di partecipazione al confronto, anche sotto il profilo degli oneri procedurali concernenti la dimostrazione del possesso dei requisiti per l’aggiudicazione, posti a garanzia dell’Amministrazione. Il momento della pubblicazione del bando non può essere individuato nell’avviso, che si limita ad evidenziare l’avvenuto inserimento nella programmazione triennale dei lavori pubblici dell’Amministrazione dell’intervento in questione, da realizzare con la finanza di progetto. Viceversa, la qualificazione di bando spetta all’atto che indice la gara di cui all’art. 37quater, lett. a), della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., cioè la licitazione privata per la scelta dei soggetti competitori con il promotore, in quanto ad esso si deve l’introduzione della effettiva procedura di gara, con il relativo invito alla presentazione delle offerte. - TAR Campania, Sez. I Napoli - Sentenza 27 settembre 2004 n. 12590
Sub appalto e project financing
L’istituto del subappalto non è affatto ontologicamente incompatibile con la concessione di lavori pubblici o con il project financing, ponendosi su un piano diverso rispetto all’obbligo di appaltare almeno il 30% dei lavori. Tale obbligo assume una connotazione distinta dall’ipotesi del subappalto, il quale riguarda lavori in cui il concessionario assume la veste di appaltatore. - TAR Puglia, Sez. I Bari - Sentenza 9 settembre 2004 n. 3880
Natura giuridica della finanza di progetto e della valutazione delle proposte
La locuzione project financing, correttamente traducibile come finanza di progetto, sta a designare una variegata ed ampia gamma di strutture o tecniche finanziarie rivolte al finanziamento di specifici progetti di investimento, e quindi caratterizzate da operazioni finanziarie ciascuna con proprie precipue caratteristiche, esattamente studiate e "ritagliate" sul progetto da finanziare. Tali strutture finanziarie si differenziano nettamente da quelle, tradizionali, della corporate finance, cioè della finanza d’impresa, rivolte invece al sostegno finanziario generale di una determinata impresa, e quindi imperniate, in linea di massima, sulla valutazione del patrimonio dell’impresa da ammettere al credito e su garanzie di tipo reale o personale, o in senso più ampio e comprensivo sulla capacità autonoma di indebitamento dell’impresa.
Nel project financing, secondo il chiaro ed inequivoco enunciato dell’art. 37 ter della legge n. 109 del 1994, la valutazione in ordine alla fattibilità della proposta è la risultante dell’esame di una pluralità di elementi, ed esprime in chiave riassuntiva e sintetica il giudizio tecnico, economico e finanziario cui è chiamata l’amministrazione. Tale esame complessivo non deve essere preceduto da alcuna valutazione preliminare di fattibilità delle proposte distinta dalla valutazione complessiva della proposta condotta sulla base di tutti e di ciascuno di quegli elementi enunciati dall’art. 37 ter cit. - TAR Puglia, Sez. I Bari - Sentenza 9 settembre 2004 n. 3879
Integrazione della proposta – valutazione delle proposte
Deve ritenersi ammissibile che l’amministrazione richieda, e quindi anche consenta, limitate integrazioni della proposta comunque tali da non incidere sulla sua struttura e sul suo contenuto. Tra tali integrazioni non può non ricomprendersi anche l’asseverazione bancaria del piano economico-finanziario che, come chiarito dall’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici nell’atto di regolazione n. 14 del 5 luglio 2001, è non già una certificazione condizionante la validità giuridica del piano finanziario, ma una “attestazione qualificata”, che non sostituisce affatto la valutazione tecnica ed economica-finanziaria dell’amministrazione pubblica interessata nemmeno sul piano della bancabilità della proposta. Le stringenti regole relative alla sigillatura e controfirma dei plichi riguardano le offerte e la relativa documentazione nelle gare d’appalto caratterizzate dall’aggiudicazione del contratto, mentre la procedura orientata solo alla selezione di proposta/e in project financing è ispirata, come rilevato dalla giurisprudenza, a maggiore libertà di forme e quindi contrassegnata da minori vincoli formali, salva l’imprescindibile previa fissazione di criteri valutativi e punteggi ad essi aggregati in momento antecedente l’apertura dei plichi. Se è vero che l’art. 37bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. indica come contenuto della proposta, tra gli altri, il solo progetto preliminare, l’ipotesi ivi normativamente contemplata è quella in cui la proposta segua alla mera indicazione dell’opera nel programma triennale dei lavori pubblici o in un atto programmatorio. Nel caso in cui, però, l’amministrazione comunale ha provveduto essa stessa alla redazione di una progettazione di livello preliminare, non soltanto non può ritenersi precluso, ma anzi deve ritenersi naturale e coerente con gli obiettivi della procedura selettiva, un affinamento del livello progettuale in correlazione con l’esigenza di offrire elementi più concreti e specifici sulla proposta, elaborata sulla scorta degli studi preliminari posti a disposizione dei concorrenti. E’ pertanto consentito ai concorrenti tanto di riferirsi “sic et simpliciter” al livello di progettazione già attinto dagli uffici comunali, quanto di introdurre, mediante integrazioni e migliorie, una maggiore specificazione del progetto preliminare. La valutazione di fattibilità di una proposta non implica di per sé che tale proposta debba esser posta in gara nella licitazione privata o nell’appalto concorso per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione, essendo invece necessaria un’ulteriore valutazione, di squisita discrezionalità, relativa alla rispondenza della proposta all’interesse pubblico. Pertanto potrebbe accadere che tra due o più proposte in comparazione, egualmente giudicate in modo favorevole, non sia quella “migliore” sotto il profilo tecnico, economico e finanziario, ad essere adottata, magari risultandone un’altra maggiormente rispondente all’interesse pubblico. Non possono istituirsi analogie o parallelismi di sorta tra una gara di appalto a licitazione privata con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, o anche un appalto-concorso, in cui, proprio in vista dell’aggiudicazione del contratto, è imprescindibile