Tribunale ordinario di Milano- sentenza 15 febbraio 1982
(solo massima)
Il "leasing" è il contratto che consente
all'imprenditore di prendere in locazione, anziché
di acquistare, i beni strumentali o gli immobili necessari
per l'esercizio dell'impresa e, alla scadenza, di restituire
la cosa, rinnovare il contratto a condizioni più vantaggiose
oppure di diventarne proprietario pagando un prezzo determinato.
Si distingue dalla locazione tipica, essendo prevalentemente
caratterizzato dallo scopo di finanziamento e finalizzato
all'acquisto della proprietà, per cui presenta rilevanti
analogie con la vendita con patto di riservato dominio. Occorre,
tuttavia, considerare caso per caso le particolari clausole
contrattuali per ricercare la disciplina applicabile in concreto.
(Fattispecie nella quale si è ritenuto trattarsi, invece,
di un contratto tipico di locazione).
Cassazione civile sez. III, sentenza del 28 ottobre 1983,
n. 6390 (solo massima)
Il " leasing " o contratto di locazione finanziaria,
con il quale una parte (produttore o terzo acquirente, a seconda
che si tratti di " leasing operativo " o "
leasing finanziario "), dietro corrispettivo di un canone
periodico determinato in relazione al recupero del prezzo
ed al conseguimento di un utile, concede il godimento di un
bene all'altra, con facoltà di questa, alla scadenza
del termine fissato, di restituirlo ovvero di acquistarlo
per una specifica somma residua, integra un contratto atipico
avente ad oggetto il trasferimento della disponibilità
della cosa per un periodo di tempo determinato, e tendente
ad esaurire le proprie finalità produttive e finanziarie
nell'ambito del periodo stesso, la cui scadenza è caratterizzata
dal quasi totale venir meno dell'utilità economica
della cosa medesima. Peraltro, l'aticipità di tale
contratto, e la circostanza che l'ordinamento prevede figure
negoziali tipiche idonee ad assicurare finalità simili
(locazione, mutuo, vendita con riserva di proprietà),
non ostano a che il contratto stesso trovi tutela giuridica,
quale espressione del principio dell'autonomia negoziale fissato
dall'art. 1322 c.c., in considerazione della peculiarità
e rilevanza degli interessi che esso persegue, specie con
riferimento a soggetti muniti della qualità d'imprenditore,
e ravvisabili nel reddito che una parte trae dall'investimento
di capitali, in termini brevi e con garanzie obiettive, nonché
nella possibilità dell'altra di acquisire la disponibilità
di un bene senza l'immobilizzo dell'intera somma occorrente
all'acquisto.
Tribunale ordinario di Milano- sentenza 13 giugno 1985
(solo massima)
Il "sale and lease back" è il contratto con
il quale un'impresa commerciale o industriale vende un bene
immobile di sua proprietà ad un imprenditore finanziario
che esercita il "leasing", il quale ne paga il corrispettivo,
diventandone proprietario e, contestualmente, lo concede in
locazione finanziaria alla stessa venditrice che versa periodicamente
dei canoni di "leasing" per una certa durata, con
facoltà di riacquistare la proprietà del bene
venduto, corrispondendo al termine di durata del contratto
il prezzo stabilito per il riscatto.
Tribunale ordinario di Venezia - sentenza 18 settembre
1986 (solo massima)
Qualora i beni concessi in godimento consistano in immobili,
ovvero si tratti di beni destinati a conservare il loro valore
economico oltre la data di scadenza del rapporto, il contratto
di locazione finanziaria presenta strette affinità
con quello di vendita con riserva di proprietà. Pertanto,
in caso di risoluzione del rapporto per fallimento dell'utilizzatore
si applica in via analogica l'art. 1526 c.c. .
