1 - Introduzione allo studio dell'Emilia-Romagna

In una regione si può vedere il sovrapporsi di unità di genere diverso, che si identificano più o meno esattamente fra loro: unità amministrativa, geografica, storica, economica; sociale, culturale, e così via. Come oggetto di studio, la Regione è quindi un argomento enciclopedico, da affron­tare con una grande varietà di metodi e strumenti. Né si può stabilire una gerarchia di importanza o un ordine di priorità tra i diversi campi di indagine che presenta. Sembra indub­bio però che un'utile premessa a qualunque studio possa essere data da una conoscenza visiva di una serie di luoghi sparsi sul territorio regionale. Come in tutte le antologie, la scelta avrebbe potuto essere diversa: l'importante è che le singole immagini vengano considerate come punto di par­tenza per altre ricerche, anche su argomenti che non hanno trovato posto nei limiti della serie di 2 fotografie. Come tema conduttore si è presa la Via Emilia, o meglio la direzione comune alla Via Emilia, alla catena appenninica e alla fascia di maggior concentrazione di insediamenti e atti­vità. Alla successione delle fotografie si è dato un ordina­ mento spaziale: una specie di viaggio ideale attraverso la Regione, da Nord a Sud e procedendo a zig zag, in modo da intersecare più volte le caratteristiche fasce di montagna, collina, pianura, con una lunga digressione finale sulla costa adriatica. Comunque, l'ordine può essere variato a piacere, scegliendo per esempio criteri monografici, secondo le esi­genze che si manifestassero. La cartina mostra l'itinerario del viaggio ideale proposto, congiungendo tutti i luoghi delle fotografie, nel loro ordine di successione------CREDITI - Piano, selezione delle immagini, testi: Delfino Insolera Fotografie: Delfino Insolera, Vanna Rossi - Copyright © 1979 Regione Emilia-Romagna .
9. La pietra di Bismantova 9. La pietra di Bismantova

Questa montagna dal profilo inconfondibile è la Pietra di Bismàntova, al centro dell'Appennino reggiano. È un blocco squadrato di calcari arenacei, circondato alla base da una falda di detriti, accumulati per millenni da gigantesche frane; poggia su una piattaforma pianeggiante di argille scagliose, molto più antiche, facilmente erodibili. In primo piano, il villaggio di Fariolo; più lontano, si distende lungo una strada l'abitato di Campolungo: fra queste case e la sommità della Pietra ci sono trecento metri di dislivello. Sullo sfondo, le montagne dell'Alto Appennino, con le ultime nevi primaverili: a sinistra l'insellatura del Passo di Pradarena, poi la cima del Cavalbianco, poi la dorsale che scende verso il Passo del Cerreto. Foto scattata da Fariolo: S.S. 63, del Valico del Cerreto, al km 65 strada a destra (per chi viene da Reggio). La Pietra di Bismantova, come formazione geologica, è analoga a Canossa; della stessa roccia è fatto il dosso boscoso che si alza verso destra. La Pietra è ricordata da Dante (Purg. IV, 26), come esempio di ardua ascensione; è frequentata come palestra di alpinisti; è stata abitata fin dalla preistona.

8. Rossena e Canossa 8. Rossena e Canossa

Un paesaggio interessante per la geologia e per la storia. Ha un piano di base quasi orizzontale, un po' ondulato, fatto di «Argille Scagliose>: materiali antichissimi, rimescolati e spinti fin qui dalle forze che hanno costruito l'Appennino; hanno trasportato con sé pietre, blocchi e intere montagne di rocce più dure, che adesso emergono come isole dal mare di argilla. Le due sporgenze in primo piano sono di roccia serpentinosa: quella di sinistra ha servito da fondazione al castello di Rossena; su quella di destra sorge la torre chiamata Rossenella, difesa avanzata del castello. Questo a sua volta faceva parte di un vasto sistema di fortificazioni che aveva il centro a Canossa: castello che sorgeva sulla rupe in fondo a sinistra, di calcari arenacei. Pochi resti ne sono sopravissuti alle battaglie e alle frane. Anche il rilievo a cupola in fondo a destra è un'isola di calcare arenaceo. Foto scattata dalla strada Ciano d'Enza-Casina, dopo i primi tornanti. Un tratto della strada si vede nella fotografia. Il paesaggio (sporgenze rocciose su base di argilla) è molto comune in Emilia-Romagna. Le Argille - Scagliose sono diffusissime: di origine problematica, alloctone (vengono forse dal bacino ligure), di età diverse (dal Cretaceo in poi), contengono rocce inglobate (le rupi serpentinose di Rossena e Rossenella, di magma solidificato in profondità), e altre depositate su di esse (i calcari arenacei di Canossa e, a destra, Monte Tesa). Possono formare calanchi (si intravvedono sotto Canossa). Spesso queste sporgenze rocciose hanno servito di base a castelli. Il Castello di Canossa è stato fondato verso la metà del X sec.