che gli elementi valutativi siano graduati dalla lex specialis di gara in ordine di importanza, ed una procedura selettiva intesa a individuare una proposta in project financing. Certamente nulla vieta all’amministrazione di fissare nell’avviso di selezione, se ritiene, i valori numerici da aggregare agli elementi valutativi normativamente indicati, ma del pari nulla le impone di farlo. Lo stesso giudizio di fattibilità potrebbe, quindi, ancorarsi ad una valutazione non estrinsecata in “pesi” numerici, oppure, più opportunamente, ad una articolazione, a cura della commissione tecnica, degli elementi assoggettati a valutazione in sottovoci, intese a enuclearne gli aspetti di maggior incidenza cui aggregare punteggi, a ovvi fini di delimitazione della discrezionalità valutativa della commissione tecnica e di maggiore trasparenza. Da quanto sopra discende, quindi, che non può censurarsi sul piano della legittimità né l’avviso di selezione che, nell’ambito dell’ampia discrezionalità evidenziata, non ritiene di fissare esso stesso i “pesi numerici” dei vari elementi valutativi, identificati direttamente dall’art. 37ter, né la scelta della commissione di articolare in sottovoci gli elementi valutativi, ragguagliandovi determinati punteggi, senza seguire l’inesistente ordine decrescente d’importanza erroneamente ravvisato nell’elencazione contenuta nell’art. 37ter. - TAR Puglia, Sez. I Bari - Sentenza 9 settembre 2004 n. 3878
Integrazione della proposta – valutazione delle proposte
Deve ritenersi ammissibile che l’amministrazione richieda, e quindi anche consenta, limitate integrazioni della proposta comunque tali da non incidere sulla sua struttura e sul suo contenuto. Tra tali integrazioni non può non ricomprendersi anche l’asseverazione bancaria del piano economico-finanziario che, come chiarito dall’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici nell’atto di regolazione n. 14 del 5 luglio 2001, è non già una certificazione condizionante la validità giuridica del piano finanziario, ma una “attestazione qualificata”, che non sostituisce affatto la valutazione tecnica ed economica-finanziaria dell’amministrazione pubblica interessata nemmeno sul piano della bancabilità della proposta. Le stringenti regole relative alla sigillatura e controfirma dei plichi riguardano le offerte e la relativa documentazione nelle gare d’appalto caratterizzate dall’aggiudicazione del contratto, mentre la procedura orientata solo alla selezione di proposta/e in project financing è ispirata, come rilevato dalla giurisprudenza, a maggiore libertà di forme e quindi contrassegnata da minori vincoli formali, salva l’imprescindibile previa fissazione di criteri valutativi e punteggi ad essi aggregati in momento antecedente l’apertura dei plichi. Se è vero che l’art. 37bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. indica come contenuto della proposta, tra gli altri, il solo progetto preliminare, l’ipotesi ivi normativamente contemplata è quella in cui la proposta segua alla mera indicazione dell’opera nel programma triennale dei lavori pubblici o in un atto programmatorio. Nel caso in cui, però, l’amministrazione comunale ha provveduto essa stessa alla redazione di una progettazione di livello preliminare, non soltanto non può ritenersi precluso, ma anzi deve ritenersi naturale e coerente con gli obiettivi della procedura selettiva, un affinamento del livello progettuale in correlazione con l’esigenza di offrire elementi più concreti e specifici sulla proposta, elaborata sulla scorta degli studi preliminari posti a disposizione dei concorrenti. E’ pertanto consentito ai concorrenti tanto di riferirsi “sic et simpliciter” al livello di progettazione già attinto dagli uffici comunali, quanto di introdurre, mediante integrazioni e migliorie, una maggiore specificazione del progetto preliminare. La valutazione di fattibilità di una proposta non implica di per sé che tale proposta debba esser posta in gara nella licitazione privata o nell’appalto concorso per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione, essendo invece necessaria un’ulteriore valutazione, di squisita discrezionalità, relativa alla rispondenza della proposta all’interesse pubblico. Pertanto potrebbe accadere che tra due o più proposte in comparazione, egualmente giudicate in modo favorevole, non sia quella “migliore” sotto il profilo tecnico, economico e finanziario, ad essere adottata, magari risultandone un’altra maggiormente rispondente all’interesse pubblico. Non possono istituirsi analogie o parallelismi di sorta tra una gara di appalto a licitazione privata con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, o anche un appalto-concorso, in cui, proprio in vista dell’aggiudicazione del contratto, è imprescindibile che gli elementi valutativi siano graduati dalla lex specialis di gara in ordine di importanza, ed una procedura selettiva intesa a individuare una proposta in project financing. Certamente nulla vieta all’amministrazione di fissare nell’avviso di selezione, se ritiene, i valori numerici da aggregare agli elementi valutativi normativamente indicati, ma del pari nulla le impone di farlo. Lo stesso giudizio di fattibilità potrebbe, quindi, ancorarsi ad una valutazione non estrinsecata in “pesi” numerici, oppure, più opportunamente, ad una articolazione, a cura della commissione tecnica, degli elementi assoggettati a valutazione in sottovoci, intese a enuclearne gli aspetti di maggior incidenza cui aggregare punteggi, a ovvi fini di delimitazione della discrezionalità valutativa della commissione tecnica e di maggiore trasparenza. Da quanto sopra discende, quindi, che non può censurarsi sul piano della legittimità né l’avviso di selezione che, nell’ambito dell’ampia discrezionalità evidenziata, non ritiene di fissare esso stesso i “pesi numerici” dei vari elementi valutativi, identificati direttamente dall’art. 37ter, né la scelta della commissione di articolare in sottovoci gli elementi valutativi, ragguagliandovi determinati punteggi, senza seguire l’inesistente ordine decrescente d’importanza erroneamente ravvisato nell’elencazione contenuta nell’art. 37ter. - TAR Puglia, Sez. I Bari - Sentenza 9 settembre 2004 n. 3877
Integrazione della proposta – valutazione delle proposte