Tribunale ordinario di Milano - sentenza 25 settembre
1986 (solo massima)
Il contratto di locazione finanziaria è un contratto
atipico che persegue finalità economico-commerciali
meritevoli di tutela posto che tende ad ottenere disponibilità
di beni necessari, evitando immobilizzi finanziari. Ne consegue
che esso risulta regolato dalla disciplina disposta dalle
parti, risultando inapplicabile l'art. 1526 c.c. che è
norma propria della vendita con riservato dominio.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 13 dicembre 1989,
n. 5569
Anche in materia di leasing, con effetti diversi secondo che
ricorra la figura finalizzata al solo godimento ovvero quella
finalizzata anche al trasferimento, la regola da applicare
nel caso di sopravvenienza del fallimento in corso di causa,
è quella dettata in via generale, ove manchi una disciplina
specifica, dall'art. 72 l. fall. che impone la sospensione
dei rapporti corrispettivi prima che l'ufficio fallimentare
abbia scelto di subentrare o non nel contratto.
Collegio arbitrale, 14 dicembre 1990 (solo massima)
Al contratto di leasing immobiliare non è applicabile
la disciplina, peraltro non cogente, dettata nell'art. 1526
c.c. per il caso di risoluzione per inadempimento del compratore
di vendita mobiliare con riserva della proprietà.
Non può configurarsi collegamento negoziale fra una
vendita immobiliare e un contratto di leasing avente ad oggetto
lo stesso bene per il solo fatto che le persone fisiche, venditrici
alla società di leasing, coincidano con le persone
dei soci della società di capitali, la quale abbia
stipulato quale utilizzatore il contratto di locazione finanziaria.
Corte d'appello di Udine, sentenza del 21 dicembre 1992
(solo massima)
La cessione in "leasing" di un immobile che sia
oggetto di un contratto di locazione non comporta la cessione
del contratto stesso; pertanto il rapporto locatizio continua
a sussistere fra il conduttore originario ed il proprietario
dell'immobile
Corte d'appello di Bologna, sentenza del 12 settembre
1994 (solo massima)
Al leasing c.d. di godimento caratterizzato dall'assenza
di un interesse dell' imprenditore-utilizzatore all'acquisto
dei beni oggetto di leasing ed all'immobilizzazione di capitali,
non si può applicare in via analogica l'art. 1526 c.c.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 16 ottobre 1995,
n. 10805
Nel contratto di "sale and lease back", con il quale
una impresa commerciale o industriale vende un bene immobile
di sua proprietà ad un imprenditore finanziario che
ne paga il corrispettivo, diventandone proprietario, e contestualmente
lo cede in locazione finanziaria (leasing) alla stessa venditrice,
che versa periodicamente dei canoni di leasing per una certa
durata, con facoltà di riacquistare la proprietà
del bene venduto, corrispondendo al termine di durata del
contratto il prezzo stabilito per il riscatto, la vendita
ha scopo di leasing e non di garanzia perché, nella
configurazione socialmente tipica del rapporto, costituisce
solo il presupposto necessario della locazione finanziaria
inserendosi nella operazione economica secondo la funzione
specifica di questa, che è quella di procurare all'imprenditore,
nel quadro di un determinato disegno economico di potenziamento
dei fattori produttivi, liquidità immediata mediante
l'alienazione di un suo bene strumentale, conservandone a
questo l'uso con facoltà di riacquistare la proprietà
dal termine del rapporto. Tale vendita, ed il complesso rapporto
atipico nel quale si inserisce, non è, quindi, di per
sè, in frode al divieto di patto commissorio che, essendo
diretto ad impedire al creditore l'esercizio di una coazione
morale sul debitore spinto alla ricerca di un mutuo (o alla
richiesta di una dilazione nel caso di patto commissorio ad
intervallo) da ristrettezze finanziarie, ed a precludere,
quindi, al predetto creditore la possibilità di fare
proprio il bene attraverso un meccanismo che lo sottrarrebbe
alla regola della "par condicio creditorum", deve,
invece, ritenersi violato ogni qualvolta lo scopo di garanzia
non costituisca solo motivo, ma assurga a causa del contratto
di vendita con patto di riscatto o di retrovendita, a meno
che non risulti in concreto, da dati sintomatici ed obiettivi,
quali la presenza di una situazione credito-debitoria preesistente
o contestuale alla vendita o la sproporzione tra entità
del prezzo e valore del bene alienato ed, in altri termini,
delle reciproche obbligazioni nascenti dal rapporto, che la
predetta vendita, nel quadro del rapporto diretto ad assicurare
una liquidità all'impresa alienante, è stato
piegato al rafforzamento della posizione del creditore-finanziatore,
che in tal modo tenta di acquisire l'eccedenza del valore,
abusando della debolezza del debitore (nella specie, la Corte
ha ritenuto la nullità di un contratto di "sale
and lease back" nel quale il finanziatore acquirente
del bene versava solo la metà del prezzo concordato,
depositando la rimanente somma presso un notaio a garanzia
del corrispettivo del leasing dovuto dall'imprenditore-venditore).