7. Reggio 7. Reggio

Le ultime propaggini dell'Appennino, separate da valloncelli, si allungano nella Pianura Padana, verso l'agglomerato urbano di Reggio nell'Emilia. Ci sono solo 9 chilometri, in linea d'aria, tra la collinetta di sinistra e il centro storico di Reggio, di cui si vedono le torri e i campanili. Allo sbocco della valletta, case nuove di Albinéa, uno dei molti centri abitati che si succedono in una fascia quasi continua, proprio ai piedi delle colline. Foto scattata dalla strada Albinea-Regnano-Casina: bivio a circa 2,5 km da Albinea; guardando verso Nordest. Le colline sono di Argille Azzurre del Pliocene, come tanta parte dei primi rilievi appenninici, al margine con la pianura; coltivate dove il terreno è stabile. Gli insediamenti e le strade preferiscono i cocuzzoli e i crinali. Si notano due fasce urbane parallele: una sulla Via Emilia (Reggio), una al piede delle colline, sulla strada pedemontana.

6. Parma 6. Parma

Sul ponte che si vede in fondo, la Via Emilia attraversa il Torrente Parma. Già in epoca romana c'era qui un ponte e presso questo incrocio sorse la città di Parma, sulla riva destra. Anche oggi il centro storico e la maggior parte dell'area urbana sono a destra, dove si vede il parapetto del Lungoparma. Sulla riva opposta, il quartiere chiamato Oltre-torrente si affaccia con una sfilata di antiche case, lambite dall'acqua quando il Parma è in piena. A sinistra, emerge sopra i tetti la copertura della chiesa della Santissima Annunziata, di cui si vede il retro e il fianco Est: la facciata è sulla Via Emilia. Foto scattata dal Ponte Caprazucca, a Parma, guardando verso valle. In fondo, il Ponte di Mezzo, su cui passa la Via Emilia, che attraversa il centro cittadino. Nella fotografia il Parma è in magra: notare la larghezza dell'alveo disponibile per le piene, indizio di grandi differenze tra portata di piena e di magra.

5. Langhirano 5. Langhirano

Si dice che l'aria del Mar Ligure, dopo aver scavalcato l'Appennino ed essersi infilata nella Val Parma, sorvolati boschi di ulivi, faggi, pini, castagni, scesa in basso ma non ancora sfociata in pianura, abbia finalmente tutti i requisiti ideali per stagionare i prosciutti. Queste condizioni si realizzano nel modo migliore a Langhirano: perciò Langhirano ospita due milioni di prosciutti, che vi soggiornano per almeno un anno; tra le diverse fasi della stagionatura, vengono anche portati a prender aria sui terrazzi. Nello sfondo, si vede il bel castello di Torrechiara, della metà del Quattrocento: sorge su uno degli ultimi rilievi della valle, prima della pianura. Foto scattata a Langhirano, sul tetto di uno stabilimento di stagionatura di prosciutti. Molte e diverse industrie alimentari sono attive, nella zona intorno a Parma, Reggio, Modena. Il Castello di Torrechiara (che si chiamava forse Torchiara) è stato fatto costruire da Pier Maria Rossi, verso la metà del Quattro­cento, per l'amica Bianca Pellegrini.