Deve ritenersi ammissibile che l’amministrazione richieda, e quindi anche consenta, limitate integrazioni della proposta comunque tali da non incidere sulla sua struttura e sul suo contenuto. Tra tali integrazioni non può non ricomprendersi anche l’asseverazione bancaria del piano economico-finanziario che, come chiarito dall’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici nell’atto di regolazione n. 14 del 5 luglio 2001, è non già una certificazione condizionante la validità giuridica del piano finanziario, ma una “attestazione qualificata”, che non sostituisce affatto la valutazione tecnica ed economica-finanziaria dell’amministrazione pubblica interessata nemmeno sul piano della bancabilità della proposta. Le stringenti regole relative alla sigillatura e controfirma dei plichi riguardano le offerte e la relativa documentazione nelle gare d’appalto caratterizzate dall’aggiudicazione del contratto, mentre la procedura orientata solo alla selezione di proposta/e in project financing è ispirata, come rilevato dalla giurisprudenza, a maggiore libertà di forme e quindi contrassegnata da minori vincoli formali, salva l’imprescindibile previa fissazione di criteri valutativi e punteggi ad essi aggregati in momento antecedente l’apertura dei plichi. Se è vero che l’art. 37bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. indica come contenuto della proposta, tra gli altri, il solo progetto preliminare, l’ipotesi ivi normativamente contemplata è quella in cui la proposta segua alla mera indicazione dell’opera nel programma triennale dei lavori pubblici o in un atto programmatorio. Nel caso in cui, però, l’amministrazione comunale ha provveduto essa stessa alla redazione di una progettazione di livello preliminare, non soltanto non può ritenersi precluso, ma anzi deve ritenersi naturale e coerente con gli obiettivi della procedura selettiva, un affinamento del livello progettuale in correlazione con l’esigenza di offrire elementi più concreti e specifici sulla proposta, elaborata sulla scorta degli studi preliminari posti a disposizione dei concorrenti. E’ pertanto consentito ai concorrenti tanto di riferirsi “sic et simpliciter” al livello di progettazione già attinto dagli uffici comunali, quanto di introdurre, mediante integrazioni e migliorie, una maggiore specificazione del progetto preliminare. La valutazione di fattibilità di una proposta non implica di per sé che tale proposta debba esser posta in gara nella licitazione privata o nell’appalto concorso per l’affidamento della concessione di costruzione e gestione, essendo invece necessaria un’ulteriore valutazione, di squisita discrezionalità, relativa alla rispondenza della proposta all’interesse pubblico. Pertanto potrebbe accadere che tra due o più proposte in comparazione, egualmente giudicate in modo favorevole, non sia quella “migliore” sotto il profilo tecnico, economico e finanziario, ad essere adottata, magari risultandone un’altra maggiormente rispondente all’interesse pubblico. Non possono istituirsi analogie o parallelismi di sorta tra una gara di appalto a licitazione privata con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa, o anche un appalto-concorso, in cui, proprio in vista dell’aggiudicazione del contratto, è imprescindibile che gli elementi valutativi siano graduati dalla lex specialis di gara in ordine di importanza, ed una procedura selettiva intesa a individuare una proposta in project financing. Certamente nulla vieta all’amministrazione di fissare nell’avviso di selezione, se ritiene, i valori numerici da aggregare agli elementi valutativi normativamente indicati, ma del pari nulla le impone di farlo. Lo stesso giudizio di fattibilità potrebbe, quindi, ancorarsi ad una valutazione non estrinsecata in “pesi” numerici, oppure, più opportunamente, ad una articolazione, a cura della commissione tecnica, degli elementi assoggettati a valutazione in sottovoci, intese a enuclearne gli aspetti di maggior incidenza cui aggregare punteggi, a ovvi fini di delimitazione della discrezionalità valutativa della commissione tecnica e di maggiore trasparenza. Da quanto sopra discende, quindi, che non può censurarsi sul piano della legittimità né l’avviso di selezione che, nell’ambito dell’ampia discrezionalità evidenziata, non ritiene di fissare esso stesso i “pesi numerici” dei vari elementi valutativi, identificati direttamente dall’art. 37ter, né la scelta della commissione di articolare in sottovoci gli elementi valutativi, ragguagliandovi determinati punteggi, senza seguire l’inesistente ordine decrescente d’importanza erroneamente ravvisato nell’elencazione contenuta nell’art. 37ter. - TAR Toscana, Sez. II - Sentenza 2 agosto 2004 n. 2860
Non appare plausibile sostenere che la fase di scelta del promotore - pur con le sue peculiarità - non debba rispondere ai canoni procedimentali che connotano le vere e proprie gare per la scelta del contraente in materia di opere e servizi pubblici. In tal senso depongono sia il chiaro ed esplicito nesso di presupposizione funzionale che lega la proposta del promotore dichiarata di pubblico interesse e l’indicazione dell’oggetto della successiva gara per l’affidamento della concessione per la realizzazione dell’opera per cui si è fatto ricorso alle risorse finanziarie del promotore, nonché la stessa previsione normativa di un esame anche comparativo delle proposte presentate. Da ciò discende che, pur se l’art. 37ter della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. non procedimentalizza l’attività di valutazione dell’amministrazione con espresso riferimento alle procedure di gara, tuttavia la necessità che tale valutazione si svolga all’insegna dei criteri di par condicio e di trasparenza (richiesti per il corretto svolgimento delle vere e proprie procedure di gara) appare intrinseca alla stessa natura para-concorsuale emergente nella scelta del promotore, quale attività volta a realizzare l’interesse pubblico alle migliori condizioni possibili per l’amministrazione aggiudicatrice. D’altra parte la necessità che l’esame delle proposte sia preceduto dalla predeterminazione di delineati criteri per la valutazione dei vari profili rilevanti (ai fini della dichiarazione di rispondenza del progetto all’interesse pubblico) e che i vari profili siano valutati con assegnazione di pesi e/o punteggi, nella sostanza si risolve in una adeguata forma di garanzia del corretto esercizio dell’“ampia discrezionalità” nella scelta. Detto corretto esercizio, infatti, rimarrebbe privo di riscontri ove non si facesse riferimento, per analogia, a criteri e modalità di valutazione che, anche se non tipizzati dal legislatore espressamente con riguardo all’istituto della scelta del promotore, tuttavia costituiscono lo strumento procedurale più adatto, da un lato, per l’imparzialità delle scelte tra più proposte e, dall’altra, per la realizzazione dell’interesse pubblico con la maggiore approssimazione possibile al miglior livello. - TAR Puglia, Sez. III Bari - Sentenza 9 luglio 2004 n. 2993