Tribunale ordinario di Roma - sentenza 19 gennaio 1996
(solo massima)
Nell'ipotesi in cui tra le medesime parti intercorra un rapporto
di "leasing" immobiliare ed uno di "leasing" avente ad oggetto
le pertinenze dello stesso immobile, la compravendita dell'immobile
in favore dell'utilizzatore estingue tutti i rapporti in corso,
a meno che nell'atto di compravendita non si dichiari espressamente
di voler escludere da tale contratto i beni oggetto del "leasing"
mobiliare (nella fattispecie il Tribunale ha affermato che
la compravendita dell'immobile, un circolo sportivo, comprendeva
le pertinenze ed accessori dell'impianto compravenduto, quali
le docce, l'impianto di riscaldamento, i tavoli e le sedie.
Corte d'appello di Milano, sentenza del 11 febbraio 1997
(solo massima)
Non è consentito iscrivere in bilancio un immobile
ricevuto in "leasing" per il valore corrispondente
alla quota dei canoni corrispondenti al costo reale dell'immobile,
non essendo iscrivibili nell'attivo i diritti personali di
godimento.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 19 luglio 1997, n.
6663
Il leasing traslativo è caratterizzato da elementi
oggettivi e soggettivi tali da eliminare la libertà
di scelta finale per l'imprenditore circa l'acquisto del bene
al prezzo di opzione, nel senso di rendere tale soluzione
come l'unica economicamente ragionevole per l'utilizzatore
sin dalla conclusione del contratto (nella specie, il contratto
di leasing aveva per oggetto un immobile).
Corte d'appello di Roma, sentenza del 3 febbraio 2000
(solo massima)
L'acquisto di un immobile oggetto del contratto di locazione
finanziaria da parte del concessionario non può considerarsi
cessione dell'azienda di cui l'immobile faccia eventualmente
parte.
I crediti del "lessor" (concedente) nei confronti
del "lessee" (concessionario conduttore) per canoni
non corrisposti, traendo titolo dalla locazione finanziaria
in favore della controparte, e non anche dalla titolarità
dell'immobile, oggetto della vendita, non possono considerarsi
estinti per confusione.
Tribunale ordinario di Padova - sentenza 2 ottobre 2002
(solo massima)
Il leasing traslativo si caratterizza per: a) un apprezzabile
eccedenza di valore tra l'opzione ed il valore residuo del
bene, anche considerando la durata del contratto in rapporto
alla natura del bene; b) la prospettazione certa ed irrinunciabile,
per le condizioni che caratterizzano il contratto, del futuro
acquisto della proprietà del bene da parte dell'utilizzatore,
al punto che l'acquisto del bene al prezzo di opzione rende
tale soluzione come l'unica economicamente ragionevole, specie
se si tratta di un immobile; c) l'importo dei canoni è
superiore al prezzo per l'uso, in quanto scontano anche una
quota del prezzo in previsione del successivo acquisto.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 21 luglio 2004, n.
13580
Il contratto di "sale and lease back" è lecito
se l'alienazione dell'immobile assolve una funzione di finanziamento
(e cioè procurare liquidità al venditore), mentre
è nullo per illiceità della causa se la suddetta
alienazione assolve una funzione di garanzia.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 2 agosto 2004, n.