4. Alta valle del Parma 4. Alta valle del Parma

La forma di questa conca, le sue pareti ripide, le rocce levigate fanno sospettare la sua origine: era il circo terminale di un ghiacciaio nell'Età Glaciale. Oggi, in alto, il circo è rivestito da una prateria di mirtilli; più in basso, vediamo affiorare dal prato righe parallele di rocce: sono le testate degli strati di arenaria che, alternandosi con più tenere argil­le, costituiscono la formazione chiamata «Macigno». Sotto i 1600 metri si stende su tutti i dossi una fitta foresta di faggi. Nel punto più basso della conca si raccoglie l'acqua del Lago Santo, trattenuta da un gradino roccioso. Dall'angolo a destra esce l'emissario che, unendosi con altri due ruscelli, forma il Torrente Parma. In fondo si vede l'inizio della Val Parma: sfuma nella foschia che, come spesso accade, si addensa verso la pianura. Foto scattata dal crinale dell'Appennino, tra Monte Aquila e Monte Marmagna, guardando verso Nordest(dietro le spalle, la Toscana). Qui era il bacino di alimentazione del maggior ghiacciaio dell'Appennino Settentrionale, nell'Età Glaciale. Poche sono le tracce di ghiacciai in Emlia-Romagna. Il Macigno costituisce gran parte dell'Alto Appennino tosco-emiliano. Si è formato nell'Oligocene (Terziario antico) per deposito di correnti torbide sul fondo del mare: la gravità ha separato la sabbia (arenaria) dall'argilla più fine. Il Lago Santo Parmense (per distinguerlo dal Lago Santo Modenese) è il maggior lago dell'Appennino.

32. Rimini 32. Rimini

Questo ponte, sul Fiume Marecchia, svolge la sua funzione dal tempo dell'imperatore Tiberio. È di grossi blocchi calcarei, di pietra d'Istria. Il primo arco a sinistra è stato abbattuto durante la guerra gotica, nel sesto secolo, per tagliare la strada ai Bizantini, e rifatto in seguito. Varcato il ponte, verso destra, ci si trova nel centro di Rimini. E siamo all'estremità meridionale della Via Emilia: la strada romana finiva ufficialmente e solennemente un chilometro dopo il ponte, dove ancora sorge 1'Arco di Augusto. Foto scattata Dalla riva sinistra del Marecchia, a Rimini. Il ponte, chiamato «di Tiberio o «di Augusto, fu iniziato al tempo di Augusto (14 d.C.) e terminato al tempo di Tiberio. La sua struttura è quella onginana, anche se deformata e restaurata. In fondo, a sinistra, si vede uno degli edifici della Rimini moderna.

31. Riccione 31. Riccione

Il formidabile apparato dell'industria turistica romagnola in piena attività sulla spiaggia di Riccione. La sabbia scompare sotto la foresta di tende e ombrelloni, distesi su molte file, senza spiragli. I bagnanti affollano la striscia libera del litorale, lungo la battigia. Dietro, si vede lo schieramento ininterrotto dei palazzi di Misano e Cattolica. Le colline sullo sfondo sono nelle Marche. Sul colle più alto, a destra, si profila il castello di Gradara Foto scattata dalla spiaggia di Riccione. Nel vertice Sudest del triangolo che costituisce l'Emilia-Romagna, al confine con le Marche e San Marino. Il turismo di massa della costa romagnola è una delle grandi industrie della Regione. La sua materia prima è la spiaggia e il suo nemico naturale è l'erosione marina che demolisce la costa: fenomeno attivo sulle coste adriatiche, dal quale non è focile difendersi, aggravato dal fatto che spesso un intervento artificiale riesce ad accumulare sabbia in un punto ma togliendola da un altro punto.

30. Ravenna 30. Ravenna

Fra i tetti di Ravenna, al centro, un po' a destra, il campanile cilindrico e la pianta ottagonale fanno riconoscere San Vitale. Dal lato dell'ottagono rivolto verso il basso sporge il Presbiterio, dove sono i famosi mosaici di Giustiniano e Teodora. San Vitale è quasi avvolto dalle costruzioni dell'ex monastero, adesso sede del Museo Nazionale: vicino al campanile il primo chiostro, poi verso destra in alto il secondo, più grande, col giardino in mezzo, e il terzo, ancora più grande, di tre lati soltanto. Un po' più in bas­so, a destra, quasi sul margine della fotografia, il minuscolo edificio del Mausoleo di Galla Placidia, con pianta a croce, seminascosto fra gli alberi. In alto, attraverso tutta la fotografia, la linea delle mura, leggermente arcuata; interrotta in mezzo dalla Porta Adriana; di qui esce, verso l'alto, la Via Maggiore, che conduce a Bologna. Foto scattata dall'aereo: Ravenna. Si possono riconoscere nella fotografta altri elementi della topografia cittadina: Via Cavour, l'arco d'ingresso al recinto di S. Vitale, la chiesa di Santa Maria Maggiore con l'abside del VI sec. e il campanile cilindrico.