L’istituto del project financing, di derivazione anglosassone, è stato introdotto nel nostro ordinamento al fine di agevolare la realizzazione di opere pubbliche che l’Ente pubblico non sarebbe in grado di eseguire, mediante l’apporto di capitali privati. Sua caratteristica essenziale è quella di porre a carico dei soggetti promotori o aggiudicatari, in tutto o in parte, i costi necessari alla progettazione ed esecuzione dei lavori, assicurando loro come unica controprestazione il diritto di gestione funzionale e sfruttamento economico delle opere realizzate. La legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. ha disciplinato l’istituto del project financing in maniera scandita ed articolata, prevedendo due fasi logicamente e cronologicamente distinte: una prima fase (artt. 37bis, ter e quater), in cui la P.A., sulla base del progetto presentato da un soggetto promotore, valuta la fattibilità della proposta ed il suo pubblico interesse; ed una seconda fase (artt. da 37quinquies a 37nonies), in cui è analiticamente disciplinato il rapporto intercorrente tra la stessa P.A. ed il soggetto aggiudicatario, in regime di concessione ai sensi dell’art. 19, comma 2, della stessa legge n. 109/94. Con specifico riguardo alla prima fase del project financing, dopo aver stabilito che le proposte di finanziamento presentate dai promotori possono riguardare soltanto lavori pubblici e di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale di cui all’art. 14, comma 2, della citata legge n. 109/94, ovvero negli strumenti formalmente approvati dall’Amministrazione sulla base della normativa vigente (art. 37bis), il legislatore ha analiticamente disciplinato i criteri e le modalità di valutazione delle proposte, prevedendo che '”le amministrazioni aggiudicatici valutano la fattibilità delle proposte presentate sotto il profilo costruttivo, urbanistico ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell’opera, dell’accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione, verificano l’assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e, esaminate le proposte stesse anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse” (art. 37ter, come modificato dalla legge n. 166/02). È dunque evidente che la valutazione dell’Amministrazione si articola a sua volta in una duplice fase: una valutazione di idoneità tecnica della proposta e, all’esito di questa prima valutazione, una valutazione di rispondenza della proposta stessa al pubblico interesse. E’ soprattutto in questa seconda fase che massimo è il margine di discrezionalità riservato alla P.A., trattandosi di giudizio coinvolgente la valutazione comparativa degli interessi che essa assume rilevanti in un determinato momento storico. Ne consegue che una proposta, pur giudicata idonea e fattibile sotto il profilo tecnico, potrà essere respinta in quanto ritenuta non conforme al pubblico interesse, a seguito della predetta valutazione comparativa. Al riguardo la giurisprudenza ha evidenziato che, una volta superata la valutazione di idoneità e fattibilità tecnica dell’intervento, il “cuore” della valutazione della P.A. è in ogni caso individuabile negli aspetti economici e finanziari. Pertanto, anche alla luce di quanto già sottolineato in ordine all’ampio margine di discrezionalità che caratterizza la valutazione di pubblico interesse, non è censurabile un eventuale giudizio negativo che si fondi esclusivamente sulla non rispondenza a tale interesse del criterio del “ritorno economico”. - TAR Sicilia - Sentenza 30 giugno 2004 n. 1358
L’art. 3 bis, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. prevede che le proposte di project financing debbano contenere “l’indicazione (…) delle garanzie offerte dal promotore all’amministrazione aggiudicatrice” mentre il successivo art. 37quater statuisce che tali garanzie debbano essere presentate in sede di partecipazione alla gara indetta per l’aggiudicazione della concessione. In ossequio ai logici principi di ermeneutica, tra le possibili interpretazioni di una disposizione va privilegiata quella più idonea a salvaguardare la razionalità e la congruenza, cosicché se si vuole evitare di privare di significato l’art. 37bis, deve ritenersi che tale norma imponga la specifica indicazione delle garanzie offerte, in quanto l’assunzione di un generico impegno alla successiva costituzione delle stesse si risolverebbe nella mera assunzione dell’obbligo di rispettare il precetto di cui al successivo art. 37quater. In altri termini, l’espressa previsione normativa dell’obbligo di costituzione delle garanzie in sede di partecipazione alla gara rende superfluo ed inutile l’impegno non adeguatamente specificato alla costituzione delle stesse in vista della eventuale aggiudicazione. Va, peraltro, rilevato come la mancata conoscenza dell’importo della concessione se impedisce la quantificazione delle garanzie da versare, non preclude la loro indicazione tipologica in termini adeguatamente specifici. Il project financing è un istituto di origine anglosassone, che è stato introdotto nel nostro ordinamento per agevolare la realizzazione di opere pubbliche, che, senza l’apporto di capitali privati, l’Amministrazione non è in grado di finanziare. Il tratto caratteristico principale dell’istituto in esame è rappresentato dal fatto che l’onere economico derivante dalla progettazione e dalla esecuzione dei lavori è posto, totalmente o parzialmente, a carico dell’aggiudicatario, il quale riceve come “compenso” il diritto di gestire e sfruttare economicamente l’opera realizzata. Ne consegue la configurazione normativa del project financing quale procedura snella volta ad agevolare la collaborazione tra i