14786
In tema di locazione finanziaria, qualora l'utilizzatore prescelga,
oltre al bene, anche il fornitore e ove sia stabilito che
il "fornitore" consegnerà il bene direttamente
all'utilizzatore, l'acquisto, ad opera del concedente, è
effettuato per conto dell'utilizzatore, con la previsione
- quale elemento naturale del negozio - dell'esonero del primo
da ogni responsabilità in ordine alle condizioni del
bene acquistato per l'utilizzatore, essendo quest'ultimo a
prendere contatti con il fornitore, a scegliere il bene che
sarà oggetto del contratto e a stabilire le condizioni
di acquisto per il concedente, il quale non assume - pertanto,
neppure indirettamente l'obbligo della consegna, nè
rimane tenuto alla garanzia per evizione.
Tribunale ordinario di Padova, sez. II - sentenza 24 settembre
2004, n. 2520
Il contratto di locazione finanziaria trova la propria definizione
legislativa nell'art. 17, secondo comma, della legge 2.05.1976,
n. 183 secondo cui "per operazioni di locazione finanziaria
si intendono le operazioni di locazione ai beni mobili e immobili
acquistati o fatti costruire dal locatore su scelta e indicazione
del conduttore, che ne assume tutti i rischi e con facoltà
di quest'ultimo di divenire proprietario dei beni locati al
termine della locazione dietro versamento di un prezzo prestabilito".
La mancanza di una regolamentazione legislativa, intervenuta
solo in rapporti internazionali con la legge 14.07.1993, n.
259, di ratifica ed esecuzione della convenzione Unidroit
sul leasing finanziario internazionale stipulata ad Ottawa
il 28.05.1988, ha determinato contrasti interpretativi sulla
struttura e sulla qualificazione del contratto nei rapporti
di diritto interno. La giurisprudenza è attualmente
concorde (v. di recente Cass. 26.06.2000, n. 854) nel ritenere
il leasing un rapporto trilaterale, in cui l'acquisto ad opera
del concedente è effettuato per conto dell'utilizzatore,
con la conseguenza quale elemento naturale del negozio, dell'esonero
del primo da ogni responsabilità in ordine alle condizioni
del bene acquistato dall'utilizzatore, essendo quest'ultimo
a prendere contatti con il fornitore, a scegliere il bene
che sarà oggetto del contratto ed a stabilire le condizioni
di acquisto del concedente, il quale non assume direttamente
l'obbligo di consegna, né garantisce che il bene sia
immune da vizi e presenti le qualità promesse, nè
rimane tenuto alla garanzia per evizione (v. Cass. 11.07.1995
n. 7595 e Cass. 30.05.1995 n. 6076); e poichè è
sull'utilizzatore che si appunta l'interesse al godimento
della cosa che il finanziatore gli procura presso il fornitore,
si realizza nella conclusione del contratto di fornitura quella
medesima scissione di posizione nei confronti del terzo contraente,
che si presenta nel caso di contratti conclusi dal mandatario
in nome proprio e nell'interesse del mandante, con la conseguenza
che, in virtù dell'art. 1705, secondo comma, c.c.,
va riconosciuta all'utilizzatore la legittimazione almeno
a far valere le azioni tese dell'adempimento del contratto
di fornitura ed al risarcimento del danno da inesatto adempimento.
Corte d'appello di Roma, sentenza del 26 gennaio 2006
(solo massima)
Il contratto denominato "sale and lease back" non
è di per sé invalido per contrarietà
al divieto di patto commissorio. Il suo carattere atipico
impone che si compia il giudizio di meritevolezza di cui all'art.
1322, comma 2, c.c., giacché in concreto può
sussistere l'intento delle parti di aggirare la norma di cui
all'art. 2744 c.c. Tale verifica si può compiere attraverso
l'analisi di elementi sintomatici, tra cui acquisisce importanza
determinante l'eventuale sproporzione tra il valore dell'immobile
alienato e il prezzo pattuito.