3. Alta valle del Trebbia 3. Alta valle del Trebbia

Il fiume più importante dell'Appennino piacentino è il Trebbia. La parte alta della sua valle ha forme aspre: lo vediamo scavare il suo letto in rocce dure, rese più resistenti dalla posizione quasi verticale degli strati. Il lavoro dell'erosione ha formato una serie di meandri incassati: adesso si vede che il fiume continua a scavare dove la parete è concava e deposita ghiaia dove questa è convessa. Tra un'ansa e la successiva rimangono speroni di roccia congiunti alla parete della valle da un peduncolo che tende ad assottigliarsi e che un giorno verrà tagliato dal fiume. Dalla S.S.45, della Val Trebbia, al km 32 (tra Ponte Organasco e Marsaglia). Le rocce appartengono alla <Formazione di Val d'Aveto> (arenarie e argille del Miocene inferiore): la loro origine è problematica, perché questa è una delle zone più tormentate dalle forze che hanno fatto nascere l'Appennino. Il corso del fiume è tortuoso, ma la sua «direzione media» è quella Sud ovest-Nord est comune ai fiumi appenninici.

29. Punte Alberete 29. Punte Alberete

Le gabbie a destra racchiudono pozzi di metano in attività: i loro tubi scendono sottoterra, fino a 2000 metri di profondità, a pescare il gas nelle «rocce serbatoio». Il recipiente cilindrico più a sinistra è un «separatore», dove il gas viene depurato dall'acqua e dalle impurità più grossola­ne. Vicino, si vedono delle «saracinesche»: rubinetti che regolano l'immissione del gas nei tubi che lo portano alla centrale. Dietro, una vecchia casa di valle, in riva al canale Fossatone, di cui si intravvede l'argine. Il bosco è sull'altra riva del canale: è la Valle delle Punte Alberete, raro esempio di uno stagno d'acqua dolce in cui crescono grandiosi esem­plari di piante d'alto fusto. La torretta di legno è stata costruita per fare osservazioni sull'ambiente e soprattutto sui molti uccelli che vi nidificano. Vicino alla torre, un grande esemplare di Pioppo Nero; dietro, nel bosco, dominano Pioppi Bianchi, Olmi, Salici, Frassini. Foto scattata dalla S.S.309, Romea, circa 10 km da Ravenna: prima del ponte sul Canale Fossatone, a sinistra. Il bosco si impianta sui «dossi», o «staggi», resti di dune costiere di un delta preistorico del Po, molto più meridionale di quello attuale; tra questi le depressioni interdunali (basse) sono allagate da acqua dolce. Nell'uso locale, valle, vuol dire «specchio d'acqua bassa delimitato da argini (lat. vallum). Il metano e gli idrocarburi naturali si trovano in formazioni rocciose capaci di intrappolarli: qui sotto, nelle rocce del Miocene che formano una dorsale (anticlinale di Porto Corsinz), sepolta sotto 1500 m di argille impermeabili del Pliocene e Quaternario.

28. Diserbo delle barbabietole 28. Diserbo delle barbabietole

Ci sono ancora operazioni manuali anche in un'agricoltura industriale: qui vediamo il diserbo delle barbabietole. Trat­tandosi di lavoro temporaneo, il personale non abita sul podere, ma viene da fuori, in bicicletta. E le biciclette lasciate sull'orlo del campo servono da sostegno agli ombrelli che proteggono dal sole copertoni, vino, spuntini di mezzo­ giorno. Per difendersi dalle incertezze del lavoro saltuario sono sorte le cooperative agricole: questi lavoratori sono organizzati dalla Cooperativa Braccianti di Voltana. In fondo, si vede un vigneto; e chiude l'orizzonte il profilo rettilineo dell'argine del Canale in Destra di Reno. Foto scattata dalla S.S.16, Adriatica, al km130 circa (Taglio Corelli). Un intervallo nella fatica del lavoro agricolo. La scena e il paesaggio sono tipicamente romagnoli: notare le grandi dimensioni dell'argine in fondo (Canale in Destra di Reno; e poco oltre c'è il Reno), che ricordano la minaccia delle inondazioni. Tra le regioni italiane, l'Emilia­ Romagna è di gran lunga la prima nella produzione delle barbabietole e dello zucchero che ne deriva.