privati e la Pubblica Amministrazione al di fuori di logiche formalistiche. Tale tratto caratteristico si riscontra soprattutto nella fase della presentazione delle proposte da parte dei privati, alla quale segue quella eventuale della gara per l’affidamento della concessione. Significativa è, in tal senso, la disposizione di cui al comma 2ter dell’art. 37bis, laddove si prevede che, entro quindici giorni dalla ricezione della proposta, le amministrazioni aggiudicatrici provvedono a verificare la completezza dei documenti presentati e ad inoltrare al proponente eventuale dettagliata richiesta di integrazione. La disposizione de qua avrebbe una scarsa rilevanza applicativa, qualora si limitasse sotto il profilo quali-quantitativo gli atti, che l’Amministrazione, nell’esercizio della propria discrezionalità, può richiedere al proponente. Tale interpretazione contrasterebbe, peraltro, con lo spirito della norma, in quanto piuttosto che agevolare, ostacolerebbe i rapporti tra P.A. e privati e restringerebbe eccessivamente l’ambito applicativo dell’istituto, che, peraltro, sembra avere avuto finora uno scarso riscontro applicativo nella prassi. Ne consegue il riconoscimento di un’ampia discrezionalità alla Amministrazione procedente nella gestione della fase della istruttoria del progetto presentato dal promotore. Il project financing si caratterizza per la sua snellezza ed informalità, alle quali consegue il riconoscimento alla Pubblica Amministrazione di una amplissima discrezionalità valutativa, che può essere sindacata nel merito da parte del giudice amministrativo solo nel caso di palese illogicità, che non è riscontrabile nel caso in cui il Comune ha espresso il proprio giudizio in termini numerici agevolmente comprensibili. La soluzione interpretativa accolta è, peraltro, perfettamente in linea con il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l’onere della motivazione è sufficientemente adempiuto con l’attribuzione di un punteggio numerico, che si configura quale formula sintetica, ma eloquente della valutazione effettuata dalla Amministrazione. Il consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale “La regolarità di una gara di appalto pubblico è inficiata per il solo fatto del mancato rispetto del principio per il quale la determinazione dei criteri di valutazione e dei punteggi (allorché ai criteri è collegata l’assegnazione di un punteggio) deve necessariamente precedere l’apertura delle buste contenenti gli elementi da valutare ai fini dell’aggiudicazione e ciò indipendentemente dall’accertare se nel caso concreto l’organo deputato ad effettuare le predette valutazioni sia effettivamente venuto a conoscenza del contenuto delle buste” (Consiglio Stato, sez. V, 4 febbraio 2003, n. 533), deve trovare applicazione anche rispetto alle procedure di project financing, in quanto, pur avendo la fase della valutazione del progetto, che precede la gara per l’affidamento, una connotazione informale, che la differenzia profondamente dalle procedure di evidenza pubblica, deve necessariamente aversi il rispetto dei principi di correttezza, che debbono sempre caratterizzare l’attività delle Pubbliche Amministrazioni. Sotto questo profilo, nessun dubbio può aversi in merito al fatto che non appare conforme ai principi determinare criteri valutativi finalizzati ad effettuare una scelta comparativa, qualora si abbia già conoscenza del contenuto dei progetti da esaminare. Al fine di individuare i soggetti legittimati alla presentazione delle proposte, l’art. 37bis rinvia all’art. 10, il quale alla lettera d) fa espresso riferimento alle associazioni temporanee di concorrenti e prevede l’applicabilità delle disposizioni di cui al successivo art. 13, che, a sua volta, consente la presentazione di offerte da parte delle predette associazioni, anche se non ancora costituite, richiedendo, in tal caso, in primo luogo, che l’offerta sia sottoscritta da tutte le imprese, che costituiranno il raggruppamento ed, in secondo luogo, che contenga l’impegno, con riferimento al caso della aggiudicazione, di conferire mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, da indicare in sede di offerta, qualificata come capogruppo. In mancanza di diversa indicazione normativa deve ritenersi che il rinvio fatto dall’art. 37bis all’art. 10 comporti anche il rinvio all’art. 13 e legittimi, pertanto, la presentazione di offerte anche da parte delle ATI costituende. La soluzione interpretativa adottata è, peraltro, in linea con un autorevole precedente giurisprudenziale, secondo il quale, con riferimento alle procedure della c.d. finanza di progetto, deve ritenersi illegittima l’esclusione dalla gara di un’A.T.I. non ancora costituita, che deve invece essere ammessa ai sensi dell’art. 13 comma 5, legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., in considerazione del fatto che la previa formalizzazione dell’impegno a costituirsi successivamente all’aggiudicazione consente di individuare con precisione il soggetto che parteciperà alla fase successiva e garantisce la massima partecipazione alla gara. In definitiva, nessun effetto negativo per la procedura della finanza di progetto potrebbe ricondursi all’ammissione in gara di un raggruppamento non ancora costituito, che consente, invece, di scegliere tra un ventaglio più ampio di proposte e favorisce l’individuazione di quella maggiormente rispondente al pubblico interesse (Consiglio di Stato, V, 5 settembre 2002, n. 4468). - TAR Campania, Sez. I Napoli - Sentenza 17 giugno 2004 n. 9571