Corte d'appello di Torino, sentenza del 22 marzo 2006
(solo massima)
Il contratto mediante il quale una società sovventrice,
nell'intento di promuovere l'installazione di imprese in un
parco tecnologico, oltre a curare la pulizia delle parti comuni
dell' immobile locato, finanzia la fornitura di attrezzature
da parte di un terzo e ne promette la manutenzione, con l'impegno
dell'utilizzatore di rimborsarne il costo senza interessi
sotto forma di canoni periodici, ma senza che a favore di
quest'ultimo sia prevista un'opzione finale di acquisto, ha
una causa più complessa di quella che caratterizza
la locazione finanziaria e quindi può essere validamente
concluso anche da un soggetto non iscritto nell'apposito elenco
degli intermediari finanziari previsto dal testo unico bancario.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 19 maggio 2006, n.
11776
Nel contratto di locazione finanziaria (leasing) all'utilizzatore
può essere riconosciuta una tutela diretta verso il
fornitore per i vizi della cosa non solo attraverso specifiche
clausole contrattuali, ma anche nel caso contrario, perché
con il contratto in questione l'utilizzatore, nell'ambito
dello schema del mandato senza rappresentanza, si appropria
degli effetti del rapporto gestorio instaurato dal concedente.
Tale garanzia non si estende ai soggetti diversi da quelli
tra cui è intercorso il contratto di locazione finanziaria.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 27 novembre 2006,
n. 25125
In ipotesi di leasing sia di godimento che traslativo, l'opzione
di acquisto (che nel primo caso è normalmente prevista
per un prezzo di modesta entità, costituendo una pattuizione
marginale ed accessoria in vista dell'eventuale interesse
alla prosecuzione dell'utilizzazione del bene, mentre nell'altro
si presenta come situazione necessitata per dare corrispettività
alla quota del prezzo già versato senza ricevere una
corrispondente utilità) è intimamente compenetrata
nella concessione di godimento del bene e il relativo esercizio
non dà luogo alla formazione di un nuovo contratto
funzionalmente autonomo rispetto a quello di leasing, ma concreta
un accordo traslativo che trova in tale contratto il proprio
fondamento causale. Ne consegue che la relativa cessione va
effettuata unitamente al contratto di leasing cui inerisce,
realizzandosi così una successione a titolo particolare
nel rapporto negoziale mediante la sostituzione di un soggetto
(cessionario) nella complessiva posizione giuridica attiva
e passiva di uno dei contraenti originari (cedente).
Cassazione civile sezioni unite civ., sentenza del 12 maggio
2008, n. 11656
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario una controversia
relativa ad una azione di risarcimento dei danni per responsabilità
precontrattuale della P.A. proposta in relazione ad una
procedura di ricerca di mercato finalizzata all'acquisizione
in locazione con eventuale opzione di acquisto, ovvero all'acquisto
anche per cosa futura e/o mediante leasing di un complesso
immobiliare esistente o da realizzare da destinare ad uffici
pubblici; in tale ipotesi, infatti, non versandosi in materia
di procedura di affidamento di appalto di lavori, ma di
trattative relative ad un contratto di compravendita di
cosa futura, per l'azione di responsabilità precontrattuale
nei confronti della P.A. non sussiste la giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo (prevista per le sole controversie
relative alle procedure di affidamento di lavori da parte
delle P.A., ai sensi dell'art. 6, l. 21 luglio 2000, n.
205), ma la giurisdizione del giudice ordinario. Infatti,
esclusa l'applicabilità di tale ultima norma, la
giurisdizione va affermata sulla base dei criteri di riparto
ancorati alla distinzione tra diritti soggettivi ed interessi
legittimi, e perciò in funzione della natura giuridica
delle situazioni soggettive dedotte in giudizio; tale natura,
nell'ipotesi prospettata, attiene ad una pretesa il cui
soddisfacimento non postula la demolizione di alcun atto
amministrativo, giacché allega un illecito extracontrattuale
a carico della P.A. e non contesta la procedura relativa
alla individuazione del contraente.