27. Pescheto nel Ferrarese 27. Pescheto nel Ferrarese

Nella campagna tra Ferrara e Ravenna, in primavera, si può ammirare lo spettacolo dei frutteti in fiore. L'aspetto è meno suggestivo, ma il risultato è più sicuro, in un pescheto come questo, protetto da reti antigrandine: le reti si tendono dalla fine della fioritura alla maturazione dei frutti; proteggono dalle grandinate e anticipano un po' la maturazione. Questo pescheto è tenuto a inerbimento parziale: lavorata la terra intorno agli alberi, si lascia crescere il prato tra i filari, dove passano le macchine agricole. Foto scattata presso Campotto, a Sudovest di Argenta. La frutticoltura su grande scala è una delle principali attività produttive dell'E­milia-Romagna, connessa con l'industria conserviera (mar­mellate, succhi di frutta).

26. Bosco della Mesola 26. Bosco della Mesola

Lo specchio d'acqua in primo piano fa pane della Sacca di Goro, una delle profonde insenature tra i lobi del delta del Po, alla foce del Po di Volano: non più fiume, non ancora mare aperto. Sulla riva sostano uccelli acquatici: in mezzo ai gabbiani si distinguono le eleganti garzette, dal collo sinuoso. Dietro il canneto si levano gli alti alberi del Gran Bosco della Mésola: in questo punto emergono le forme a ombrello dei Pini Domestici, ma il bosco è fatto in gran parte di Lecci, e poi di Farnie, Frassini, Olmi, Pioppi; forse un relitto delle foreste preistoriche della Pianura Padana. Foto scattata dalla Sacca di Goro, insenatura antistante il Bosco della Mésola, nei pressi del Taglio della Falce. Siamo nel vertice Nordest del triangolo che costituisce l'Emilia-Romagna. Dietro il bosco scorre il Po di Goro, il più meridionale dei rami oggi attivi del Delta del Po, confine con il Veneto. Il bosco sorge su antiche dune costiere; può essere un relitto della zona di contatto fra la vegetazione mediterranea (lecci, pini domestici) e le foreste preistoriche della Pianura Padana (farnie, olmi, ecc.). Nel bosco vivono cervi, forse relitto della fauna originaria, e daini, introdotti.

25. Pomposa 25. Pomposa

Questo corso d'acqua si chiamava una volta, nell'Alto Medioevo, Po Maggiore: era il ramo principale del delta del Po, animato dal traffico marittimo del porto di Ferrara. Adesso è un tranquillo canale, chiamato Po di Volano. Risalendo in motoscafo si può arrivare a Pomposa per via d'acqua, come un tempo, quando la famosa abbazia era tutta circondata da paludi. L'altissimo campanile si vede ancora oggi da lontano come un faro. La casa sulla riva conserva le forme dei «casoni», tradizionali abitazioni degli abitanti del delta, nella struttura massiccia e nella lunga pianta rettangolare. Foto scattata sul Po di Volano: Case Sottili; Pomposa dista in linea d'aria 1,5 km. Il campanile è della metà dell'XI sec., momento di massima fioritura dell'Abbazia (Guido d'Arez­zo vi inventò la nomenclatura e la scrittura delle note musicali). A metà del XII sec. il Po spostò bruscamente il suo corso verso Nord. Da allora comincia la costruzione del Delta attuale: del vecchio Delta rimangono stagni e lagune; oggi i terreni intorno a Pomposa sono prosciugati e coltivati e il mare è molto più lontano.