Nessun divieto di compartecipazione azionaria tra banca e promotore, o di altra forma di collegamento, è posto dalla speciale disciplina sulla finanza di progetto, la cui ratio sembrerebbe, anzi, postulare un serio coinvolgimento dell’istituto di credito, il cui ruolo potrebbe spingersi oltre la mera asseverazione di “bancabilità” dell’operazione, non essendo vietato (ed essendo, anzi possibile e auspicabile) che la banca asseverante prenda successivamente parte all’effettivo finanziamento dell’operazione in favore del soggetto aggiudicatario (atteso che, fermo restando che gli effetti giuridici dell’asseverazione non impegnano in alcun modo l’istituto di credito né nei confronti della stazione appaltante, in termini di garanzia, né nei confronti del concessionario, in termini di affidamento bancario, nondimeno un serio esame di bancabilità condotto in sede di asseverazione ben potrebbe in astratto essere prodromico rispetto alla successiva effettiva finanziabilità del progetto). Il progetto - nelle sue linee portanti e strutturali - non può essere innovato nel corso della fase negoziata, nella quale i concorrenti devono limitarsi a rilanci migliorativi sugli elementi quantitativi dell’offerta, ovvero (quando previsto) su aspetti progettuali e gestionali sostanzialmente accessori, attesa la non modificabilità delle caratteristiche definienti il progetto posto a base di gara. Ne deriva che l’esame approfondito e serio di sostenibilità e di bancabilità deve essere svolto dalla banca già sui progetti presentati nelle fasi della scelta del promotore e del competitore. La nuova asseverazione resa sul progetto del vincitore finale si presenta come sostanzialmente confermativa della prima asseverazione, alla luce del maggior impegno economico promesso nella fase dei rilanci negoziati, ma non altera i termini essenziali del primo giudizio di bancabilità. Le norme speciali sulla finanza di progetto non richiamano l’art. 21 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., ma la mancata applicazione al procedimento in esame di una verifica di anomalia nel significato specifico di cui al citato articolo non significa che alla stazione appaltante sia precluso l’accertamento della coerenza e della sostenibilità economica dell’offerta. In realtà la mancata previsione di un meccanismo procedurale di verifica dell’anomalia nel project financing si giustifica proprio in relazione al fatto che il controllo di coerenza e sostenibilità dell’offerta finale è contenuto in re ipsa nell’esame del piano economico finanziario, piano che integra l’offerta nella parte in cui ne costituisce la spiegazione. Il piano economico finanziario, infatti, esplicita e rende comprensibile il modo in cui l’offerente ritiene di poter conseguire i risultati migliorativi formalizzati nel rilancio finale nella fase negoziata. Esso costituisce dunque il documento che individua e chiarisce le ragioni giustificatrici dell’offerta e che perciò racchiude in sé tutti gli elementi per la valutazione e l’apprezzamento contenutistico dei ribassi offerti. Le correnti definizione della finanza di progetto pongono tutte l’accento sull’elemento centrale del finanziamento, che trova garanzia, per il finanziatore, non già nel profilo soggettivo di affidabilità dell’operatore economico che ne beneficia, bensì nella credibilità dei flussi di cassa attesi dalla gestione dell’infrastruttura, nel loro equilibrio rispetto ai costi di costruzione e gestione. Donde la ovvia e comunemente condivisa conclusione per cui la validità economico-finanziaria del progetto costituisce il presupposto stesso dell’intera operazione di project financing. Non è dunque ammissibile la sottrazione del piano economico finanziario - che questi equilibri spiega e giustifica - ad una seria valutazione di sostenibilità da parte della stazione committente. Valutazione di sostenibilità che non può identificarsi o risolversi nell’asseverazione bancaria che, come giustamente rimarcato dall’Autorità di vigilanza nell’atto di regolazione n. 14 del 5 luglio 2001, non sostituisce la valutazione amministrativa (come se fosse un atto amministrativo), ma ne costituisce un presupposto di partenza. In una procedura di project financing è legittimo il sistema seguito dalla commissione raffrontabile al metodo del “dialogo competitivo” introdotto dall’art. 29 della nuova direttiva quadro sulle procedure di aggiudicazione degli appalti 2004/18/CE del 31 marzo 2004 per il caso di “appalti particolarmente complessi”. La condivisione risponde alla duplice esigenza logica e razionale di salvaguardare i termini essenziali del progetto di costruzione e gestione - come definiti nella fase del promotore e migliorati in quella di licitazione privata per la selezione dei competitori - e di definire un terreno comune chiaro e certo sul quale misurare la negoziazione. Quel che conta, alla fine, come insegna il menzionato articolo 29 della direttiva quadro 2004/18 sopra richiamata, è che non vi siano discriminazioni e lesioni effettive alla par condicio tra i concorrenti. Durante il dialogo competitivo - chiarisce il predetto articolo 29 - le amministrazioni aggiudicatici garantiscono la parità di trattamento di tutti gli offerenti. In particolare esse non forniscono, in modo discriminatorio, informazioni che possano favorire alcuni offerenti rispetto ad altri. - TAR Sicilia, Catania, Sentenza 26 maggio 2004 n. 1489
Valutazione comparativa delle proposte - sindacabilità
La valutazione comparativa delle diverse proposte presentate al fine di individuare quella più rispondente al pubblico interesse costituisce esercizio di un amplissima discrezionalità, caratterizzata da incisive e sostanziali valutazioni di merito, come emerge dal tenore dell’art.37 ter L. n. 109/94, secondo cui le amministrazioni aggiudicatici, dopo aver valutato le proposte presentate “…provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse…”. Sicché, deve ritenersi precluso al giudice amministrativo il sindacato sulle scelte di merito dell’amministrazione, ispirate a criteri di opportunità e convenienza, in ossequio al principio di separazione dei poteri. - TAR Emilia Romagna, Sez. I Bologna - Sentenza 20 maggio 2004 n. 762