Cassazione civile sez. civile, sez. III - sentenza 10 settembre
2010, n. 19301
Nel contratto di leasing traslativo, ove sia pattuito che
il concedente assicuri il bene concesso contro il rischio
di perdita totale nei limiti del valore residuo del bene
alla data del sinistro, per valore residuo del bene deve
intendersi il suo residuo valore commerciale effettivo;
pertanto, costituisce inadempimento del concedente la conclusione
di un contratto di assicurazione per un valore pari alla
somma dei canoni non ancora maturati alla data del sinistro,
in quanto tale importo è inferiore al residuo valore
commerciale effettivo del bene al momento della sua perdita.
Cassazione civile sez. civile, sez. III - sentenza 10 settembre
2010, n. 19306
In tema di leasing c.d. "traslativo", l'inadempimento
dell'utilizzatore obbliga quest'ultimo al risarcimento del
danno e alla corresponsione di un equo compenso alla controparte,
in considerazione dell'utilizzazione del bene oggetto del
contratto. L'ammontare di tale, equo compenso potrà
legittimamente superare, nella sua concreta determinazione,
il solo corrispettivo del temporaneo godimento del bene
predetto, mentre, recuperato, da parte del concedente, il
capitale monetario impegnato nell'operazione in vista del
corrispondente guadagno mediante il detto compenso e il
residuo valore del bene, il risarcimento del danno non si
presta ad essere commisurato all'intera differenza necessaria
per raggiungere il guadagno atteso, poiché, con l'anticipato
recupero del bene e del suo valore, il concedente è
di norma in grado di procurarsi, attraverso il reimpiego
di quel valore, un proporzionale utile, che deve conseguentemente
essere calcolato in detrazione rispetto alla somma che l'utilizzatore
stesso avrebbe ancora dovuto corrispondere se il rapporto
fosse proseguito (e, del danno così determinato,
dovrà tenersi conto anche ai fini dell'esercizio
del potere di riduzione dell'eventuale clausola penale che
comporti un risarcimento eccessivo).
Cassazione civile sez. civile, sez. III - sentenza 15 ottobre
2010, n. 21332
La funzione causale del complesso rapporto di leasing, l'impegno
ed il rischio economico del soggetto acquirente-concedente
nel fornire il bene, trovano il relativo corrispettivo sinallagmatico
esclusivamente nella corresponsione dei canoni di leasing
da parte dell'utilizzatore, al quale il contratto assicura
un mero godimento (e non già la titolarità
del bene concessogli).
Cassazione
civile sez. III, sentenza del 12 gennaio 2011, n. 534
Qualora sia stata danneggiata una cosa (mobile o immobile)
concessa in leasing la legittimazione ad agire per il risarcimento
dei danni patiti compete all'utilizzatore, qualora lo stesso
sia tenuto alla manutenzione ordinaria e straordinaria della
cosa stessa nonché allo stesso, al momento della
conclusione del contratto e del trasferimento del possesso
della "res", siano stati trasferiti tutti i rischi
di questa.
Cassazione
civile sez. III, sentenza del 25 gennaio 2011, n. 1747
Quando venga concesso in leasing traslativo un immobile
già locato, il diritto al pagamento del canone spetta
- in mancanza di diversa pattuizione - all'utilizzatore,
in virtù dell'art. 1602 c.c., il quale è applicabile
non solo nelle ipotesi di trasferimento della proprietà
dell'immobile locato, ma in tutti i casi in cui il proprietario
ed originario locatore ne ceda a terzi il diritto di godimento.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 27 settembre
2011, n. 19732 (solo massima)
In tema di leasing, il concedente, in caso di risoluzione
contrattuale, mantenendo la proprietà del bene e
acquisendo i canoni maturati fino alla risoluzione, non
può e non deve conseguire un indebito vantaggio derivante
da un cumulo di utilità (canoni e residuo valore
del bene)in contrasto con lo specifico dettato normativo
di cui all'art. 1526, che è norma inderogabile