24. L'idrovia a Ferrara 24. L'idrovia a Ferrara

Confluenza di canali, a Ferrara. Da sinistra arriva il Canale di Burana, che convoglia verso il mare le acque della bassa pianura a Nord di Modena e a Ovest di Ferrara. A destra, l'Idrovia ferrarese: questa è una via d'acqua navigabile; parte dal Po a Pontelagoscuro; arriva qui dopo 5 chilometri e attraversa la zona industriale di Ferrara, che si vede di fronte; prosegue verso destra e sfocia nel mare a Porto Garibaldi. Il centro storico di Ferrara è a destra, rispetto alla fotografia. Foto scattata a Ferrara: dalla strada di Bologna, prima del ponte, a sinistra nella Via Argine Ducale, fino alla confluenza. Il Canale di Burana si apre la via verso il mare passando sotto il Panaro a Bondeno, con la Botte Napoleonica. L'Idrovia Ferrarese è l'unico canale navigabile della Regione. Utilizza in parte l'alveo del Po di Volano.

23. Forlì 23. Forlì

Nelle colline di argille plioceniche, sui pendii rivolti a Sud e Sudovest, l'erosione scava calanchi in diverse fasi di evolu­zione; sui dossi e sugli altri versanti, si stendono campi di grano e foraggi. A sinistra, sull'ultimo colle tondeggiante, si distinguono i torrioni cilindrici della Rocca di Monte Poggiò­lo. Nella pianura, la fascia abitata che corre lungo la Via Emilia si allarga nel grande nucleo ellittico di Forlì. Al centro, si innalzano la Torre del Municipio e il campanile di San Mercuriale. Molto più lontana, all'orizzonte, si vede la li­nea bianca continua degli insediamenti costieri, con il gratta­cielo di Milano Marittima, e poi la fascia scura del mare Foto scattata da Strada Montefortino-Converselle, a Sud di Faenza. Monte Poggiòlo ha un'altitudine di 212 m; Forlì, 34 m, dista 7 km. La Rocca di Monte Poggiòlo, degli Ordelaffi, ricorda la diffusione in Romagna della cultura fiorentina del Quat­trocento (Giuliano da Maiano).

22. Passo dei Mandrioli 22. Passo dei Mandrioli

L'Alto Appennino Romagnolo è tutto scolpito nelle rocce della Formazione Marnoso-arenacea, del Miocene medio. Le Scalacce, la grande parete nella parte sinistra della fotografia, mostrano la struttura di questa roccia: gli strati fitti e sottili sono di arenaria dura e di marna tenera, alternativamente. L'erosione ha operato tagli; ha accumulato detriti, e su questi attecchiscono gli alberi; ha aperto valli e creato ripiani come quello coperto di prato, che la strada utilizza per un lungo tornante. E' la strada statale che mette in comunicazione la Valle del Savio, in Romagna, con la Valle dell'Archiano e il Casentino, in Toscana, attraverso il Passo dei Mandrioli. Foto scattata dalla S.S. 71, Umbro-Casentinese-Romagnola, al km 202, presso la Seconda Cantoniera. Tra i costituenti dell'Appen­nino Romagnolo domina la «Formazione Marnoso-arena­cea», analoga al Macigno come origine, ma di epoca diversa (Miocene medio). L'Appennino Romagnolo ha strut­tura più complicata di quello emiliano, ma è in generale meno alto.

21. Pianura Romagnola 21. Pianura Romagnola

La pianura romagnola vista dai primi rilievi collinari. Case sparse sono disseminate dovunque e si addensano negli ag­glomerati urbani di Castel Bolognese, a sinistra, e Faenza, più lontana, a destra. Le due cittadine sono collegate dalla Via Emilia e allineate nella direzione fondamentale dell'Ap­pennino, Nordovest - Sudest. Su un terreno di depositi fluviali quaternari, una raffinata tecnica agraria ha disegnato scacchi gialli e verdi, di grano tagliato e foraggi e vigneti, con un laghetto collinare e, davanti, filari di vite sorretti da alberi secondo il sistema della piantata romagnola. Foto scattata dalla località Serra (da Imola per la Via Emilia, al km 66,8 a destra per circa 3,5 km); guardando verso Est. Siamo a un 'altitudine di 170 metri; Castel Bolognese è a circa 40 m s.l.m. e dista in linea d'aria 4 km. In direzione di Castel Bolognese, all'orizzonte, si intravvede la macchia bianca di Ravenna, distante 40 km. Questi vigneti producono i celebri vini romagnoli.

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ultima modifica 2018-10-10T22:45:19+02:00
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