Nella proposta di project financing ha un ruolo centrale il piano economico finanziario, la cui congruenza rappresenta una condizione preliminare ed essenziale per garantire l’attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità. Il piano asseverato non può essere soggetto a modifiche unilaterali dell’amministrazione; esso rappresenta, infatti, la base sulla quale saranno chiamati a confrontarsi i concorrenti nella successiva procedura negoziata di cui all’art. 37quater, il quale stabilisce espressamente che i valori degli elementi per la determinazione dell’offerta più vantaggiosa devono essere fissati “nelle misure previste dal piano economico finanziario presentato dal promotore”, non trascurando di precisare che, in mancanza di offerte nella gara, la proposta vincola comunque il promotore all’esecuzione dell’intervento. Le modifiche che, ai sensi dell’art. 37quater, primo comma, lett. a), della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. l’amministrazione è legittimata ad apportare alla proposta di project financing possono consistere unicamente in lievi correttivi, non in interventi idonei ad alterare il quadro finanziario proposto dal promotore. Con la conseguenza che, qualora il progetto presenti profili che l’amministrazione giudica non coerenti con le funzioni da insediare e lo stralcio delle relative previsioni privi la proposta dei corrispondenti introiti finanziari, dovrà ritenersi integrata la presenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera e la proposta non potrà giudicarsi di pubblico interesse. Il project financing costituisce una modalità di finanziamento, da parte del privato, della realizzazione di opere pubbliche, la cui gestione possa assicurare un ritorno economico. Trattasi di operazione senza rischio nella quale risulta essenziale la validità del conto economico del progetto da finanziare e la capacità di generare un flusso di cassa in grado di rimborsare il prestito erogato (capacità reddituale per l’arco di tempo occorrente all’estinzione del finanziamento erogato). Caratteristica peculiare del project financing, dunque, non è solo l’ottenimento del capitale occorrente per la realizzazione delle opere, ma fondamentalmente la gestione delle stesse, affinché dalla loro fruizione e dai ricavi correlati possa trovare completa remunerazione il capitale investito. Il progetto, quindi, va considerato come un unicum, nel quale la fase gestionale ha, indubbiamente, rilevanza di gran lunga maggiore di quella realizzativa dell’opera, perché consente appunto la remunerazione della stessa. Conseguentemente ogni significativa modifica al piano gestionale rende inaccoglibile la proposta. - TAR Puglia, Sez. III Bari - Sentenza 18 maggio 2004 n. 2163
Le proposte di realizzazione di lavori pubblici o lavori di pubblica utilità in project financing per le quali l’amministrazione deve provvedere ai sensi e per gli effetti dell’art. 37 bis, comma 1, legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. hanno quale presupposto che i lavori siano “inseriti nella programmazione triennale di cui all’art. 14, comma 2 o negli strumenti di programmazione formalmente approvati dall’amministrazione aggiudicatrice sulla base della normativa vigente”. La norma sulla programmazione costituisce, dunque, il punto di partenza obbligato per il soggetto promotore che chiede l’esame e la pronuncia della p.a. sulla proposta presentata, oltre alla necessità che da detta attività di programmazione emerga espressamente la destinazione delle opere da realizzare “con capitali privati”. Ove non vi sia nella programmazione dell’amministrazione un’espressa previsione, i privati possono farsi promotori della realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità o di studi di fattibilità. La presentazione di tali proposte o studi, tuttavia, non determina in capo alle amministrazioni alcun obbligo di esame e di valutazione. Pertanto, nel caso in cui la proposta presentata non riguardi un’opera la cui realizzazione è prevista ed inserita nella programmazione formale dell’amministrazione comunale, non sussiste obbligo dell’amministrazione di provvedere su di essa e tanto meno la presentazione della proposta compromette la facoltà dell’amministrazione di acquisire tramite procedura concorsuale soluzioni progettuali di altri operatori privati. - TAR Campania, Sez. II Napoli - Sentenza 4 marzo 2004 n. 3130
Valutazione comparativa delle proposte – competenza
Nella valutazione della proposta, così come disciplinata dall’art. 37 ter della legge 11 febbraio 1994, n. 109, l’amministrazione gode di un amplissimo potere discrezionale in ordine alla conformità al pubblico interesse delle proposte presentate: da ciò ne consegue che la relativa competenza non può che essere della Giunta Comunale e non del dirigente. L’articolo citato infatti non individua mere competenze gestionali ma impone una serie di valutazioni di carattere programmatorio implicanti una scelta di alta discrezionalità. - TAR Campania, Sez. I Napoli - Sentenza 19 marzo 2004 n. 3046
L’art. 37bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. prevede, al più, il concorso pubblico mediante il pagamento di un prezzo sul valore dell’opera realizzata, non mediante il pagamento di un canone periodico per l’erogazione del servizio (nella specie, manutenzione degli impianti elettrici). Pertanto non è riconducibile al suddetto articolo la fattispecie in cui risulta del tutto assente il profilo, pure essenziale nella concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche (a tale rapporto conduce infatti il cd. project financing), dello sfruttamento economico del bene da parte del concessionario, risolvendosi, il suo utile, nel solo introito di un canone periodico a carico dell’amministrazione concedente. Il combinato disposto degli articoli 37bis e 19, commi 2 e 2ter, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m. dimostra che non può ammettersi una tale configurazione del rapporto concessorio attuato mediante finanza di progetto. Né a diverse conclusioni può condurre il recente inserimento del comma 2ter nell’art. 19 della citata legge Merloni ad opera della legge n. 166 del 2002 (secondi il quale “Le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta della pubblica amministrazione, in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione che resti al concessionario l’alea economico-finanziaria della gestione dell’opera”), in quanto, nel fattispecie in esame, non vi è alcuna traccia dell’assunzione dell’alea economico-finanziaria da parte del concessionario. Come osservato da condivisibile giurisprudenza (TAR Molise, 30 agosto 2002, n. 724), laddove l’intenzione delle parti, prefigurata negli atti preparatori e definita nel contratto stipulato, appare diretta all’affidamento del servizio piuttosto che all’esecuzione di lavori, viene operato una sorta di rovesciamento della logica della finanza di progetto, nel senso che non è la gestione a fungere da corrispettivo dei lavori, ma sono i lavori che l’impresa deve eseguire a costituire corrispettivo (parziale) dell’affidamento del servizio. In altri termini, mentre la legge prevede che i lavori siano compensati unicamente con la gestione ed eventualmente anche con un prezzo, nella fattispecie in esame è la gestione ad essere compensata con l’esecuzione di lavori e con un prezzo (canone annuo). - TAR Calabria, Sez. Reggio Calabria - Sentenza 23 febbraio 2004 n. 449
Atteso il ruolo centrale che nel project financing assume il piano economico finanziario, previsto come uno degli elementi essenziali della proposta del promotore, tanto da dover essere asseverato da un istituto di credito (art. 37bis della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m.), la proposta del promotore non può essere valutata indipendentemente dal suddetto piano finanziario e, se questo risulta incongruo, detta proposta non può essere valutata idonea allo scopo. Le modifiche che, ai sensi dell’art. 37quater, comma 1, lett. a), della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m. l’Amministrazione è legittimata ad apportare alla proposta possono consistere unicamente in lievi correttivi, non in interventi idonei ad alterare il quadro finanziario proposto dal promotore. Conseguentemente, qualora il progetto presenti profili che l’Amministrazione giudica non coerenti con le funzioni da insediare e lo stralcio delle relative previsioni privi la proposta dei corrispondenti introiti finanziari, dovrà ritenersi integrata la presenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera e la proposta non potrà giudicarsi di pubblico interesse. - Consiglio di Stato, Sez. V - Sentenza 10 febbraio 2004 n. 495
Se nella procedura negoziata, di cui all’art 37-quater, lett. b), della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., il promotore non ha i requisiti richiesti per il concessionario dall’art. 98 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e s.m., l’amministrazione non può arrestare la procedura di gara e consentire al promotore di integrare la documentazione o di associare altra impresa, ma deve disporre la sua esclusione e l’affidamento dei lavori al migliore degli altri concorrenti o anche al solo concorrente selezionato con la gara preliminare di cui alla lett. a) del medesimo articolo. Ciò in quanto la procedura negoziata ha un’indubbia natura concorsuale fra soggetti preselezionati nelle diverse fasi della procedura complessa e come tale, pertanto, non si sottrae né al principio di “par condicio”, in forza del quale i concorrenti devono essere posti nelle stesse condizioni di partecipazione al confronto, anche sotto il profilo degli oneri procedurali concernenti la dimostrazione del possesso dei requisiti per l’aggiudicazione, né al principio di “economicità e speditezza”, da cui è retta l’azione amministrativa, che non consente un’interpretazione secondo la quale al promotore sarebbe accordata la facoltà di dimostrare anche in un secondo momento il possesso dei requisiti per l’aggiudicazione. - TAR Toscana, Sez. II - Sentenza 11 febbraio 2004 n. 656
Project financing e programmazione triennale
L’inserimento o meno di una determinata opera pubblica nel programma delle opere da realizzare attiene ad una scelta ampiamente discrezionale di pianificazione, non sindacabile nel merito, di esclusiva competenza dell’organo politico elettivo del Comune, il quale e’ il solo a potere valutare, senza che possa essere sindacata la sua scelta, i bisogni della collettività meritevoli di soddisfazione attraverso la realizzazione di un’opera pubblica, la loro priorità e la compatibilità dell’intervento preordinato alla soddisfazione dei bisogni stessi con le altre esigenze sulle quali la realizzazione dell’intervento medesimo interferisce. Ne’ vale sostenere che l’inserimento nella programmazione di un intervento non ne consenta l’espunzione successiva in sede di aggiornamento annuale. Ed invero, l’art. 37 bis della legge 109 prevede espressamente che la presentazione, in fase di programmazione, di proposte di intervento relative alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità e studi di fattibilità non determina, in capo alle amministrazioni, alcun obbligo di esame e valutazione e che le stesse possono adottare nell’ambito dei propri programmi le proposte di intervento e gli studi ritenuti di pubblico interesse chiarendo che “l’adozione non determina alcun diritto del proponente alla realizzazione degli interventi proposti.” - TAR Campania, Sez. I Napoli - Sentenza 29 gennaio 2004 n. 914
Valutazione della proposta
Qualora ad una procedura attivata da un ente locale per la realizzazione di una opera pubblica a mezzo di project financing, ex art. 37bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m., abbiano partecipato più concorrenti, deve ritenersi legittimo il provvedimento della P.A. di dichiarazione di non idoneità della proposta formulata da uno di essi, nel caso in cui detta proposta risulti priva dell’elaborato di quantificazione degli elementi per la successiva valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e, quindi, dei requisiti minimi per essere qualificata come tale, nonché priva delle “garanzie del promotore”. In tale circostanza, infatti, a differenza dell’ipotesi in cui si sia in presenza di un solo aspirante promotore, non è consentito alla P.A. di formulare, ex art. 37bis, comma 2ter, lett. b) della medesima legge quadro, una successiva richiesta integrativa della documentazione mancante, in quanto detta richiesta si tradurrebbe, di fatto, non in una mera integrazione documentale, che sarebbe possibile, ma in un’integrazione della proposta stessa nei suoi elementi essenziali e costitutivi, che si avrebbe ad intervenuta conoscenza delle proposte formulate dai restanti soggetti che hanno risposto all’invito, con la conseguente violazione dei principi di terzietà che comunque devono informare l’azione amministrativa. - TAR Lazio, Latina, sez. I – sentenza 19 gennaio 2004, n. 13
Una volta che il soggetto promotore ex art. 37 bis, l. 11 febbraio 1994 n. 109, introdotto dall'art. 11, l. 18 novembre 1998 n. 415, abbia dato inizio alla procedura di gara, giungendosi al confronto fra il suo progetto e le altre offerte ammesse, la conclusione della gara diventa indifferente rispetto all'esito di tale progetto, non essendo previsto che quest'ultimo debba rimanere in valutazione fino alla conclusione della procedura negoziata; ne deriva che, nel caso di esclusione del promotore dalla gara, quest'ultima può legittimamente essere aggiudicata ad altra impresa concorrente.